I comunisti tedeschi discutono sul “socialismo di mercato” attuato in Cina

pcc congressodi Luca Frei | da sinistra.ch

Si è tenuto lo scorso mese di maggio a Marburg (Germania) una conferenza sulla Cina organizzata dall’Associazione Marx-Engels. Il settimanale socialista “Unsere Zeit”, edito dal Partito Comunista Tedesco (DKP), ne riporta un’interessante sintesi. Relatori della conferenza sono stati l’economista Wolfram Elsner, l’esperto di diritto del lavoro Rolf Geffken e Georges Hallermayer, uno degli editorialisti di “Unsere Zeit”.

Wolfram Elsner ha spiegato come il Partito Comunista Cinese voglia trasformare la Repubblica Popolare in un paese socialista benestante e moderno entro il 2049.

Inoltre ha affermato che nel Partito vi è stato un riorientamento ideologico, in quanto l’attuale presidente cinese Xi Jinping possiede un profilo marxista più forte rispetto a Deng Xiaoping. Xi vuole infatti rafforzare la formazione ideologica e ha perciò introdotto in tutte le facoltà universitarie dei corsi obbligatori di marxismo. Elsner ha anche spiegato che in Cina le differenze sociali si stanno riducendo: negli ultimi 40 anni ben 800 milioni di persone sono state portate fuori da uno stato di povertà assoluta.

Georges Hallermayer, che studia e accompagna lo sviluppo dei paesi africani e il ruolo della Cina in esso, ha invece affermato che le relazioni economiche fra la Cina e i paesi africani si sono evolute, ma si basano ancora oggi sui principi espressi da Jiang Zemin nel 1996: stessi diritti, utilità reciproca e non intervento nelle rispettive politiche. La Cina, infatti, aiuta i paesi africani nel loro sviluppo economico, fornendo loro crediti privi di interessi, eliminando i debiti ed eliminando anche i dazi d’importazione sui beni di questi paesi. Su consiglio cinese alcuni paesi africani hanno anche creato delle zone di libero scambio. Tra il 2010 e il 2012 la Cina ha investito 13.4 miliardi di euro in aiuti per l’Africa, di cui 36% sotto forma di aiuti senza richiedere nulla in cambio, 8% sotto forma di crediti privi di interessi e 56% sotto forma di crediti con interessi. Dal 2015 vi è stato poi un cambiamento nella collaborazione: da progetti di aiuti frammentari si è passati a una promozione industriale sistematica. Infatti, in Africa sono attive circa diecimila imprese cinesi che producono più di 60 miliardi di euro di fatturato all’anno e i cui lavoratori locali rappresentano l’89%. Hallermayer ha affermato che, considerata la tipologia di intervento cinese in Africa, la Cina non è affatto imperialista e neo-coloniale, come invece spesso viene accusata di essere da una parte della sinistra europea.

Rolf Geffken si è invece concentrato maggiormente sui ruoli dei sindacati in Cina, i quali sono tutti stati creati nel contesto socialista in seguito alla nascita della Repubblica Popolare Cinese. Negli scioperi attuali, però, si è creato un movimento parallelo ai sindacati, movimento destinato tuttavia a non essere duraturo, stando alle parole del relatore. Geffken ha inoltre anche affermato che se dopo il passaggio all’economia socialista di mercato negli anni ’90 vi è stata una forte flessibilizzazione del lavoro (ad esempio, i contratti a tempo determinato sono diventati molto più frequenti), è tuttavia vero che, negli ultimissimi anni, le condizioni sono di nuovo migliorate. Anche se Geffken si è dimostrato più critico nei confronti della Cina, affermando che questo paese è pieno di contraddizioni, Wolfram Elsner ha dichiarato che in Cina vi è un sistema economico organizzato sotto dominio comunista. Vi è infatti un sistema socialista, nel quale il mercato viene sfruttato per sviluppare le forze produttive come previsto da Karl Marx.