Riapertura della Scuola in Cina, senza drammi e complotti

bambini pccdi Maria Morigi

Pochi giorni fa a Shanghai oltre 1,5 milioni di studenti delle scuole primarie e secondarie sono tornati in classe, a Shenzhen sono tornati a scuola gli alunni di 2.628 asili, scuole primarie e secondarie, a Wuhan oltre 2800 hanno riaperto (1,4 milioni di alunni).

Per quanto la nostra stampa si agiti diffondendo falsità prefabbricate ed alimentando il linciaggio sulla Cina voluto dai diritti umani violati, Trump, Pompeo ed altri seminatori di odio, noi – che un po’ conosciamo la Cina – per avere un quadro reale ci affidiamo ad altre fonti e cioè alle opinioni espresse da chi in Cina vive, lavora e là manda a scuola i figli. Ne emerge un ben diverso scenario in cui la fiducia nelle istituzioni e nell’autorità, l’umanità e la semplicità di rapporti hanno la prevalenza. Certamente, a voler essere spietatamente critici, non manca un po’ di retorica collettivistica, solidaristica, paternalistica e patriottica… cose che noi occidentali democratici abbiamo dimenticato e che rispolveriamo solo in particolari occasioni rituali (giorni della Memoria ad esempio). 


Per il popolo cinese la Scuola, così come la cura ansiosa per il benessere dei figli e le aspettative per il loro futuro, è da sempre questione di assoluta prevalenza su tutto il resto. D’altronde basterebbe osservare il comportamento di mamme e papà con i loro bambini (e i bambini degli altri) su qualsiasi mezzo pubblico. Sono attenti, solleciti a prevenire ogni esigenza, rispondono ai figli, ma non sono disposti a subire “capricci” o pretese assurde… checché ne scrivano i diritto-umanisti, convinti come sono che i genitori cinesi siano pessimi e poco empatici. Inoltre, dalla scuola dell’obbligo all’università, la figura dell’insegnante è molto rispettata e la sua autorità riconosciuta e assolutamente non messa in discussione.

Poi certamente esistono i social, esiste Weibo, esistono i giovani utenti critici (Netizen) che saltano da una piattaforma all’altra credendosi molto furbi, senza metter a fuoco che governo e istituzioni hanno collaudati mezzi di controllo-monitoraggio e lasciano fare persino dell’umorismo quando non nuoce allo Stato. Poiché in realtà le cose pericolose da tenere sotto sorveglianza sono ben altre rispetto ai like, agli influencer, ai mugugni e all’ironia dei teen agers su genitori e insegnanti!.

A proposito della riapertura delle scuole di qualche giorno fa, dice un’amica italiana (Canton) con un figlio dodicenne: “Il preside, che nei giorni scorsi inviava alle famiglie messaggi motivazionali, accoglie i ragazzini al cancello. L’istituto ha classi dalla prima elementare alla terza media. – I rituali di passaggio sono molto importanti – annuncia il preside. Quindi i grandi portano per mano i piccoli di prima elementare per entrare nel nuovo mondo. Un tappeto rosso e due ali di compagni più grandi come comitato d’accoglienza. La cerimonia è seguita in streaming dalle famiglie, per questa sola scuola alla fine ci sono 283mila spettatori collegati. Si chiude cantando l’inno della scuola. E poi tutti in classe.” 

La testimonianza conferma quanto ho potuto osservare a Pechino, per molti mesi, dalla mia stanza (decimo piano) che affacciava sul vasto cortile-palestra di un istituto di istruzione primaria: esercitazioni, cerimonie, musica patriottica e tradizionale con strumenti a fiato (un massacro per le orecchie!) si succedevano in ritmo programmato ai discorsi di paterni dirigenti, con la partecipazione affollata di familiari fieri di vedere i loro piccoli farsi onore.

Altra testimonianza da Wuhan di una madre esigente : “Tutte le scuole in Cina dall’asilo alle Università hanno fatto fare lo screening sierologico per l’infezione da Covid-19 al personale non docente, poi lo stesso personale ha fatto la disinfestazione della scuola stessa, in seguito c’è stato il test agli insegnanti e dopo agli alunni. Oltre alla temperatura corporea misurata in ingresso ogni mattino tramite scanner, la nuova App della salute con codice barra (insegnanti, alunni e lavoratori hanno il badge) ha permesso alla scuola di adottare alcune misure (pannelli divisori) solo nella mensa, in aula invece obbligo di mascherina e pulizia delle mani, areazione del locale e disinfestazione dell’aula alla fine della giornata (da parte degli alunni come avviene sempre). Tutti questi provvedimenti hanno permesso di tornare alla normalità in tempi molto brevi all’interno della vita scolastica. Altra nota positiva è stata la quarantena qui si è adottata in ingresso sia in Cina da paesi stranieri, sia da regione a regione nella Cina stessa. Grazie a queste misure mia figlia ha finito l’anno scolastico regolarmente e si prepara agli esami di ingresso all’università” 

Quindi le regole da rispettare che nessuno contesta o critica sono: tutti gli studenti devono portare le mascherine (non obbligatorie in classe); ingressi differenziati su percorsi appositamente progettati scuola per scuola; misurazione della temperatura corporea; disinfezione giornaliera delle aule, mense, dormitori e servizi igienici; in ogni classe sono disponibili dispositivi di protezione (mascherine e disinfettanti per le mani). Inoltre sono previsti piani di emergenza immediata per ritornare all’insegnamento online in caso di modifica dei livelli di rischio, esercitazioni e sessioni di formazione per aiutare a prepararsi a combattere nuovi focolai del virus, scorte di attrezzature, limitazioni delle riunioni di massa non necessarie, rapporti giornalieri alle autorità sanitarie sulla situazione. Misure analoghe sono adottate in tutto il Paese, dove gli alunni entrano in aula per il nuovo semestre. Inoltre diciamo che il Cina il concetto di quarantena non è estraneo alla scuola pre-covid. È prassi acquisita che in caso di malattia infettiva la classe in cui si verificano i casi (varicella, morbillo…) venga isolata dalle altre. Gestione delle masse.

In Cina funziona semplicemente perché l’istruzione è il settore dei servizi in cui lo Stato, le amministrazioni regionali, provinciali e di distretto si sono sempre impegnati per ottenere risultati, alla pari del settore sanitario, con grossi investimenti pubblici che rendono effettiva la gratuità completa della scuola dell’obbligo, fino a 15 anni.

Informazioni sulla politica e il sistema scolastico nella RPC

Per Confucio e i Neoconfuciani l’istruzione era la porta di accesso alla Civiltà, via maestra che garantiva il costituirsi di una comunità umana ordinata e solidale, ma anche un lungo percorso pieno di ostacoli. Lo Stato selezionava i suoi funzionari e amministratori attraverso un sistema di esami periodici e ripetuti. La formazione era costruita sulle basi ideologiche della lezione confuciana, un ‘cemento sociale’ che controllava l’intero corpo sociale e che si è perpetuato fino all’inizio del XX secolo. In questo modo il pensiero confuciano codificato in un corpus dottrinale si consolidò nel tempo come una vera e propria “religione civile”, ma di fatto la maggioranza della gente era esclusa dall’istruzione. 

Infatti prima del 1949, cioè prima che Mao Zedong criticasse e rigettasse il sistema confuciano, l’ istruzione in Cina era privilegio di una minoranza della popolazione e l’80% dei cinesi era analfabeta.

La Repubblica Popolare ha ereditato quindi un duplice passato (confuciano e maoista) e oggi, senza rinnegare del tutto la lezione confuciana, fa leva su valori socialisti e la lezione del Grande Timoniere. A partire dagli anni Cinquanta il governo ha prodotto una riforma con l’ obiettivo di istituire un sistema di Istruzione Nazionale, registrando progressi indiscutibili col raggiungimento della piena alfabetizzazione attraverso i percorsi di scuola primaria e secondaria, tanto che anche a livello internazionale si riconosce il risultato ottenuto nella scolarizzazione di base. il grado di alfabetizzazione della popolazione è oggi il 95%, considerato che nelle aree rurali e periferiche del paese è più basso. 

La significativa svolta promossa da Deng Xiaoping nel 1978 con l’obiettivo di costruire un Paese socialista ad alto grado di civilizzazione e democrazia entro il 2000 (basato sulle quattro modernizzazioni: agricoltura, scienza-tecnologia, industria e difesa) ed un’economia di mercato socialista, ha portato anche al recupero di caratteri propri tradizionali della civiltà cinese, quali la meritocrazia e il rispetto per le gerarchie. Inoltre l’attuale politica cinese si basa sulla volontà di preservare le differenze etniche, anzi di favorirne lo sviluppo, permettendo a ciascun gruppo di progredire verso la “modernità socialista” con il proprio passo. 

Il governo perciò continua a promuovere iniziative e leggi per garantire i 56 gruppi etnici riconosciuti, con regole che promuovono diritti, reciproca solidarietà, rapporti di uguaglianza e una vasta gamma di protezioni legali. Questa politica si basa, oltre che sul dettato costituzionale (Art. 4 dei Principi Generali), anche su tre indirizzi normativi: identificazione e classificazione dei gruppi etnici; sistema controllato di autonomia etnica regionale; misure di ‘facilitazione’ nei confronti delle minoranze che prevedono, appunto, una cura particolare del sistema scolastico. 

Lo Stato ha, di conseguenza, stanziato ingenti fondi per misure di ‘discriminazione positiva’ nell’istruzione, come le borse di studio per le minoranze etniche e l’accesso alle università con parametri di valutazione più favorevoli agli esami di ammissione. Molto sentito e affrontato con regole specifiche è il problema del riconoscimento linguistico e del suo insegnamento (bilinguismo) cui le amministrazioni regionali sono particolarmente attente. Nel 1995 è stata promulgata una legge, che prevede un maggiore decentramento nella gestione e nel finanziamento degli istituti scolastici e maggiore indipendenza di questi nel creare legami con settori produttivi. 

A partire dal 1999 il governo, nel tentativo di ridurre il livello di dispersione scolastica, si è fatto carico delle difficoltà delle aree rurali con un piano di riforme sulla formazione di base. Un’altra questione critica è quella della formazione dei figli degli migranti interni (mingong). 

Varato in agosto 2008, un provvedimento di riforma tenta di risolvere proprio questi due punti di crisi: scuola dell’obbligo nelle aree depresse e rurali (con scarsità di insegnanti), accesso all’istruzione dei figli degli immigrati interni. La scelta è stata di abolire per fasce di reddito e queste aree depresse del paese le tasse scolastiche, garantendo la gratuità dei libri di testo. La riforma del 2008 ha offerto agli studenti delle famiglie meno abbienti la possibilità di accedere alle facoltà universitarie a titolo gratuito, subordinando però questa possibilità alla stipulazione di un contratto per cui lo studente, ottenuto il diploma di laurea, si impegna a lavorare quale insegnante nelle scuole rurali, per un periodo non inferiore ai dieci anni.

Oggi il quadro generale è il seguente: il sistema fa capo al Ministero dell’istruzione; a livello provinciale esistono dipartimenti o commissioni che danno attuazione alle politiche e alle direttive emanate dal Ministero dell’istruzione, adattandole o integrandole sulla base delle esigenze locali. Infatti se le direttive governative sono uniformi, vi sono assai consistenti diversità applicative fra le regioni e, all’interno delle regioni, fra aree urbane e rurali. Differenze esistono anche fra “scuole modello” e “scuole comuni” entro una stessa area, poiché tutto il sistema di istruzione continua a basarsi su un sistema che distingue tipologie di scuole, cioè scuole di serie A e di serie B. Normalmente in città si trovano le scuole migliori mentre nelle aree rurali le scuole sono meno prestigiose e meno attrezzate (anche in termini di capacità degli insegnanti). Per accedere alle scuole migliori è necessario superare gli esami con votazioni alte, il sistema di valutazione è selettivo, e la competizione fra gli alunni è diffusa e incoraggiata. 

Sono vietati per legge gli istituti privati a scopo di lucro e non finanziati dallo Stato.

Il sistema scolastico cinese prevede: istruzione prescolastica (scuola materna) dai 4 ai 6 anni di età; Scuola primaria (scuola elementare), dai 6 ai 12 anni, obbligatoria – 6 anni; Scuola Media, dai 12 ai 15 anni, obbligatoria – 3 anni; Esame per accedere alla scuola superiore: Zhongkao; Scuola Media superiore, dai 15 ai 18 anni – 3 anni; Esame per accedere all’Università: Gaokao; Università, dai 18 anni in poi.

Zhongkao : Al termine della scuola dell’obbligo (grado Nove) i ragazzi devono affrontare il Zhongkao che è la valutazione sommativa dell’istruzione obbligatoria ed esame di ammissione alla scuola superiore.Il punteggio determina il superamento della scuola media (altrimenti si ripete l’anno) e un punteggio basso preclude l’ingresso nelle migliori scuole superiori del Paese. Quasi il 90% dei diplomati della scuola media continua gli studi. Circa la metà di loro va alle scuole superiori, e l’altra metà accede alle scuole professionali secondarie (dati del 2010 del Ministero della Pubblica Istruzione cinese). 

Gaokao: Alla fine del triennio delle superiori, gli studenti sostengono il Gaokao, l’esame di ammissione alle università. Il Gaokao si tiene una volta all’anno, ad inizio giugno e dura due giorni. Per l’occasione la Cina si ferma: si sospendono i lavori di costruzione vicino alle sale d’esame, il traffico è dirottato. Severe misure di sicurezza impediscono di barare: le sale d’esame installano telecamere a circuito chiuso e/o usano metal detector e identificazione delle impronte digitali e dell’iride per verificare l’identità degli studenti. Chi è colto ad imbrogliare non può rifare il test per 3 anni, tuttavia circa l’80% dei diplomati delle scuole superiori è promosso (dati del 2010 del Ministero della Pubblica Istruzione). 

Il punteggio conseguito è il più importante della vita di ogni ragazzo, culmine di 12 anni di scolarizzazione, sacrifici e impegno poiché il risultato decide se i diplomati andranno all’università più qualificata o all’università ordinaria, al college o ad altri istituti di istruzione superiore. La vita di uno studente gravita intorno al Gaokao, che è lo strumento per realizzare un buon lavoro ed un alto salario. Infatti le posizioni lavorative più ambite nelle SOE (imprese di proprietà statale) sono accessibili solamente agli studenti provenienti dalle università classificate dal Governo come Progetto 211 e Progetto 985, per il riconoscimento degli atenei più prestigiosi.