Ucraina: il falco della NATO Rasmussen nominato consigliere presidenziale

poroshenko rasmussedi Higinio Polo
da www.rebelion.org

Traduzione di Giulia Salomoni per Marx21.it

Petro Poroshenko, il presidente ucraino emerso dal colpo di Stato del Maidàn nel 2014, è un uomo riconoscente. Almeno, è quello che indica la sua ultima decisione rilevante: ha appena firmato un decreto nominando consigliere presidenziale l’ex segretario generale del NATO, Anders Fogh Rasmussen, un vecchio liberale danese che accompagnò George W. Bush nelle sue aggressioni e guerre in Medio Oriente quando era primo ministro del suo paese e che, già negli anni Novanta, prima di essere primo ministro danese, pubblicò un libro (proprio da dimenticare) dal titolo rivelatore: Dallo stato sociale allo Stato minimo.

In seguito, Rasmussen raggiunse la segreteria generale del NATO nell’aprile del 2009, durante un vertice a Strasburgo (ancora primo ministro danese anche se si dimise dopo alcuni giorni), nello stesso momento in cui Obama, Merkel e Sarkozy incominciavano a disegnare la nuova rotta dell’alleanza militare. Rasmussen fu sostituito nella NATO nell’ottobre del 2014, quando era già iniziata la guerra civile in Ucraina. Nei mesi scorsi ha appoggiato decisamente il governo golpista di Kiev nella sua “operazione di punizione” contro il territorio del Donbass che si è rifiutato di accettare il nuovo governo sorto dal colpo di Stato. Rasmussen ha creduto che fosse necessario schiacciare velocemente Donetsk e Lugansk. Allora la sua aggressività lo portò a realizzare dure dichiarazioni contro Mosca, che segnalavano i nuovi venti di guerra che da Washington e dal quartiere generale del NATO a Bruxelles stanno soffiando verso l’est dell’Europa.

Rasmussen ha svolto un attivo ruolo nell’appoggio al governo golpista ucraino tra i soci dell’alleanza e nei fori internazionali, secondo le istruzioni che arrivavano da Washington, ed ha insistito con gli alleati europei della NATO (di cui alcuni reticenti al riarmo ed alla collocazione di nuove basi vicino alle frontiere della Russia) affinché accettassero le nuove emergenze: né Berlino, né Parigi vedevano la convenienza di fare pressioni a Mosca fino all’estremo di distaccare nuove unità militari alle frontiere russe, tenendo inoltre in considerazione che la costruzione del nuovo scudo antimissili nordamericano ha aggravato la tensione, ma Rasmussen ha dispiegato la sua diplomazia e le sue maniere di falco per infiammare gli animi ed assicurare davanti al mondo che l’”espansione” della Russia minaccia l’Occidente. Sotto la sua direzione, la NATO ha aumentato la sua presenza nei tre stati baltici, Estonia, Lettonia e Lituania, ed in Polonia, dal momento che i loro governi sono sempre disposti a seguire una politica aggressiva verso la Russia.

Rasmussen, come Washington, considera ragionevole e privo di aggressività lo spiegamento dello scudo antimissilistico nordamericano che minaccia di distruggere gli equilibri nucleari strategici del mondo, elevando tuttavia alla categoria di “minaccia” l’incorporazione della penisola di Crimea alla Russia, rifiutandosi di riconoscere il referendum in cui la popolazione si è pronunciata in merito. Allo stesso tempo, Washington, che ha accettato gli accordi di Minsk, nonostante non condividesse i compromessi del “quartetto della Normandia”, ha supervisionato la riorganizzazione dell’esercito di Kiev, la pianificazione di nuove offensive nel Donbass, e ha cercato di stimolare l’opposizione tra i tartari di Crimea, attraverso aiuti finanziari, cercando di provocare anche l’aumento dell’insoddisfazione e lo scontento tra la popolazione, suggerendo a Kiev il rafforzamento del blocco degli scambi tra la penisola e l’Ucraina e il sabotaggio energetico.

Nell’Aprile del 2016, in conseguenza della tensione che si trascinava da mesi, si è dimesso il precedente primo ministro, Arseni Yatseniuk (un altro degli estremisti del Maidan, complice dei gruppi paramilitari che infestano il paese), infastidito per l’atteggiamento di Poroshenko che aveva aperto una crisi esigendo la sua uscita del governo. Il presidente cercava da inizio anno di sostituire Yatseniuk, al quale aveva chiesto esplicitamente le dimissioni. La Rada suprema ha nominato Vladímir Groisman, un uomo fedele a Poroshenko, come nuovo primo ministro. Nel frattempo, Kiev ha continuato a rifiutarsi di realizzare un’indagine sulle vittime del massacro dell’edificio dei sindacati di Odessa, a reprimere l’opposizione, con il Partito Comunista dichiarato illegale, e perfino i bulli nazisti del battaglione Azov (che dipendono del ministero dell’Interno!) si pavoneggiano pattugliando Odessa, lo scenario del crimine.

La situazione sociale in Ucraina continua ad essere molto grave: milioni di persone soffrono la fame a causa della guerra e per il malgoverno, la corruzione ed il furto dei fondi pubblici è la norma per i responsabili governativi; la crisi economica e la distruzione della struttura produttiva del paese non sono state limitate, e la situazione politica non è migliorata con il nuovo cambiamento di governo, al punto che, alla fine di maggio di 2016, una commissione dell’ONU per la prevenzione della tortura ha sospeso il suo viaggio nel paese dopo che il nuovo governo si era rifiutato di permettere un’ispezione nelle prigioni e nei centri di detenzione.

I fondati sospetti di detenzioni illegali di massa, senza nessun tipo di controllo giudiziale, e le denunce sulle torture riservate ai detenuti, sono stati liquidati dal gabinetto di Groisman con l’offerta alla commissione dell’ONU di una riunione con i responsabili del ministero della Giustizia ucraino. La delegazione dell’ONU, che contava su informazioni e prove della presenza di detenuti illegali, pretendeva di visitare le caserme della polizia e le prigioni senza previo avviso ai carcerieri, pretesa che il governo di Kiev ha considerato inammissibile.

L’Ucraina, pedina della strategia nordamericana contro la Russia, rischia la propria esistenza come Stato, e, cosciente di questo, Poroshenko ripone le sue speranze nell’avvicinamento alla NATO e all’Unione Europea, e nelle garanzie di Washington. Tuttavia, Germania, Francia, Olanda, Austria e Belgio sono contrari all’integrazione dell’Ucraina nell’Unione Europea, ed inoltre, secondo le inchieste, due terzi della popolazione del paese si oppone all’avvicinamento all’Unione Europea, ma Poroshenko continua a insistere sul chiodo fisso dell’integrazione. Con le mani infangate dalla corruzione, tinte di sangue per la repressione politica, Poroshenko non ha avuto remore nell’affermare che “l’Ucraina, come la libertà, non può essere fermata.”

Forse per tutto ciò, si è imposta la discrezione: non ci sono state conferenze stampa, né grandi annunci al paese. Poroshenko ha autorizzato solo che la nomina di un falco della NATO come Rasmussen al ruolo di consigliere presidenziale fosse annunciata nella pagina web della presidenza del paese.

Dopo tutto, il presidente ucraino è un uomo riconoscente.