Putin: “La Russia non vuole essere una superpotenza”

putin intervista bila cura di Aleksey Polubota
da “Svobodnaya Pressa

Traduzione dal russo di Mauro Gemma

Continuando la nostra rassegna di riflessioni di analisti e politici russi di diverso orientamento in merito a diversi aspetti della politica estera della Federazione Russa, proponiamo questa volta alcuni commenti raccolti da “Svobodnaya Pressa” (SP) dopo l’intervista concessa da Vladimir Putin al giornale tedesco Bild.

Ricordiamo ancora che le opinioni espresse nei contributi pubblicati nel sito (come avviene, in questa occasione, in alcuni passaggi delle interviste da noi tradotte) non riflettono necessariamente quelle della redazione di Marx21.it.

In un’intervista al giornale tedesco Bild Vladimir Putin ha dichiarato che la Russia non aspira a diventare una superpotenza: “No, non assumeremo il ruolo di superpotenza. Ci costerebbe troppo e non ve ne è necessità”, – ha detto il presidente della Russia. Ma, rispondendo indirettamente a un affermazione del presidente USA Barack Obama, secondo cui il nostro paese rappresenterebbe solo una potenza regionale, Vladimir Putin ha accennato al potenziale geopolitico della Russia.

“Se parliamo della Russia come di una potenza regionale, sarebbe necessario prima precisare di quale regione si tratti. Occorre dare uno sguardo a una mappa e dire: si tratta della parte europea? O della parte orientale, in cui i nostri vicini sono il Giappone, gli Stati Uniti, se teniamo conto dell’Alaska, e la Cina? E’ la parte asiatica? O è forse la parte meridionale? E perché non guardare verso nord? Infatti, a nord noi confiniamo con il Canada attraverso l’Oceano Artico. Dove? Di quale regione stiamo parlando?” – sono le parole del presidente russo citate da RIA Novosti (http://ria.ru/world/20160112/1358312635.html).

Ciò significa che la Russia non è una potenza regionale, ma non aspira neppure a diventare una superpotenza. Inoltre, l’intenzione degli Stati Uniti di mostrare a tutto il mondo la sua supremazia è una “posizione errata”.

E allora qual è il ruolo che intende svolgere la Russia, se per noi quello di potenza regionale è troppo modesto, mentre quello di superpotenza è troppo costoso?

“Nelle parole di Vladimir Putin emerge chiaramente che non c’è alcuna necessità di rivendicare il ruolo di superpotenza” – afferma il direttore del Centro di Congiuntura Strategica Ivan Konovalov. “E’ ciò che invece hanno fatto gli Stati Uniti con tutte le loro forze, nel tentativo di imporre la loro egemonia sul mondo, dal momento che del tutto inaspettatamente se ne crearono le condizioni dopo la dissoluzione dell’URSS”.

“Nel mondo contemporaneo è attuale il concetto di “centro di forza”. Ne esistono quattro: USA, Europa, Russia, Cina. Allo stesso tempo, anche altri paesi pretendono di assumere il ruolo di centri di forza. Ad esempio, vediamo simili segnali nella politica estera della Turchia e dell’Arabia Saudita. Questi paesi non si accontentano del ruolo di alleati degli Stati Uniti, vogliono assumere una posizione più indipendente nella politica mondiale. La stessa cosa si può dire per Iran e India”.

SP: Significa che gli americani non vogliono riconoscere l’evidenza: che l’egemonia degli Stati Uniti è finita?

“I politologi non di parte e le persone che riflettono, persino negli USA, già da molto tempo avvertono che la situazione nel mondo è cambiata, rispetto a quella di alcuni anni fa. E’ vero, la Russia non può al momento acquisire la parità con gli Stati Uniti in tutti i campi. Ma, ripeto, ora non ne abbiamo bisogno, come ha affermato Vladimir Putin”.

SP: Ma è stata la Russia, e solo la Russia, a partire dal conflitto georgiano-ossetino del sud del 2008, a ostacolare apertamente l’egemonia mondiale degli USA. Da che cosa ciò è stato causato?

“La Russia semplicemente si assume l’impegno di intervenire apertamente contro quelle politiche degli Stati Uniti che ritiene ingiuste e minacciose. La stessa Cina per molte ragioni al momento può contrastare gli USA in un modo più complesso e coperto. Tuttavia, sul piano economico, in pratica ha  indebolito gli americani nella regione Asia-Oceano Pacifico”.

“Inoltre, a metà degli anni “zero” gli USA e i loro alleati si sono accorti che la Russia si stava gradatamente riprendendo, come potenza mondiale. Da quel momento coloro che in Occidente erano abituati a considerarsi gli unici arbitri della politica mondiale, hanno cominciato a “respingere” la Russia e addirittura a presentarla agli occhi della propria opinione pubblica come se  avesse nuovamente l’intenzione di creare “l’impero del male”. E se la prima operazione è fallita, la seconda è in parte riuscita. E’ evidente che Saakashvili senza un segnale da parte di Washington non si sarebbe arrischiato ad attaccare in Ossezia del Sud. Da quel momento noi agiamo solo per difendere i nostri interessi nazionali. Ma abbiamo cercato fino all’ultimo di non cedere alle provocazioni. Anche le nostre azioni in Siria sono indirizzate essenzialmente a fare in modo che questo paese non si trasformi in un terreno fertile per il terrorismo islamico, come l’Iraq e la Libia. E’ del tutto ovvio che, in caso di rovesciamento violento di Bashar al-Assad, gli islamisti si rafforzerebbero in modo significativo e sarebbero in grado effettivamente di far esplodere la situazione nel Caucaso e in Asia Centrale. Dal momento che in queste regioni, certamente, il “materiale esplosivo” esiste”.

“In ogni caso, al di là delle pesanti critiche al nostro paese in Occidente, nel mondo oggi si guarda alla Russia come a un centro di forza alternativo”.

“Se vogliamo dare una definizione allo status da posizioni scientifiche, la Russia, certamente è una potenza di livello mondiale”–, afferma uno dei maggiori esperti del Centro di Studi Politico-Militari dell’Università Statale di Mosca per le Relazioni Internazionali (MGIMO), Mikhail Aleksandrov. “Ma allo stesso tempo, Vladimir Putin ha correttamente fatto notare che noi non siamo una superpotenza. In generale questi termini sono alquanto privi di senso. Per quanto riguarda il concetto di superpotenza, nel corso dell’intera storia mondiale non ricordiamo un solo paese che sia stato capace di imporre la propria volontà a tutto il resto degli stati e delle tribù. Anche all’apice della potenza dell’Impero Romano, rimanevano territori sottratti al suo controllo egemonico. E nella storia più recente, gli USA non si sono sempre potuti permettere tutto nella politica mondiale. Si, gli Stati Uniti hanno proclamato la loro leadership mondiale. Ma oggi è ormai chiaro che non hanno avuto successo. Occorre comprendere che il mondo si sta muovendo verso un sistema multipolare, che Washington lo voglia o no”.

“Esistono i cosiddetti “nuclei di civiltà”nel mondo, che controllano uno spazio definito. E’ possibile in un certo senso definirli potenze regionali. Gli Stati Uniti devono limitare la loro influenza sul mondo occidentale. In particolare, in Europa. La Cina domina la civiltà dell’Estremo Oriente. L’India, il sub-continente indiano e i territori adiacenti, la Russia l’Eurasia. Mentre nel mondo musulmano non si è ancora espressa con chiarezza una forza dominante. A tale ruolo aspirano alcuni paesi. La contrapposizione più acuta è quella in corso tra l’Arabia Saudita e l’Iran”.

“Su questo piano, la Russia agisce correttamente, cercando di affermarsi in territori che tradizionalmente sono inclusi nella sua zona di influenza. In altre parole, lo spazio post-sovietico. Senza tralasciare di prestare attenzione alle zone limitrofe. Ciò non significa che vogliamo dominarle. E’ sufficiente esercitare una certa influenza, per mantenervi la stabilità. E’ la ragione per cui si è deciso di effettuare l’operazione delle Forze aeree e spaziali russe in Siria, poiché la vittoria degli islamisti in questo paese potrebbe creare minacce alla sicurezza nazionale nostra e dei nostri alleati”.

“In questo senso, Vladimir Putin valuta correttamente il contesto mondiale, a differenza di Barack Obama, che continua a battersi per la mitica idea del dominio mondiale. Mentre è evidente che gli Stati Uniti non hanno abbastanza capacità e risorse per rimanere la potenza dominante nel mondo. E molti americani sembrano non desiderarlo più. Ciò è testimoniato anche dalle dichiarazioni di uno dei più popolari candidati alla presidenza degli USA, Donald Trump, secondo cui per gli Stati Uniti è venuto il momento di rinunciare alle funzioni di “polizia mondiale” e di non interferire nei conflitti lontani dalle sue frontiere. In particolare, nel conflitto ucraino. In altre parole, non pochi americani auspicano per il paese il ruolo di potenza regionale, che difenda esclusivamente i propri interessi nazionali”.

SP: E nel caso di realizzazione del progetto di collaborazione Transatlantica, gli Stati Uniti potrebbero assumere nuovamente per un certo periodo lo status di superpotenza?

“No. A mio parere, in Russia alcuni analisti esagerano il pericolo di questo progetto per il nostro paese. In generale, l’unione transatlantica già esiste, sia sul piano politico, che su quello economico. Il nuovo accordo appare semplicemente ancora di più di carattere economico. Ciò corrisponde in gran parte al naturale desiderio dell’Occidente di unirsi. E’ simile a quello che cerchiamo di fare noi,  unendo lo spazio eurasiatico. Però, in entrambi i casi l’unione non porterà all’egemonia mondiale”.