Com’è che le ragazze a seno nudo di Femen prendono mille euro al dì?

di Luigi De Biase | da il Foglio del 15 marzo 2013

femenL’ultima azione è stata martedì all’ingresso di San Pietro e c’è voluta la polizia per fermare le ragazze di Femen, il gruppo che protesta ormai da tempo senza vestiti in ogni grande città d’Europa. In Vaticano erano in due, si sono tolte le magliette, hanno mostrato la scritta “No more Pope” stampata sulla pancia e si sono messe a sventolare un fumogeno color porpora: un vigile ha cercato di coprirle con il giaccone e lo sforzo è stato vano, così è servito qualche agente per convincerle a salire su una camionetta con maniere un po’ meno galanti. Non è la prima volta che le Femen si spogliano a Roma, lo hanno fatto nel 2011 per chiedere la fine del governo Berlusconi e sono tornate adesso che il Conclave si riunisce per eleggere il Papa, insomma, non si può dire che siano a corto di senso della notizia. A Parigi, la città che ospita il loro “centro d’addestramento”, le ragazze sono trattate come le celebrità, come una piccola avanguardia del femminismo chic, e forse è per questo che il proprietario di un teatro nel quartiere del Goutte d’Or ha deciso di ospitarle senza chiedere un euro d’affitto (Goutte d’Or non è il posto in cui passare un weekend romantico, ma è sempre meglio di niente).

In Ucraina, il paese in cui le Femen sono nate, hanno un’opinione diversa. Lo scorso autunno una reporter del canale tv 1+1 s’è arruolata nel gruppetto per un mese e ha trovato notizie interessanti (per farlo s’è dovuta immedesimare, ha anche partecipato a qualche azione senza reggiseno, come ha poi raccontato alle telecamere). Una riguarda gli interessi del gruppo: a quanto sembra l’attività delle Femen è ben retribuita, ogni dimostrante ha uno stipendio di mille euro al mese e chi lavora nella sede di Kiev arriva a 2.500 (il salario medio in Ucraina non supera i 500 euro). Le spese a Parigi sarebbero più alte, si parla di mille euro al giorno per ogni ragazza, e la reporter di 1+1 dice di avere le idee chiare anche sull’origine di quella fortuna: Femen avrebbe rapporti solidi con un uomo d’affari americano con molti interessi a Kiev, un certo Jed Sunden, e con due ricconi tedeschi.

In effetti il gruppo è ben organizzato, ha punti d’appoggio in tutta Europa e si pensa che presto ne avrà anche in Canada, negli Stati Uniti, in Brasile e in Israele. La prima protesta è stata nel 2008 ed era contro la prostituzione giovanile, ma in poco tempo le Femen hanno cominciato a occuparsi di politica, di fede e persino di economia, prima in Ucraina e poi all’estero. Il problema è che nessuno ha mai capito bene quale sia il punto delle loro azioni (una volta hanno rincorso il patriarca russo sulla pista dell’aeroporto di Kiev). A volte i loro annunci somigliano un po’ ai messaggi dei ribelli ceceni: cinque anni fa c’erano soltanto tre studentesse ucraine, Anna, Oksana e Inna, nel giro di due anni le attiviste sono diventate 320, “venti in topless e trecento completamente vestite”, come diceva una nota del gruppo, ma lo scorso autunno le tre ambasciatrici hanno annunciato di avere un esercito con oltre cento militanti pronte a togliersi i vestiti da Londra a Roma in nome della libertà. E’ così che Femen è diventato il club femminista più influente d’Europa, almeno sul piano dell’immagine. La loro società ha una pagina Facebook con migliaia di contatti, un account su Twitter, un sito internet in tre lingue diverse: lì si trovano filmati, interviste, magliette (25 euro), colori per il corpo (un kit 70 euro), felpe, tazze e cappelli (dai 20 ai 60 euro). Il 7 marzo, alla vigilia della giornata delle donne, un libro con la storia di Femen è arrivato sugli scaffali delle librerie francesi e ci sono state feste e brindisi al teatro di Goutte d’Or. Naturalmente esistono anche i problemi, gli arresti, le denunce e le minacce, soprattutto per le proteste in Ucraina, in Russia e in Bielorussia. Ma quando le cose si mettono male, c’è sempre qualcuno pronto a chiamarle “dissidenti”.

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