Xi Jinping a Davos: la visione necessaria

xijinping davosdi Fabio Massimo Parenti
da opinione-pubblica.com

Il discorso di Xi Jinping a Davos candida la Cina ad una nuova guida e concezione della globalizzazione, dell’economia e dei rapporti internazionali.

Perché? Semplicemente perché potreste apprendere dell’esistenza di quella che si può considerare una visione necessaria, ovvero dell’esistenza di una visione politica di cui abbiamo bisogno, in quanto da noi sempre più carente, se non assente.

È necessaria perché estremamente realistica, legata “alla realtà dei fatti”, e nel contempo edificante nella prospettiva offerta, giacché è centrata sul richiamo a un lavoro duro e condiviso allo scopo di costruire relazioni pacifiche, di collaborazione tra paesi e popoli, aperta ai contributi molteplici di tutti i paesi [si badi bene: c’è continuità in ciò almeno da Bandung (1955) in poi]. E, inoltre, è necessaria nella misura in cui tale visione è alternativa all’esistente quando continuamente, e non genericamente, il presidente Xi richiama l’attenzione sulle persone (coloro che pensano sia pura retorica affabulatoria non hanno idea della storia che negli ultimi 150 anni hanno vissuto i cinesi).

Piaccia o meno “la Cina è arrivata fino a questo punto perché il popolo cinese ha, sotto la direzione del Partito comunista, tracciato un percorso di sviluppo che si adatta alle condizioni reali della Cina”. Parole che hanno radici profonde nella cultura plurisecolare cinese e nella sua esperienza politica moderna. Certo che c’è il ruolo cardine del Partito comunista, della sua guida, ma senza il consenso della gente, conseguente alla risoluzione dei problemi delle masse (o allo sforzo teso a tal fine), oggi il partito non esisterebbe (su ciò i molteplici studi – quantitativi e qualitativi – sul consolidamento popolare del ruolo del PCC sono incontrovertibili). Nel discorso di Xi, la centralità dell’interesse comune e dei bisogni dei popoli non sembra esser stata ancora colta dalla stampa, che, senza saperne cogliere le peculiarità politico-culturali, discetta di globalizzazione come si fa con le condizioni meteo.

Popoli al centro

Interessi dei popoli e responsabilità incomprimibile dei politici sono il leit motiv del discorso di Xi e non è un caso che si ripeta in più passaggi, con citazioni eloquenti, la necessità di elaborare una nuova filosofia dello sviluppo.

La Cina suggerisce che “debba essere data priorità a politiche capaci di gestire efficacemente i problemi legati a povertà, disoccupazione, ineguaglianza e alle preoccupazioni degli svantaggiati …”. Lo fa con cognizione di causa ed avendo, a mio avviso, anche molto da insegnare.

Queste le parole di Xi: “Il percorso cinese allo sviluppo mette il popolo al centro. La Cina segue una filosofia di sviluppo people-oriented ed è impegnata al miglioramento della vita del suo popolo. Lo sviluppo è del popolo, col popolo e per il popolo. La Cina persegue l’obiettivo della prosperità comune. Abbiamo intrapreso vari passi per alleviare la povertà, sollevando più di 700 milioni di persone da questa condizione, e buoni progressi sono stati fatti coi nostri sforzi volti a costruire una prima prosperità sociale su tutti i fronti”.

Questi risultati vengono attribuiti al duro lavoro e alla perseveranza dei cinesi, qualità che è caratteristica storica della civiltà cinese, ma anche ai contributi ricevuti e cercati all’esterno, nel costante processo di apertura perseguito negli ultimi 40 anni.

Diverse strade per lo sviluppo

La Cina non ha mai rinunciato a costruire una propria strada allo sviluppo, né a far avanzare questo concetto nei forum internazionali per sé e per tutti gli altri paesi del mondo, criticando costantemente l’idea che possa esistere un modello unico.

Anche a Davos. “Quello cinese è un percorso basato sulla realtà della Cina. La Cina è negli ultimi anni riuscita a intraprendere un percorso di sviluppo capace di adattamento, attingendo sia alla saggezza della sua civiltà, sia alle pratiche di altri paesi in Oriente e in Occidente. Nell’esplorare questo percorso, la Cina si rifiuta di rimanere insensibile ai tempi che cambiano o di seguire ciecamente le orme degli altri. Tutte le strade portano a Roma. Nessun paese dovrebbe vedere il proprio percorso di sviluppo come l’unico praticabile, tanto meno dovrebbe imporre il proprio percorso di sviluppo su altri”.

Chiara, benché implicita, è la critica a precise responsabilità politiche internazionali e di singoli paesi nel voler imporre una visione univoca e unilaterale. Anche in altri passaggi, ragionando ad esempio sulle cause di conflitti regionali, terrorismo, flussi di migranti e altri problemi, Xi sostiene che essi non siano attribuibili sic et simpliciter alla globalizzazione (che in quanto fenomeno multidimensionale, di maggior interazione, non è per sé l’origine di certi disordini regionali – su questo rimando a Geofinanza e geopolitica 2016). Semmai la globalizzazione offre nuovi canali e strumenti che possono essere usati per alimentare conflitti, ma non ne rappresenta la causa politica ultima.

Sì a condivisione. No a politiche unilaterali 

Ancora sulla ragionevolezza del discorso di Davos. “Un adagio cinese recita: la vittoria è assicurata quando la gente unisce le proprie forze; il successo è assicurato quando la gente mette insieme le proprie teste. Nella misura in cui abbiano l’obiettivo di costruire una comunità basata su un futuro condiviso per l’umanità, e di lavorare mano nella mano per adempiere alle nostre responsabilità e superare le difficoltà, saremo in grado di creare un mondo migliore e offrire vite migliori ai nostri popoli”.

Si chiede condivisione di idee in questo sforzo, cooperazione e collaborazione a tutti i paesi, sulla base di un principio di uguaglianza. “I paesi, grandi o piccoli, forti o deboli, ricchi o poveri, sono tutti membri uguali della comunità internazionale. Come tali, hanno diritto di partecipare al processo decisionale, godere dei diritti e adempiere agli obblighi su base paritaria. I mercati emergenti e in via di sviluppo meritano maggiore rappresentanza e voce…” [i paesi emergenti e quelli in via di sviluppo hanno contribuito recentemente all’80 per cento della crescita globale].

Come ricordato chiaramente, nessuna volontà da parte cinese di imporre una soluzione unica e unilaterale, benché la Repubblica popolare sia chiamata a dare un contributo che vada oltre investimenti e commercio. O meglio, un contributo volto a forgiare approcci culturali e politici che siano in grado di orientare detti flussi a partire da una visione comune per fini comuni.

La Cina esplicita dunque una diversa visione della globalizzazione, alla luce della propria esperienza di gestione dei processi di apertura e maggiore integrazione. Un’esperienza molto diversa, se non opposta, rispetto a chi la globalizzazione l’ha subita, sotto ombrelli ideologici fallimentari (per semplicità li riassumiamo nella complementarietà di capitalismo neoliberale e militarismo spinto) promossi soprattutto da Stati uniti e paesi leader dell’Ue, che l’hanno voluta imporre per interessi di parte, di classe, danneggiando le stesse società di appartenenza. Europa docet.

Quindi, siamo di fronte a una visione cinese? Sì e no. Da una parte si tratta di un orientamento che la Cina va condividendo da tempo, spesso coerentemente nella prassi, in giro per il mondo e all’interno dei propri territori, dall’altra è una visione-prospettiva assolutamente condivisibile nelle premesse, nell’ancoraggio alla realtà e nei fini ultimi.

Sarebbe pretestuoso non riconoscere almeno una parziale autenticità di questo discorso politico, oppure sarebbe più semplicemente il frutto dell’ignorare completamente le azioni e il percorso di sviluppo cinese, di cui il presidente Xi ha sottolineato anche i nodi ancora irrisolti e i problemi che la Cina si trova ad affrontare. Sta a noi cominciare ad allungare la mano, aprire la mente e riprendere una prassi politica degna delle sfide che ci troviamo ad affrontare.

Il discorso di Xi è stato concreto e profondo. Con commento spero di essere riuscito almeno a sollecitare, tra i più curiosi, qualche stimolo alla riflessione. Idealmente, e a prescindere da questo breve scritto, sarebbe meraviglioso che il messaggio di fondo fosse introiettato, per una seria autocritica, dalle classi dirigenti dei paesi occidentali. La Cina nel frattempo prosegue a dare fattivamente il proprio importante contributo nella riorganizzazione della governance globale.