Uglegorsk. Lo conoscete?

di Evdokiya Sheremeteva
da littlehirosima.livejournal.com

Traduzione di Alena Afanasyeva per Marx21.it

Avete mai sentito parlare della città di Uglegorsk?

Si trova sulla strada che porta a Debaltsevo.

Proprio lì, dov’è stato il famoso sacco.

A Uglegorsk salve e fuochi non cessano mai.

 

Saranno esercitazioni? Saranno combattimenti?

I cittadini ormai non reagiscono. Noi, a causa dell’abitudine persa, giriamo lo sguardo attorno.

Scendo dalla macchina e mi segue la voce alta di Olga, assistente sociale che ci aiuta a portare l’aiuto umanitario:

– Non andare sul ciglio della strada!

Non ne avevo nessuna intenzione.

Nel Donbass, persino nelle zone lontane dalle operazioni militari, non ci si può allontanare dalla strada.

Missili, mine, trappole esplosive – ci può capitare del tutto.

Quindi niente cigli, niente fossati. Questa regola l’ho imparata da tempo.

Ci vorranno decenni per sistemare tutto.

Persino andare a cercare i funghi è un passatempo riservato solo per le future generazioni…

Passiamo per la periferia della città. Mucche, elettrodotti, campi autunnali.

Una tomba.

Una sensazione molto penosa. C’è qualcosa nell’aria.

Olga sorride e indica oltre la tomba:

– Lì, attraverso il campo ci sono degli ucraini. Molto vicino.

Lei è molto socievole. Per lei, come per altri cittadini, la guerra è diventata la vita quotidiana, uno specie di “sfondo”.

Se nella Repubblica di Lugansk le operazioni militari sono pochissime, a Gorlovka e nelle zone limitrofe gli scontri non sono mai cessati.

Nella città non c’è gas, la gente si riscalda con il carbone, ma pure quello è quasi esaurito – la miniera di carbone e la fabbrica di arricchimento dei minerali che hanno costituito la base dell’economia cittadina, restano chiusi.

– A gennaio, quando c’era il sacco di Debaltsevo, quasi tutti scappavano. A febbraio una parte dei fuggitivi è tornata indietro.

La luce a Uglegorsk è tornata solo a marzo.

Dall’autunno in città sono tornate tante persone.

Olga ci è stata “assegnata” dal vice-sindaco di Uglegorsk, Oleg Vladimirovich Neleda.

L’amministrazione cittadina affitta uffici nel palazzo della cultura della città – l’edificio del comune, come molti altri, è distrutto.

Nella foto – Palazzo della cultura

Oleg Vladimirovich dice che il 90% della città è stato distrutto.

53 palazzi condominiali sono distrutti completamente, come anche le due scuole e un asilo. Una delle scuole è stata ristrutturata, adesso funziona.

La seconda resta vuota.

Ma la mia impressione personale è che la città sia meno danneggiata di Pervomajsk…

Ma come sarebbe possibile paragonare, fare i conti?

Questa è via Nekrasov – la strada principale della città.

Guardate questo video, per favore:

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Oleg Vladimirovich è stato il comandante del reggimento alla Repubblica Popolare di Donetsk. Adesso è vice-sindaco di Uglegorsk.

– Sono troppo vecchio, magari, per correre per trincee.

Tutto il consiglio esecutivo della città si trova in una camera sola, e il capo amministrazione occupa il primo tavolo all’ingresso.

Quando siamo entrati ci siamo rivolti direttamente a lui, chiedendo chi potrebbe aiutarci con la distribuzione dell’aiuto umanitario. E così abbiamo scoperto che è proprio lui il vice-sindaco…

Oleg Vladimirovich ha un viso rotondo e uno sguardo che coglie a volo. Prima di aiutare ci ha valutato, e poi l’aiuto è stato veloce. Strada facendo, ci ha raccontato della città e dei combattimenti. Sua nipote quindicenne ha ricevuto una medaglia – ha aiutato a spegnere gli incendi durante i bombardamenti della città.

Il giorno del nostro arrivo la Croce Rossa stava distribuendo gli aiuti umanitari. L’aiuto va a tutti ed è molto modesto – 2 confezioni di carne conservata, una confezione di tè,  un chilo di farina, 3 pacchetti di riso, 2 – di grano saraceno, 3 di pasta, lievito in polvere.

La distribuzione si effettua secondo l’ordine alfabetico.

Abbiamo trovato Olga proprio lì – insieme con altri volontari stava aiutando la Croce Rossa con le liste.

Mentre stavamo aspettando, le scariche si susseguivano. Ma nessuno nella fila si è mosso.

Olga dopo ci ha detto che dovrebbero esserci delle esercitazioni. Molto probabilmente.

– Ma come ce la fai a capire? Molto probabilmente.

Così siamo andati insieme a lei per le case.

Nella casa di Surkova Liudmila sono arrivati due missili. Il 4 febbraio.

Sempre, sempre dicono la data precisa. Non è una cosa da scordare.

Adesso lei e suo marito vivono in cucina. Non si può nemmeno passare lì.

Le foto per il rendiconto le abbiamo fatto fuori casa.

– Andiamo, ti faccio vedere.

Olga e io stiamo errando dietro le case. Vedo una casa distrutta.

La avvicino.

– Qui abitava Bubnova. La casa è stata colpita, la nonna Mascia è rimasta lì. La casa è rimasta così dall’ora in poi…

Andiamo avanti – stanno costruendo una casa. Olga commenta:

– Ecco il nostro scopo. Lei è Koloda Liudmila, la sua casa è stata distrutta. Adesso la stanno ricostruendo.

Liudmila Andreevna esce dalla cucina dove ha vissuto l’ultimo anno dopo che la casa sua è stata spazzata via dalla terra.

– il 29 gennaio. 2 missili. Grazie alla Russia – ha dato dei soldi, adesso mi stanno costruendo la casa.

Infatti, l’Amministrazione centrale per la Ricostruzione ha assegnato dei fondi per la ricostruzione delle case. I soldi sono stati inviati dalla Russia. Quando siamo venuti a Uglegork, alla fine di ottobre, 23 case già erano in corso di ricostruzione.

Dopo ho saputo che lo stesso programma è stato avviato anche a Bovosvetlovka e a Pervomajsk. Probabilmente anche in altre città.

A Pervomajsk da molto tempo rifiutavano a dare i soldi persino per i vetri: “Romperanno tutto di nuovo lo stesso”,   la città è accerchiata.

Le mie cronache diventano sempre meno riconoscibili dai rendiconti sull’aiuto umanitario.

I miei viaggi non sono più i viaggi di cronaca o di volontariato.

Ormai è difficile dire che faccio lì.

Aiuto, appunto ciò che vedo, come una specie di verbale.

Sembra un genere nuovo.

Casa dopo casa.

Una vita rovinata dopo un’altra.

Ne perdi il conto.

Kramskaya Valentina. Il missile è arrivato il 24 ottobre. Tutti gli annessi sono bruciati.

– Vi portiamo l’aiuto lì dove Lei abita.

– Non fa niente, fate le foto qui. Proprio di fronte alla casa.

Mio Dio, stiamo con queste briciole di cibo di fronte all’ossatura della sua casa.

E lei racconta, racconta.

Uscendo dalla casa abbiamo notato una ghirlanda di fiori.

– Che cos’è?

– Il mio nipote è morto il 12 agosto 2014. Schegge. Aveva 19 anni. Appena uscito dallo scantinato…

Avete mai sentito della città di Uglegorsk?

Io, fino all’inverno scorso, – mai.

Adesso è entrata nella mia vita con questa ghirlanda per sempre.

Chi ne ha più bisogno

(il post del 24 dicembre 2015 – http://littlehirosima.livejournal.com/105667.html)

Il destino ci fa incontrare delle persone diverse.

Uno inizia ad abituarsi al fatto che ognuno ha dei suoi problemi e la maggioranza se ne infischia di tutto tranne di sé stessi.

Gli anziani negli ospizi sono una normalità.

Com’è normale trovare figli abbandonati.

È normale quando i parenti non vogliono rimanere in contatto per motivi politici.

Alcuni vanno al mare, mentre i loro parenti si stanno nascondendo nei sotterranei: “È la loro scelta”. Non si tratta delle conversazioni mitiche nell’internet. È una specie di allucinazione che si è impossessata della gente. Certe volte ho voglia di scuoterli e gridare a loro – “Lei con il figlio non ce la farà a andarsene – chiamala, telefonala! Perché rischiano di morire!”

La cosa più allucinante in questa situazione è che la gente vede con occhi diversi.

Finché non vedono con gli occhi di un altro non vogliono accettare la realtà. Sembra che indossino dei paraocchi.

Certe persone non applicano dei principi universali a sé stessi, ma sono sempre pronte a biasimare gli altri per ciò che fanno anche loro.

Ma a volte tra le decine di  storie tristi incontri delle persone meravigliose. È sempre inaspettato.

Olga, l’assistente sociale che ci aiuta a distribuire l’aiuto umanitario a Uglegorsk, ci sta portando nell’ultima casa.

Sta diventando buio e siamo stanchi morti. Io, con un quaderno e un dittafono, ho chiesto di raccontarmi del padrone.

– Cokolovsky Viktor Martynovich. Ha 78 anni. la casa è stata distrutta. Se la cava a malapena da solo. La moglie era morta quando c’erano i bombardamenti. Cioè non è morta subito, dopo. Lui è rimasto da solo. Il figlio è morto tempo fa.

– E come vive?

– Sua moglie aveva una figlia, lei viene a trovarlo.

Entriamo. Viktor martynovich sta seduto per terra e magia delle crespelle. Ci sentiamo a disagio.

Ad un tratto entra una donna molto carina. Inizio a fare delle domande e noto che lei risponde sussurrando e sempre copre il collo con una mano.

– Sono Zhenya. Sono venuta oggi di corsa – si è sentito male. Io vivo a Lugansk.

La casa è pulita e ordinata.

L’annesso all’ingresso della casa è stato ricostruito (era completamente distrutto).

– i vicini hanno aiutato.

Zhenya parla con difficoltà. Lei parla dolcemente, in maniera molto comprensibile e senza alcun sbaglio.

Ma nella casa, persino dopo i lavori ci sono tante tracce della rovina.

– Il missile è arrivato il 2 febbraio, mamma è stata colpita da una scheggia. Lei stava qui, sul divano. il 4 febbraio è stata portata all’ospedale di Gorlovka con un veicolo blindato.

Zhenya indica il divano.

– Il 26 febbraio è morta d’infarto.

Zhenya ha 56 anni – non volevamo crederlo, Magra, snella, non li mostra affatto.

Io faccio, come sempre, il commento. Zhenya sorride. Chiamarla “Zhenya” – un nome più adatto per una ragazza – mi sembra strano. Potrebbe essere mia madre.

– Grazie per il complimento.

Zhenya spesso visita il suo patrigno. Lei vive a Lugansk, non è vicino.

È così affascinante, educata, alla fine non ce la faccio più:

– E Lei che cosa ha?

Zhenya sussurra, quasi sibilando:

– Ho fatto la biochimica. Ho rotto dei reagenti – insomma, adesso sono disabile, senza tubo non posso respirare. E non posso lavorare secondo la mia qualifica. Adesso non c’è nessun lavoro. Disabile…

Quando stavano bombardando, Zhenya non poteva venire – sparavano tanto. Senza macchina la strada è ancora più difficile –  bisogna cambiare navette più volte.

– Sarei venuta, ma non avevo un mezzo.

Il sacco di Debaltsevo. Tutti scappavano da lì…

Zhenya nell’arco di 7 mesi ha perso 5 parenti. Sua madre, zio, zia, il padre, un’altra zia – tutti sono trapassati. Chi per infarto, chi aveva problemi di pressione, chi altre malattie… Famiglia falciata.

Visita sempre il patrigno. Rimane con lui per diversi giorni. Pulisce la casa, gli prepara da mangiare…

Sempre in viaggio.

Quando stavamo per andare via le ho messo in tasca dei soldi. Si è messa a piangere, cercava di rifiutare, dicendo che vi erano delle persone che ne avevano più bisogno.

A dir la verità, non volevo scrivere dei soldi, ma non riesco a scordare quella sera e le sue lacrime. le sue parole – “Che ne ha più bisogno”…

Mi potete dire che andare a trovare il proprio patrigno è una cosa normale.

Magari avete ragione.

Per me la norma si è spostata. L’ho persa.

Decine di anziani abbandonati e dimenticati dai propri figli…

Zhenya, nonostante i bombardamenti, intendeva di venire con una visita. Le bavette non c’erano.

Vi rendete conto???

Lì c’era l’inferno. Le case bruciavano. tutto ardeva.

Voleva venire. Dalla madre, dal patrigno. Rischiando la propria vita…

Lei non voleva accettare i soldi, perché ci sono le persone che ne hanno più bisogno.

Signore, se ci sei, ti ringrazio per Zhenya, per il semplice fatto che lei esiste.

Grazie.