Bandiere rosse contro il virus del capitalismo

americalatina voltodi Geraldina Colotti

da https://www.lantidiplomatico.it

Rapidità, efficienza, solidarietà. È questo il messaggio che arriva dalla Cina e da Cuba a un’Europa in piena crisi sanitaria dovuta al diffondersi del coronavirus. Una pandemia che si è diffusa in oltre 110 paesi, colpisce più di 140.000 persone e ha già provocato oltre 5.000 vittime. Cifre che, nei paesi europei, aumentano ogni giorno, a fronte dei risultati ottenuti, invece, dalla Cina. Con oltre 15.000 contagiati e più di 1.000 morti, l’Italia risulta ora al primo posto.


Dietro ai 9 medici cinesi, sbarcati a Roma in questi giorni per dare sostegno ai colleghi italiani, spuntava la loro grande bandiera rossa: la bandiera di un paese che ha saputo guidare un popolo verso grandi ideali, e che, pur nelle mutate condizioni, continua a farlo muovere con generosità e disciplina.

E da Cuba socialista, bloccata da mezzo secolo di misure coercitive e criminali, è arrivata l’offerta di un farmaco, già testato con successo sui malati, che nei paesi capitalisti può costare una fortuna mentre a Cuba, e anche in Venezuela, è gratuito. Un riflesso che, nella patria di Fidel, scatta di fronte a una catastrofe che si verifichi in qualunque parte del mondo.

Catastrofi che, come nel caso di Haiti o dell’uragano Katrina, o di Porto Rico, colpiscono le fasce più deboli della popolazione e diventano una cartina di tornasole di quella gigantesca guerra contro i poveri in atto nella globalizzazione capitalista, e che non trova più argini dopo la caduta dell’Unione Sovietica.

Un messaggio evidente di quel che si potrebbe fare in una società che fosse costruita per il bene comune e non per il profitto. In un’Europa dei forti, che ha imposto feroci tagli alle politiche pubbliche per pagare i tributi alle multinazionali e alle banche, si muore invece di lavoro anche in tempi di coronavirus.

Se le misure drastiche per contenere la pandemia sono state prese con ritardo, è stato anche per l’opposizione di Confindustria a Confcommercio. Il focolaio del virus si situa, infatti, proprio nelle ricche regioni del nord, prevalentemente governate dalla destra xenofoba che in questi anni ha chiesto a gran voce politiche economiche di “apartheid” rispetto alle regioni povere del sud. E che ora si vede costretta a chiedere aiuto al governo centrale.

Restate a casa – ci dicono ora – evitate i trasporti pubblici e mantenete le distanze”. Peccato che gran parte dei lavoratori deve continuare a guadagnarsi il pane e spesso nell’assenza di tutele adatte all’emergenza; che gli infermieri sono pochi e sottopagati; che i posti letti mancano perché la sanità pubblica è stata smantellata a vantaggio di privati; che a laurearsi in medicina sono per lo più figli di famiglie abbienti; che per gli affitti troppo elevati i poveri vivono accatastati nella casa dei nonni; che le carceri, sempre più discariche sociali, scoppiano…

Di fronte all’anarchia del capitalismo, la necessità di una pianificazione basata su una effettiva ripartizione delle risorse, è il primo dato su cui dovrebbe riflettere quella sinistra d’Europa che, con la propria dismissione, ha nutrito le fauci di quelle 60 famiglie che detengono la ricchezza del pianeta e alle quali nessuno sembra voler chiedere i conti.

Le timide misure di emergenza, adottate dal governo italiano dopo tentennamenti e confusione, mostrano infatti la direzione da seguire per i necessari cambiamenti strutturali: contro le gabbie imposte dall’Europa, dai padroni e da quel complesso militare-industriale a guida NATO, pronto a inviare eserciti ma non medicinali.

Le imponenti manovre NATO in Europa, le più importanti da 25 anni, non si fermeranno. Il virus ha solo ridimensionato l’esercitazione Defender Europa 20, che prevedeva il coinvolgimento di 37.000 militari, ma la partecipazione dell’Italia non sarà più così ampia.

A questo riguardo, l’esplosione del coronavirus mostra la profonda debolezza in cui versano, in Europa, i movimenti popolari e le forze di alternativa. Tanto che, paradossalmente, è proprio l’estrema destra – parte attiva nella distruzione dei diritti delle classi popolari – quella che grida più forte, cercando di cavalcare la situazione, stendendo trappole e falsi obiettivi.

Sempre, nel corso della storia, i marxisti hanno cercato di trasformare guerre, crisi e pandemie in occasioni rivoluzionarie. Purtroppo, però, in Europa, manca da tempo una soggettività rivoluzionaria organizzata, capace di orientare le masse anche in questa occasione. Una realtà ulteriormente complicata dalla necessità di contenere il virus isolandosi dagli altri esseri umani.

In una realtà sempre più influenzata dalle reti sociali, è però venuto il momento di dar forma alle energie sopite, messe in moto anche da questa crisi, adattando ai nuovi scenari parole d’ordine per nuovi piani d’azione.

Intanto, c’è un piano di difesa immediato, a fianco di quei popoli che, come il Venezuela e Cuba, soffrono il doppio peso del contagio e quello delle misure coercitive unilaterali, imposte dall’imperialismo USA.

Sanzioni doppiamente criminali per le conseguenze che possono provocare se si continua a impedire al governo bolivariano di acquistare farmaci, alimenti e prodotti igienici, se si continua a fomentare il sabotaggio e la rapina portata avanti in Venezuela dalla banda di Guaidó e dei suoi ladroni.

Anche in Italia non si trovano più disinfettanti e mascherine nei supermercati, oppure questi prodotti si vendono a prezzi speculativi o al mercato nero. A causa del processo di crescente de-industrializzazione e delocalizzazioni, c’è una sola fabbrica che produce i macchinari necessari alle terapie intensive.

Potrebbe intanto essere, questa, un’occasione per capire cosa sta vivendo il popolo venezuelano anche per colpa di quei paesi dell’Europa che hanno dato spago a un truffatore come l’autoproclamato “presidente a interim”, Juan Guaidó, che vorrebbe addirittura il “blocco navale” del suo paese da parte degli USA. Un’occasione per dire No alle sanzioni, sì alla lotta contro un nemico comune.

Per spiegare l’origine del Covid-19, gli scienziati dicono che alcuni virus che risiedono negli organismi di alcune specie di animali selvatici, come in questo caso i pipistrelli, senza provocare loro alcun danno, prendono a migrare negli esseri umani più velocemente. Un fenomeno che esiste dalla notte dei tempi, ma che, dalla metà del secolo scorso, si va accelerando per diverse ragioni: a causa dell’eccessiva prossimità tra questi animali, il cui habitat è stato distrutto dai processi di deforestazione e cementificazione, e gli umani; a causa del gigantesco aumento demografico, della velocità alla quale si spostano da un continente all’altro masse di persone; a causa del cambio climatico e degli allevamenti intensivi.

Nel caso del coronavirus si è parlato di una zuppa di pipistrello ingerita in una remota regione della Cina, Wuhan. Ai pipistrelli si era attribuito anche il contagio dal virus dell’Ebola, scoppiato nell’Africa Occidentale, e quello provocato dalla Sars, che si è trasmesso alla specie umana attraverso lo zibetto, venduto in Cina nei mercati. La vendita, illegale o consentita, di animali selvatici, è infatti un altro dei fattori di diffusione di questi agenti patogeni.

Dati scientifici da leggere in termini di critica strutturale a un modello di sviluppo, devastante e predatore, che fa saltare tutti gli equilibri in nome del profitto e che ora mostra tutta la sua ingovernabile criticità.

A questo, si aggiunge la denuncia espressa in questi giorni dal ministero degli Esteri cinese, che ha invitato il governo Trump a rendere noti i dati sulla diffusione del virus. “Dov’è il paziente zero negli Stati Uniti?”, ha chiesto il ministero, dando ulteriormente forza alla tesi secondo la quale il Covid-19 potrebbe essere stato prodotto in laboratorio dagli USA e da Israele (il quale ha annunciato di essere a un passo dal vaccino), e portato a Wuhan durante gli esercizi militari delle truppe nordamericane.

E, di sicuro, nulla ci si può di certo aspettare dal negazionismo dei falchi del Pentagono, sia rispetto al cambio climatico, sia rispetto alle imprese, che hanno carta bianca per sfruttare senza controllo sia gli operai che l’ambiente. Trump ha anche deciso di tagliare di oltre il 50% il suo contributo all’Organizzazione Mondiale della Sanità, preferendo destinare i fondi di prevenzione scientifica della USAID alla destabilizzazione di Cuba, Venezuela e Nicaragua.

Quella che arriva invece ora dalla Cina e da Cuba, e anche dal Venezuela – che si organizza contro l’arrivo del virus, mettendo al centro la salvaguardia dei settori più vulnerabili, e che sta per mandare a sua volta medici per aiutare l’emergenza in Italia – è una evidente smentita a chi vuol far credere che non esistano alternative al capitalismo. Quella bandiera rossa spuntata dietro i medici cinesi al loro arrivo a Fiumicino, indica che solidarietà non è beneficienza, ma organizzarsi insieme per gli stessi obiettivi, per gli stessi ideali. Perché abbiamo un nemico in comune.