Il Vertice di Riga

Eastern-Partnership-Summitdi Luis Carapinha | da www.avante.pt

Traduzione di Marx21.it

Si è svolto recentemente a Riga il 4° Vertice del cosiddetto Partenariato Orientale dell’UE. Come si può facilmente intuire, la definizione di questo spazio è fuorviante. Fu creato nel 2009 per subordinare agli interessi e all’orbita di Bruxelles i destini di sei ex repubbliche sovietiche: Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldavia e Ucraina. Il “fantasma” onnipresente si chiama Federazione Russa e per questo non appare strano il “forte appoggio” che gli Stati Uniti hanno espresso al progetto dell’UE, che si inserisce nei piani di espansionismo verso Est dell’imperialismo nordamericano e delle potenze della NATO. Quanto ai risultati di questa riunione, realizzata nella capitale della Lettonia il 21 e 22 maggio, sono più che “modesti” per non definirli disastrosi.

E’ confermata la frattura tra le strade seguite dai sei paesi. Armenia e Bielorussia sono membri dell’Unione Economica Eurasiatica, nata quest’anno e che include anche Russia, Kazakistan e Khirghizia. Ucraina, Moldavia e Georgia hanno firmato trattati di associazione (e libero commercio) con l’UE e sono in procinto di applicarli. Inoltre, nella dichiarazione finale del vertice non si rinviene alcun riferimento alla prospettiva di “integrazione nell’Europa dei 28”, desiderata  dalle classi dirigenti dei tre stati. Per la prima volta il presidente dell’Azerbaigian si è distinto per l’assenza. Anche la Bielorussia si è fatta rappresentare a un livello molto basso. Sono anni che Minsk è bersaglio delle sanzioni dell’UE (e degli USA) e il presidente Lukashenko continua ad essere nella lista di alti funzionari con il marchio di persona non gradita nello “spazio comunitario”.  Da Bruxelles si continua a promettere la carota, ma, come un ritornello, solo a patto che si proceda sulla strada delle “riforme” (“…c’è ancora molto lavoro da fare”). I tempi sono di vacche magre. E nessuno ha ancora dimenticato i risultati del Vertice precedente, a Vilnius, alla fine del 2013, quando l’allora presidente ucraino Yanukovich mantenne la decisione di sospendere la firma dell’iniquo e gravoso accordo di associazione con l’UE. Come ha ricordato il responsabile bielorusso a Riga, al dignitario dell’Ucraina [nel Vertice del 2013] “fu detto chiaramente che aveva l’obbligo di firmare l’accordo di associazione con l’UE o ci si sarebbe dovuti incontrare da qualche altra parte” (Belta, 22.05.2015).

Vilnius è passata alla storia come l’anticamera del colpo di stato che rovesciò il traballante e compromesso presidente Yanukovich. Con il Maidan sono evaporati i resti della sovranità nazionale dell’Ucraina. Dal loro posto di comando, gli USA hanno utilizzato l’agenda e le ambizioni “europee” per giocare la carta paramilitare dei gruppi neofascisti che, da almeno un decennio, si stavano organizzando. Il rovesciamento del presidente e il potere della Giunta hanno spezzato le linee di equilibrio precario che manteneva l’Ucraina della restaurazione capitalista entro i limiti delle frontiere del 1991, approfondendo il caos economico e lanciando il paese nella guerra civile. La sconfitta militare di Kiev nelle campagne dell’estate e dell’inverno, insieme ai pericoli di una minacciosa scalata bellicista in Europa e al crescente passivo delle sanzioni contro la Russia, hanno hanno spinto Merkel e Hollande a recarsi a Minsk, dove è stato negoziato in febbraio un nuovo cessate il fuoco.

Mentre la guerra prosegue e nuvole oscure compaiono all’orizzonte, l’UE ha promesso a Riga un nuovo assegno condizionato da imposizioni all’Ucraina (1,8mila milioni di euro). Il rilascio dei fondi avverrà con il contagocce, accompagnando la discesa all’inferno delle “riforme strutturali” disegnate dal FMI. A Riga è continuata la retorica del “rafforzamento della democrazia”; nessuno è sembrato notare la continua avanzata di Kiev sulla strada della dittatura e dell’anticomunismo primitivo. Forse hanno contato i venti di casa: nel paese ospitante il partito comunista è proibito, quasi 300.000 lettoni slavi sono sottoposti al poco invidiabile statuto di non cittadini e i veterani della legione SS effettuano una marcia ogni anno.

Il Vertice di Riga rappresenta un’altra dimostrazione della crisi, profonda e multiforme, che imperversa nell’UE.