L’Occidente arretrato e l’Oriente avanzato

china dragon 1795137bdi Emiliano Alessandroni

Intervento di Emiliano Alessandroni al Forum “La Via Cinese e il contesto internazionale”, Roma, 15 ottobre 2016  

Nelle Lezioni sulla filosofia della storia Hegel ci insegna che «quando si parla di libertà, si deve sempre far caso se, in realtà, non si stia parlando d’interessi privati» [1]. Già a suo tempo, dunque, il filosofo tedesco ci metteva in guardia contro gli usi ideologici di determinati termini e vocaboli. 

Qualche decennio più tardi, in effetti, allorché si sviluppa il dibattito sulla schiavitù nel sud degli Stati Uniti, i proprietari di schiavi denunciavano quelle spinte che premevano verso la soppressione dell’istituto della schiavitù, come degli attacchi alla libertà, ovvero a quelli che definivano sacrosanti diritti di proprietà [2]. La libertà che si vedevano minacciata era la libertà di possedere schiavi e i diritti che rivendicavano erano essenzialmente il diritto di commerciare carne umana. Evidentemente i due termini, libertà e diritto, venivano impiegati in una accezione tutta ideologica, al fine di difendere interessi particolari.

Qualcosa di analogo si verifica anche ai giorni nostri: gli attuali mezzi di comunicazione sono soliti presentare l’Occidente come un insieme di stati avanzati e democratici e l’Oriente come un agglomerato caotico di stati dispotici e arretrati. Ma, dobbiamo domandarci, stanno davvero così le cose? L’Occidente promuove realmente un avanzamento ed un progresso storico nel mondo? O ci troviamo anche in questo caso di fronte ad un uso ideologico dei termini volto alla difesa di interessi particolari?

Per rispondere a queste domande soffermiamoci su alcuni dei più significativi scenari internazionali, e osserviamo se l’Occidente abbia assunto verso di essi un atteggiamento costruttivo e progressivo o distruttivo e regressivo.

1) Nel settembre 2016 abbiamo assistito, in Brasile, alla destituzione della presidente Dilma Roussef. Ecco come si è espresso, a proposito del procedimento di impeachment, Frei Betto, noto teologo di fama internazionale e stretto amico di Papa Francesco: 

è un golpe parlamentare che rientra nella strategia del governo degli Stati Uniti di destabilizzare le democrazie popolari dell’America Latina…Prima hanno deposto Zelaya in Honduras, poi Lugo in Paraguay. E adesso Dilma in Brasile [3].

Non v’è alcun dubbio, continua:

Dilma subisce ingiustamente un processo senza aver commesso alcun reato. Eletta democraticamente due volte come prima donna presidente del Brasile, le forze del capitale si sono unite per spodestare il suo governo che difende i diritti sociali…La nostra fragile democrazia subisce un grave attentato [4].

2) Per quanto riguarda il Medio Oriente sappiamo dall’Ansa che 18 milioni di sterline, di un programma di aiuti stanziato dal governo inglese, «sono finiti regolarmente per mesi nelle mani e nelle tasche di jihadisti anti-Assad» [5] in Siria. 

Non si deve pensare ad un errore: ormai la compromissione dell’Occidente con il terrorismo di matrice islamica costituisce un fatto, giorno dopo giorno, sempre più conclamato. Il 26 Settembre 2016, in Germania due rispettabili giornali, l’Huffington Post, e il Kölner Stadt-Anzeiger,  pubblicano un’intervista ad Abu al-Ezz, comandante del gruppo terroristico di Al-Nusra, nella quale si legge quanto segue:

Gli Stati Uniti stanno dalla nostra parte…I missili anticarro ci sono stati forniti direttamente [6].

Quando la strada era bloccata e siamo stati assediati, abbiamo avuto qui con noi ufficiali provenienti dalla Turchia, dal Qatar, dall’Arabia Saudita, da Israele e dagli Stati Uniti…esperti per l’uso di satelliti, razzi, ricognizione e telecamere di sicurezza termiche [7]

D’altro canto, dalla registrazione telefonica del segretario di Stato americano John Kerry, riportata dal New York Times (e in Italia dal Corriere della Sera), possiamo constatare come, l’intervento militare diretto in Siria che Kerry avrebbe voluto, era finalizzato non già a contrastare lo Stato Islamico e l’avanzata dei terroristi, ma a scagliarsi «contro il regime di Bashar al-Assad» [8].

3) Per quanto riguarda il versante ucraino, è noto il ruolo protagonista svolto da formazioni neonaziste come Svoboda e Pravy Sektor durante il colpo di Stato di Majdan, salutato con grande calore dai governi e dai media occidentali. 

A partire da qui possiamo comprendere con maggior chiarezza anche questo significativo episodio: quando nel settembre del 2014 venne presentata dalla Russia, in sede Onu, una mozione contro la glorificazione dell’ideologia nazista, essa vide 115 voti favorevoli, 55 astenuti e 3 contrari. Gli astenuti sono stati perlopiù paesi dell’Unione Europea. A votare contro sono stati USA, Canada e Ucraina.

Ma vi è un fatto ancora più conturbante: riportando questa notizia su La Stampa di Torino, Maria Grazia Bruzzone precisa che 

la svolta ideologica [il cambiamento di atteggiamento dell’Occidente verso l’ideologia hitleriana] sarebbe il minor problema se neo-Nazisti in carne e ossa venissero non solo tollerati ma addirittura utilizzati, finanziati, premiati con cariche parlamentari, ministeriali e non solo. È quel che accade in Ucraina [a partire] dalla cosiddetta “rivolta di Maidan” [9].

4) E cosa dire riguardo alla Cina? Per quanto concerne la Cina, occorre constatare che l’Occidente ha sempre sostenuto tutti i tentativi di sovversione interna, qualunque segno o contenuto essi assumessero. Tra questi ve ne sono in particolare due: quello del gruppo eversivo interno all’etnia turcofona degli Uiguri (il gruppo di religione islamica sunnita che abita lo Xinjiang e la contea Taoyuan della regione Hunan) e quello dei separatisti tibetani.

Il primo, è una formazione che si è caratterizzata per una lunga serie di atti razzisti nei confronti della popolazione cinese di etnia Han e per diversi attentati terroristi (come quello del 28 Ottobre 2013 in Piazza Tienanmen, quando un suv guidato da tre indpendentisti uiguri, è stato lanciato a tutta velocità sulla folla di turisti provocando diversi morti e alcune decine di feriti [10], o l’attentato di Kunming del 1 Marzo 2014 in cui «otto uomini armati di coltelli si sono scagliati contro la folla, compiendo in pochi minuti un massacro: 33 morti e 143 feriti») [11].

Inoltre, si tenga presente che un gruppo tra i 4 e 5 mila uiguri ha da qualche tempo lasciato la Cina per dirigersi in Siria ed unirsi in combattimento ad Al-Nusra contro il governo di Assad [12]. Questo schieramento esaltato e protetto dall’Occidente, non costituisce altro, in realtà, che una formazione terroristica del tutto simile, quanto ad azioni e finalità, a quella dell’Isis in Medio Oriente.

Quanto ai separatisti tibetani, oltre a constatare la completa benevolenza dei nostri media nei loro confronti, sappiamo oggi con chiarezza che attraverso il Cia Tibetan Program, questo movimento, che fa capo al Dalai Lama, ha ricevuto supporto finanziario e istruzione militare dai servizi segreti americani.

Rivela, tale supporto, un’affezione sincera di Washington per la pace e l’armonia del buddismo? In realtà qualunque storico serio sa bene che questa «idea romantica» del Tibet come di «un territorio incorrotto, risparmiato dalla tecnologia, dove maestri spirituali sono in grado di rivelarci il significato dell’esistenza», costituisce da un lato «uno stereotipo», ovvero uno schermo «sul quale noi occidentali abbiamo proiettato le nostre fantasie» [13], dall’altro una trasfigurazione tutta ideologica e politica. Prima della Rivoluzione Cinese e della fondazione della Repubblica, il Tibet era invero retto da una sorta di assolutismo teocratico in cui un’aristocrazia al potere godeva i frutti di una società feudale fondata sulla superstizione, la schiavitù e il servaggio. Quando vediamo, allora, circolare in Occidente le magliette con la scritta Free Tibet, mai come in questo caso è opportuno ricordarsi del monito di Hegel: «quando si parla di libertà, si deve sempre far caso se, in realtà, non si stia parlando d’interessi privati» [14].

La Cina, dal canto suo, non soltanto ha fatto uscire in alcuni lustri centinaia di milioni di persone da una condizione di povertà e di morte per fame e inedia permanente (come se nel giro di pochi decenni l’intera Africa avesse cessato di morire di fame) ma ha altresì stretto relazioni bilaterali con tutta una serie di stati del Terzo Mondo (come Cuba) e numerosi stati africani. A proposito di questi ultimi, in un libro dal titolo La carità che uccide, l’economista originaria dello Zambia, Dambisa Moyo, ex consulente della Banca Mondiale, ha mostrato, dati alla mano, come una serie di paesi dell’Africa con cui la Cina ha stretto relazioni commerciali, abbiano vissuto uno straordinario sviluppo infrastrutturale e un sensibile aumento delle aspettative di vita. Da questo punto di vista, nella misura in cui promuove, in quei paesi, uno sviluppo autonomo, vale a dire un tipo di sviluppo che consente loro di reggersi (e camminare) sulle proprie gambe, la Cina sta svolgendo anche una funzione anticolonialista, in quanto impedisce che la loro debolezza li mantenga sottomesi alle politiche predatorie dell’Occidente [15].

Riassumendo, abbiamo dunque da un lato un Occidente che, governato dalle attuali classi economiche e politiche, sul piano interno allarga a dismisura la forbice sociale tra ricchi e poveri, mentre sul piano esterno, sostiene, come abbiamo visto, tutte le forze più reazionarie, medievali, e oscurantiste in ogni angolo del mondo. In questo senso, possiamo dire, esso incarna una spinta regressiva e dispotica.

Dall’altro lato abbiamo una Cina che, intraprendendo, al proprio interno, un processo non soltanto di produzione ma anche di distribuzione della ricchezza e sviluppando, sul piano internazionale, rapporti bilaterali che promuovono la costruzione di un mondo multipolare, incarna una spinta progressiva e costituisce una forza democratica.

Tutto questo, nondimeno, viene dipinto dalla pubblicistica occidentale come un enorme pericolo che mette a repentaglio l’esistenza stessa della democrazia.

Viene in mente, a tal proposito, quel passo de Le Rane di Aristofane in cui ad Euripide che può vantare meriti democratici per aver dato voce, nelle proprie tragedie, alle donne e agli schiavi, Dioniso (dietro la cui veste si nasconde lo stesso Aristofane) replica che tutto ciò non ha nulla a che spartire con la democrazia [16]. 

In effetti, per la cultura ristretta del tempo, di cui Aristofane costituiva un illustre rappresentante, poteva esser ritenuto tutto fuorché «intonato con il funzionamento della democrazia il dare la parola agli schiavi e alle donne: cioè ai soggetti per definizione esclusi dalla democrazia come la si intende ad Atene, alle non-persone della democrazia ateniese» [17]. A ben vedere, donne e schiavi, vengono dipinti, da Aristofane, come minacce nei confronti della democrazia.

Evidentemente questo termine, democrazia, analogamente a quello di libertà abusato dai padroni di schiavi negli Stati Uniti dell’Ottocento, veniva impiegato, dai più autorevoli intellettuali del tempo, in un’accezione ideologica, veniva cioè identificato con il sistema di dominio vigente.

Lo stesso avviene ai nostri giorni: con questo termine si tende ad indicare, nell’attuale presente storico, il sistema di dominio dell’Occidente. E quelle autentiche spinte democratiche, che, come abbiamo osservato nel caso della Cina, sorgono al di fuori dal perimetro occidentale, vengono rappresentate, dalla nostra pubblicistica, sotto forma di minacce nei confronti della democrazia. Come nell’antica Atene così oggi, il termine democrazia assolve la funzione ideologica di occultare e giustificare un determinato sistema di dominio.

Alla luce di quanto abbiamo illustrato sin qui, in contrasto alla retorica dominante e all’ideologia più o meno latente che l’accompagna, abbiamo deciso di parlare, parafrasando uno scritto di Lenin del 1913 [18], di Occidente arretrato e di Oriente avanzato.

NOTE

[1] Hegel, Vorlesungen über die Philosophie der Weltgeschichte, trad. it., Lezioni sulla filosofia della storia, a cura di Giovanni Bonacina e Livio Sichirollo, Laterza, Bari 2003, p. 350.
[2] Cfr. su ciò Domenico Losurdo, Controstoria del liberalismo, Laterza, Roma-Bari, 2005.
[3] Roberto Da Rin, Rousseff destituita, tocca a Temer, Il Sole 24 Ore 01-09-2016.
[4] Frei Betto: l’impeachment di Dilma Rousseff è un golpe ispirato dagli Usa, Il Portale del Ticino, 31-08-2016.
[5] Gb aiuta ribelli Siria, pochi controlli, ANSA, 03-04-2016.
[6] “Die Amerikaner sind auf unserer Seite”: Islamisten in Syrien sollen Waffen von den USA erhalten, Huffington Post (Deutschland) 26-09-2016.
[7] Interview mit Al Nusra-Kommandeur „Die Amerikaner stehen auf unserer Seite“, Kölner Stadt-Anzeiger, 26-09-2016.
[8] Giuseppe Sarcina, Lo sfogo (rubato) di Kerry sulla Siria: «Volevo l’uso della forza, ho perso», Corriere della Sera 1-10-2016.
[9] Maria Grazia Bruzzone, I neo-Nazi imperversano in Ucraina, ma il Nazismo non è più il “male assoluto” (per l’Occidente), La Stampa 30-11-2014.
[10] Cfr. su ciò, Guido Olimpio e Guido Santevecchi, Cina: la nuova, sanguinosa via  del separatismo uiguro. Attentati all’estero, stile Al Qaeda, Corriere della Sera 18-09-2016.
[11] Giorgio Cuscito, In Cina con l’attentato di Kunming il terrorismo islamico cambia tattica, Limes 13-03-2014.
[12] Giordano Stabile, Siria, l’armata di uiguri cinesi che combatte Assad, La Stampa 03-03-2016.
[13] Marco Del Corona, Tutti gli stereotipi sul Tibet. Parla lo studioso Sam van Schaik, Corriere della Sera 30-01-2015.
[14] Hegel, Vorlesungen über die Philosophie der Weltgeschichte, trad. it., Lezioni sulla filosofia della storia, a cura di Giovanni Bonacina e Livio Sichirollo, Laterza, Bari 2003, p. 350.
[15] Cfr. su ciò, Dambisa Moyo, La carità che uccide. Come gli stati dell’Occidente stanno devastando il Terzo Mondo, Rizzoli, 2009.
[16] Aristofane, Le Rane, in Id., Le commedie, Newton Compton, Roma, p. 875.
[17] Luciano Canfora, Storia della letteratura greca, Roma-Bari 2001, p. 215.
[18]Lenin, L’Europa arretrata e l’Asia avanzata, in Id., Opere scelte, Editori Riuniti, Roma, p. 485

 

Nelle Lezioni sulla filosofia della storia Hegel ci insegna che «quando si parla di libertà, si deve sempre far caso se, in realtà, non si stia parlando d’interessi privati»[1]. Già a suo tempo, dunque, il filosofo tedesco ci metteva in guardia contro gli usi ideologici di determinati termini e vocaboli.

Qualche decennio più tardi, in effetti, allorché si sviluppa il dibattito sulla schiavitù nel sud degli Stati Uniti, i proprietari di schiavi denunciavano quelle spinte che premevano verso la soppressione dell’istituto della schiavitù, come degli attacchi alla libertà, ovvero a quelli che definivano sacrosanti diritti di proprietà[2]. La libertà che si vedevano minacciata era la libertà di possedere schiavi e i diritti che rivendicavano erano essenzialmente il diritto di commerciare carne umana. Evidentemente i due termini, libertà e diritto, venivano impiegati in una accezione tutta ideologica, al fine di difendere interessi particolari.

Qualcosa di analogo si verifica anche ai giorni nostri: gli attuali mezzi di comunicazione sono soliti presentare l’Occidente come un insieme di stati avanzati e democratici e l’Oriente come un agglomerato caotico di stati dispotici e arretrati. Ma, dobbiamo domandarci, stanno davvero così le cose? L’Occidente promuove realmente un avanzamento ed un progresso storico nel mondo? O ci troviamo anche in questo caso di fronte ad un uso ideologico dei termini volto alla difesa di interessi particolari?

Per rispondere a queste domande soffermiamoci su alcuni dei più significativi scenari internazionali, e osserviamo se l’Occidente abbia assunto verso di essi un atteggiamento costruttivo e progressivo o distruttivo e regressivo.

 

1) Nel settembre 2016 abbiamo assistito, in Brasile, alla destituzione della presidente Dilma Roussef. Ecco come si è espresso, a proposito del procedimento di impeachment, Frei Betto, noto teologo di fama internazionale e stretto amico di Papa Francesco:

 

è un golpe parlamentare che rientra nella strategia del governo degli Stati Uniti di destabilizzare le democrazie popolari dell’America Latina…Prima hanno deposto Zelaya in Honduras, poi Lugo in Paraguay. E adesso Dilma in Brasile[3].

 

Non v’è alcun dubbio, continua:

 

Dilma subisce ingiustamente un processo senza aver commesso alcun reato. Eletta democraticamente due volte come prima donna presidente del Brasile, le forze del capitale si sono unite per spodestare il suo governo che difende i diritti sociali…La nostra fragile democrazia subisce un grave attentato[4].

2) Per quanto riguarda il Medio Oriente sappiamo dall’Ansa che 18 milioni di sterline, di un programma di aiuti stanziato dal governo inglese, «sono finiti regolarmente per mesi nelle mani e nelle tasche di jihadisti anti-Assad»[5] in Siria.

Non si deve pensare ad un errore: ormai la compromissione dell’Occidente con il terrorismo di matrice islamica costituisce un fatto, giorno dopo giorno, sempre più conclamato. Il 26 Settembre 2016, in Germania due rispettabili giornali, l’Huffington Post, e il Kölner Stadt-Anzeiger,  pubblicano un’intervista ad Abu al-Ezz, comandante del gruppo terroristico di Al-Nusra, nella quale si legge quanto segue:

 

Gli Stati Uniti stanno dalla nostra parte…I missili anticarro ci sono stati forniti direttamente[6].

Quando la strada era bloccata e siamo stati assediati, abbiamo avuto qui con noi ufficiali provenienti dalla Turchia, dal Qatar, dall’Arabia Saudita, da Israele e dagli Stati Uniti…esperti per l’uso di satelliti, razzi, ricognizione e telecamere di sicurezza termiche[7].

D’altro canto, dalla registrazione telefonica del segretario di Stato americano John Kerry, riportata dal New York Times (e in Italia dal Corriere della Sera), possiamo constatare come, l’intervento militare diretto in Siria che Kerry avrebbe voluto, era finalizzato non già a contrastare lo Stato Islamico e l’avanzata dei terroristi, ma a scagliarsi «contro il regime di Bashar al-Assad»[8].

 

3) Per quanto riguarda il versante ucraino, è noto il ruolo protagonista svolto da formazioni neonaziste come Svoboda e Pravy Sektor durante il colpo di Stato di Majdan, salutato con grande calore dai governi e dai media occidentali.

A partire da qui possiamo comprendere con maggior chiarezza anche questo significativo episodio: quando nel settembre del 2014 venne presentata dalla Russia, in sede Onu, una mozione contro la glorificazione dell’ideologia nazista, essa vide 115 voti favorevoli, 55 astenuti e 3 contrari. Gli astenuti sono stati perlopiù paesi dell’Unione Europea. A votare contro sono stati USA, Canada e Ucraina.

Ma vi è un fatto ancora più conturbante: riportando questa notizia su La Stampa di Torino, Maria Grazia Bruzzone precisa che

 

la svolta ideologica [il cambiamento di atteggiamento dell’Occidente verso l’ideologia hitleriana] sarebbe il minor problema se neo-Nazisti in carne e ossa venissero non solo tollerati ma addirittura utilizzati, finanziati, premiati con cariche parlamentari, ministeriali e non solo. È quel che accade in Ucraina [a partire] dalla cosiddetta “rivolta di Maidan”[9].

 

4) E cosa dire riguardo alla Cina? Per quanto concerne la Cina, occorre constatare che l’Occidente ha sempre sostenuto tutti i tentativi di sovversione interna, qualunque segno o contenuto essi assumessero. Tra questi ve ne sono in particolare due: quello del gruppo eversivo interno all’etnia turcofona degli Uiguri (il gruppo di religione islamica sunnita che abita lo Xinjiang e la contea Taoyuan della regione Hunan) e quello dei separatisti tibetani.

Il primo, è una formazione che si è caratterizzata per una lunga serie di atti razzisti nei confronti della popolazione cinese di etnia Han e per diversi attentati terroristi (come quello del 28 Ottobre 2013 in Piazza Tienanmen, quando un suv guidato da tre indpendentisti uiguri, è stato lanciato a tutta velocità sulla folla di turisti provocando diversi morti e alcune decine di feriti[10], o l’attentato di Kunming del 1 Marzo 2014 in cui «otto uomini armati di coltelli si sono scagliati contro la folla, compiendo in pochi minuti un massacro: 33 morti e 143 feriti»)[11].

Inoltre, si tenga presente che un gruppo tra i 4 e 5 mila uiguri ha da qualche tempo lasciato la Cina per dirigersi in Siria ed unirsi in combattimento ad Al-Nusra contro il governo di Assad[12]. Questo schieramento esaltato e protetto dall’Occidente, non costituisce altro, in realtà, che una formazione terroristica del tutto simile, quanto ad azioni e finalità, a quella dell’Isis in Medio Oriente.

Quanto ai separatisti tibetani, oltre a constatare la completa benevolenza dei nostri media nei loro confronti, sappiamo oggi con chiarezza che attraverso il Cia Tibetan Program, questo movimento, che fa capo al Dalai Lama, ha ricevuto supporto finanziario e istruzione militare dai servizi segreti americani.

Rivela, tale supporto, un’affezione sincera di Washington per la pace e l’armonia del buddismo? In realtà qualunque storico serio sa bene che questa «idea romantica» del Tibet come di «un territorio incorrotto, risparmiato dalla tecnologia, dove maestri spirituali sono in grado di rivelarci il significato dell’esistenza», costituisce da un lato «uno stereotipo», ovvero uno schermo «sul quale noi occidentali abbiamo proiettato le nostre fantasie»[13], dall’altro una trasfigurazione tutta ideologica e politica. Prima della Rivoluzione Cinese e della fondazione della Repubblica, il Tibet era invero retto da una sorta di assolutismo teocratico in cui un’aristocrazia al potere godeva i frutti di una società feudale fondata sulla superstizione, la schiavitù e il servaggio. Quando vediamo, allora, circolare in Occidente le magliette con la scritta Free Tibet, mai come in questo caso è opportuno ricordarsi del monito di Hegel: «quando si parla di libertà, si deve sempre far caso se, in realtà, non si stia parlando d’interessi privati»[14].

La Cina, dal canto suo, non soltanto ha fatto uscire in alcuni lustri centinaia di milioni di persone da una condizione di povertà e di morte per fame e inedia permanente (come se nel giro di pochi decenni l’intera Africa avesse cessato di morire di fame) ma ha altresì stretto relazioni bilaterali con tutta una serie di stati del Terzo Mondo (come Cuba) e numerosi stati africani. A proposito di questi ultimi, in un libro dal titolo La carità che uccide, l’economista originaria dello Zambia, Dambisa Moyo, ex consulente della Banca Mondiale, ha mostrato, dati alla mano, come una serie di paesi dell’Africa con cui la Cina ha stretto relazioni commerciali, abbiano vissuto uno straordinario sviluppo infrastrutturale e un sensibile aumento delle aspettative di vita. Da questo punto di vista, nella misura in cui promuove, in quei paesi, uno sviluppo autonomo, vale a dire un tipo di sviluppo che consente loro di reggersi (e camminare) sulle proprie gambe, la Cina sta svolgendo anche una funzione anticolonialista, in quanto impedisce che la loro debolezza li mantenga sottomesi alle politiche predatorie dell’Occidente[15].

 

Riassumendo, abbiamo dunque da un lato un Occidente che, governato dalle attuali classi economiche e politiche, sul piano interno allarga a dismisura la forbice sociale tra ricchi e poveri, mentre sul piano esterno, sostiene, come abbiamo visto, tutte le forze più reazionarie, medievali, e oscurantiste in ogni angolo del mondo. In questo senso, possiamo dire, esso incarna una spinta regressiva e dispotica.

Dall’altro lato abbiamo una Cina che, intraprendendo, al proprio interno, un processo non soltanto di produzione ma anche di distribuzione della ricchezza e sviluppando, sul piano internazionale, rapporti bilaterali che promuovono la costruzione di un mondo multipolare, incarna una spinta progressiva e costituisce una forza democratica.

Tutto questo, nondimeno, viene dipinto dalla pubblicistica occidentale come un enorme pericolo che mette a repentaglio l’esistenza stessa della democrazia.

Viene in mente, a tal proposito, quel passo de Le Rane di Aristofane in cui ad Euripide che può vantare meriti democratici per aver dato voce, nelle proprie tragedie, alle donne e agli schiavi, Dioniso (dietro la cui veste si nasconde lo stesso Aristofane) replica che tutto ciò non ha nulla a che spartire con la democrazia[16].

In effetti, per la cultura ristretta del tempo, di cui Aristofane costituiva un illustre rappresentante, poteva esser ritenuto tutto fuorché «intonato con il funzionamento della democrazia il dare la parola agli schiavi e alle donne: cioè ai soggetti per definizione esclusi dalla democrazia come la si intende ad Atene, alle non-persone della democrazia ateniese»[17]. A ben vedere, donne e schiavi, vengono dipinti, da Aristofane, come minacce nei confronti della democrazia.

Evidentemente questo termine, democrazia, analogamente a quello di libertà abusato dai padroni di schiavi negli Stati Uniti dell’Ottocento, veniva impiegato, dai più autorevoli intellettuali del tempo, in un’accezione ideologica, veniva cioè identificato con il sistema di dominio vigente.

Lo stesso avviene ai nostri giorni: con questo termine si tende ad indicare, nell’attuale presente storico, il sistema di dominio dell’Occidente. E quelle autentiche spinte democratiche, che, come abbiamo osservato nel caso della Cina, sorgono al di fuori dal perimetro occidentale, vengono rappresentate, dalla nostra pubblicistica, sotto forma di minacce nei confronti della democrazia. Come nell’antica Atene così oggi, il termine democrazia assolve la funzione ideologica di occultare e giustificare un determinato sistema di dominio.

Alla luce di quanto abbiamo illustrato sin qui, in contrasto alla retorica dominante e all’ideologia più o meno latente che l’accompagna, abbiamo deciso di parlare, parafrasando uno scritto di Lenin del 1913[18], di Occidente arretrato e di Oriente avanzato.

 

 

 

 

 

 



[1]     Hegel, Vorlesungen über die Philosophie der Weltgeschichte, trad. it., Lezioni sulla filosofia della storia, a cura di Giovanni Bonacina e Livio Sichirollo, Laterza, Bari 2003, p. 350.

[2]     Cfr. su ciò Domenico Losurdo, Controstoria del liberalismo, Laterza, Roma-Bari, 2005.

[3]     Roberto Da Rin, Rousseff destituita, tocca a Temer, Il Sole 24 Ore 01-09-2016.

[4]     Frei Betto: l’impeachment di Dilma Rousseff è un golpe ispirato dagli Usa, Il Portale del Ticino, 31-08-2016.

[5]     Gb aiuta ribelli Siria, pochi controlli, ANSA, 03-04-2016.

[6]     “Die Amerikaner sind auf unserer Seite”: Islamisten in Syrien sollen Waffen von den USA erhalten, Huffington Post (Deutschland) 26-09-2016.

[7]     Interview mit Al Nusra-Kommandeur „Die Amerikaner stehen auf unserer Seite“, Kölner Stadt-Anzeiger, 26-09-2016.

[8]     Giuseppe Sarcina, Lo sfogo (rubato) di Kerry sulla Siria: «Volevo l’uso della forza, ho perso», Corriere della Sera 1-10-2016.

[9]     Maria Grazia Bruzzone, I neo-Nazi imperversano in Ucraina, ma il Nazismo non è più il “male assoluto” (per l’Occidente), La Stampa 30-11-2014.

[10]   Cfr. su ciò, Guido Olimpio e Guido Santevecchi, Cina: la nuova, sanguinosa via  del separatismo uiguro. Attentati all’estero, stile Al Qaeda, Corriere della Sera 18-09-2016.

[11]   Giorgio Cuscito, In Cina con l’attentato di Kunming il terrorismo islamico cambia tattica, Limes 13-03-2014.

[12]   Giordano Stabile, Siria, l’armata di uiguri cinesi che combatte Assad, La Stampa 03-03-2016.

[13]   Marco Del Corona, Tutti gli stereotipi sul Tibet. Parla lo studioso Sam van Schaik, Corriere della Sera 30-01-2015.

[14]   Hegel, Vorlesungen über die Philosophie der Weltgeschichte, trad. it., Lezioni sulla filosofia della storia, a cura di Giovanni Bonacina e Livio Sichirollo, Laterza, Bari 2003, p. 350.

[15]   Cfr. su ciò, Dambisa Moyo, La carità che uccide. Come gli stati dell’Occidente stanno devastando il Terzo Mondo, Rizzoli, 2009.

[16]   Aristofane, Le Rane, in Id., Le commedie, Newton Compton, Roma, p. 875.

[17]   Luciano Canfora, Storia della letteratura greca, Roma-Bari 2001, p. 215.

[18]   Lenin, L’Europa arretrata e l’Asia avanzata, in Id., Opere scelte, Editori Riuniti, Roma, p. 485.