PCU della Georgia sull’attuale situazione nel paese

di Temur Pipia, Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista Unificato della Georgia

 

300px- -___da Solidnet | Traduzione dall’inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

 

Nonostante le autorità dichiarino a gran voce il successo delle riforme, le condizioni economiche e sociali sono molto difficili in Georgia. Il tasso di disoccupazione raggiunge il 70%. Tra gli impianti della grande industria solo alcuni sono operativi e neppure a pieno regime. Tutte queste fabbriche sono private e appartengono a membri del governo o a persone a loro vicine.

L’offerta di lavoro si riduce di giorno in giorno e il taglio di posti di lavoro avanza in quasi tutte le organizzazioni statali, incluse quelle coercitive. Lo stipendio medio di medici e insegnanti non supera i 200 dollari. Stipendi di poco superiori si registrano nelle forze di sicurezza, in ambito bancario o nel commercio. Le pensioni sono di circa 65 dollari.

Non solo il settore industriale ma anche l’agricoltura è ferma a causa della completa rottura dei rapporti economici con la Russia. La Georgia ha perso il mercato tradizionale russo e quello europeo resta chiuso ai nostri prodotti. L’economia sotto i dettami del FMI è destinata a una lunga crisi.

Poiché l’economia georgiana faceva parte dell’ex area sovietica di mutua assistenza economica, è naturale che la sola via di sviluppo economico del paese si orienti verso un processo di reintegrazione di questo spazio. Ma il governo georgiano ha annunciato di non prendere seriamente in considerazione l’unificazione del sistema doganale come quello esistente tra Russia, Kazakistan e Bielorussia, e da cui trarrebbe vantaggi economici sostanziali. Il governo rifiuta l’idea di un’area economica euro-asiatica lanciata dalla Russia, solo perché questa avrebbe un ruolo da protagonista.

 

Il caos economico genera una sofferenza estrema nella popolazione, il cui unico e fondamentale mezzo di sostentamento sono le rimesse dall’estero. La gran parte delle persone abili al lavoro vivono e lavorano all’estero, perlopiù illegalmente. I loro diritti sono ridotti e le condizioni di lavoro massacranti.

 

In Georgia anche i lavoratori autonomi patiscono pesanti condizioni di lavoro. La legislazione sul lavoro in vigore è unilaterale e lascia il lavoratore privo di qualsiasi tutela. Lo sciopero degli operai metallurgici di Kutaisi (città principale della Georgia occidentale) lo testimonia: organizzato in modo da bloccare da solo tutti gli impianti metallurgici del paese e nonostante la dura opposizione politica, i lavoratori hanno visto soddisfatte tutte le loro richieste.

 

La situazione politica interna è tesa. Le autorità controllano tutte le sfere della vita sociale attraverso il sistema repressivo. La conduzione politica è di stampo liberale e di estrema destra, l’intervento sociale è ridotto e il periodo sovietico con le sue conquiste in campo sociale vengono presentate negativamente. Il 31 maggio scorso, con 81 voti contro 1, il parlamento ha emanato una legge che proibisce i simboli e l’ideologia del comunismo sovietico equiparandolo al fascismo. Con questa norma il nostro Partito è stato di fatto bandito. Come nell’America Latina degli anni ’70 del secolo scorso, nel nostro paese si è imposta una linea filo-americana e militarista.

 

Sono trascorsi tre anni dal conflitto militare tra Russia e Georgia ma dal punto di vista della sicurezza la situazione nella regione del Caucaso non è migliorata.

 

La situazione attorno all’Iran si fa pesante. La Turchia ha accettato installazioni missilistiche statunitensi vicino al confine iraniano, puntate non solo contro l’Iran ma anche contro la Russia. Lo stesso accordo è stato siglato tra Stati Uniti e Romania aprendo nuove tensioni nella regione del Mar Nero. Come risposta la Russia ha deciso di piazzare il noto sistema di missili di difesa anti-aerea S-300 in Abcasia (regione separatasi dalla Georgia).

 

La situazione resta tesa in tutto il Karabakh. Secondo alcuni esperti, gli Stati Uniti sono interessati a rinnovare il conflitto azero-armeno nel quale la Russia non potrebbe svolgere un efficace ruolo di mediazione, rinnovando la possibilità concreta di una guerra. In questo caso Georgia e Russia si troverebbero nuovamente contrapposte, con la Russia inevitabilmente a sostegno dell’Armenia e la Georgia dell’Azerbaigian. Va detto che l’iniziativa georgiana per l’integrazione di Azerbaigian, Turchia e Georgia in una confederazione nasce dallo sforzo di stringere relazioni con l’Armenia.

 

La situazione è più tesa nella regione Javakheti a sud-est della Georgia, dove è insediata la popolazione armena. Fino al 2004 era presente una base militare russa, in cui lavoravano molti abitanti della zona. Oggi nella regione è attivo il movimento separatista armeno “Javakkhi”. Questa organizzazione è riconosciuta in Russia con suoi rappresentanti. L’ultimo annuncio di questa organizzazione è sconvolgente: “Promettiamo che adotteremo misure radicali per difendere i nostri connazionali, anche per evitare contrasti etnici”.

 

Sono state soppresse nuovamente le relazioni diplomatiche tra Georgia e Russia. Il processo negoziale di Ginevra, unico quadro in cui vi sono relazioni tra Georgia e Abcasia, è entrato in un vicolo cieco. Le mobilitazioni delle forze armate continuano in Abcasia e Ossezia sia dal lato russo che da quello georgiano. Allo stesso modo prosegue la militarizzazione di Azerbaigian e Armenia.

 

In questi giorni gli Stati Uniti hanno annunciato che sosterranno il cosiddetto “Piano d’azione per l’adesione” al vertice NATO di Chicago, che comporta l’attivazione del processo di integrazione della Georgia nella NATO sancito dal referendum del 2008. In cambio la Georgia ha aumentato di un intero battaglione il suo contingente militare in Afghanistan: 749 soldati georgiani, preparati da istruttori americani, sono stati inviati in Afghanistan, in aggiunta alle 950 unità già presenti.

 

Continua la costruzione di basi militari russe in Abcasia e Ossezia del Sud (anche l’Ossezia del Sud è una regione separata vicina alla capitale Tbilisi). Di conseguenza sul piccolo territorio dell’Ossezia del Sud sono state costruite già 5 cittadelle militari e 14 sono in divenire; altre 4 sono in Abcasia. Tale militarizzazione si spiega, da parte russa, con la necessità di rafforzare i confini delle repubbliche separatiste e in particolare per il ripristino-rafforzamento delle infrastrutture militari dopo il conflitto dell’agosto 2008.

 

Georgia e Russia pretendono che i negoziati di Ginevra obblighino la parte avversa a costrizioni sull’uso sproporzionato della forza. I negoziati, in cui Unione Europea e Stati Uniti hanno un ruolo di mediazione, sono entrati in un vicolo cieco mentre sono state congelate le risoluzioni sui rifugiati e gli altri problemi spinosi. Decine di migliaia di famiglie sono fuori dalle proprie case e vivono in difficili condizioni in abitazioni provvisorie. Le procedure di transito alla frontiera tra Abcasia e Ossezia del Sud non sono regolamentate, cosa che provoca ulteriori difficoltà alla popolazione locale e complica la situazione materiale. Il loro destino dipende dalla volontà di Russia e Georgia di comporre le controversie e dare risoluzione ai problemi principali della popolazione.

 

In poche parole: dopo la guerra di agosto 2008 la situazione rimane, facendo della regione del Caucaso una delle zone calde più pericolose al mondo.

 

Il Partito Comunista Unificato della Georgia giudica positivamente l’avvio della discussione su un nuovo sistema di sicurezza unitario. Questo sistema, che comprende la Russia, il Caucaso meridionale e l’Europa, tenendo fuori la NATO indebolisce questo blocco aggressivo ed estromette l’influenza degli Stati Uniti sulla nostra regione. Riteniamo che proprio la neutralizzazione degli interessi USA sia il primo e inevitabile passo per appianare la tensione nella regione e creare le condizioni favorevoli ad un’atmosfera di dialogo tra le parti, sia nella regione del Karabakh, come per i conflitti georgiano-abcaso e georgiano-osseto. Apprezziamo pienamente l’iniziativa che la Russia ha suggerito all’Europa, di una sistema di sicurezza comune.

 

Queste in breve le informazioni sul processo in corso in Georgia e nella regione del Caucaso.

 

Nonostante le difficili condizioni in cui opera, il Partito Comunista Unificato della Georgia continua a lavorare e prenderà parte alle future elezioni parlamentari.