Sul Golpe in Bolivia

pinera moralesdi Roberto Vallepiano

Riceviamo e pubblichiamo

Mentre Evo Morales Ayma stava pronunciando la frase: “il colpo di stato è compiuto” la sua abitazione veniva saccheggiata e distrutta dalle bande criminali dell’estrema destra fiancheggiate nei raid dalla Polizia boliviana.

Hanno profanato la casa del Presidente più amato dal popolo boliviano, scrivendo insulti e frasi oscene sui muri, rubando e fracassando tutto.

Celebrando il tutto con arroganza perversa in diretta Facebook.

Mentre avveniva tutto ciò, mentre Evo stava denunciando al mondo il colpo di stato militare ordito dagli USA, al suo fianco come sempre stava Álvaro García Linera.

Forse la figura di intellettuale più umile, lucida e leale dell’intera America Latina.

Racconto la storia di Álvaro García Linera all’interno del mio ultimo libro I Figli del Vulcano.

La storia di un professore-guerrigliero già ideologo dell’Ejercito Guerrillero Tupak Katari e animatore degli Ayllus Rojos, piccole comunità armate autogestite che sugli altopiani boliviani resistevano alla dittatura ispirandosi al marxismo e al katarismo.

Dopo aver trascorso 13 anni in carcere con l’accusa di ‘Insurrezione contro lo Stato’, Evo Morales Ayma lo volle al sua fianco: prima all’interno del MAS, il Movimento al Socialismo, e poi all’interno del Governo come suo Vicepresidente.

Un uomo vale quanto la sua parola e a Evo lo hanno tradito quasi tutti: funzionari, politici, militari, perfino alcuni poliziotti della sua scorta.

E forse l’infamia più dolorosa: il voltafaccia di Dirigenti e burocrati della COB (Central Obrera Boliviana), il Sindacato più importante del paese, quello da cui proveniva lo stesso Presidente e diversi Ministri del Governo Socialista.

La cifra del tradimento è la sostanza liquida su cui si basa il colpo di stato.

Un fiume di dollari transitato da Washington a La Paz attraverso ONG compiacenti.

Ad alcuni non hanno dovuto neppure dare del denaro, è bastata la promessa di qualche carica di sottogoverno.

Ma non Alvaro García Linera. Con lui non c’hanno neppure provato.

Terminato il discorso presidenziale di addio, ha preso il microfono ed ha semplicemente dichiarato:

“Sono orgoglioso di essere stato Vice Presidente di un indigeno. Continuerò a combattere a fianco di Evo per il socialismo. Per questo nostro Paese plurinazionale ed egualitario” .

García Linera ha 57 anni. Durante la detenzione fu torturato e sottoposto a lunghi mesi di isolamento.

Non sono mai riusciti a piegarlo, all’epoca come oggi.

Durante un’intervista gli chiesero se non ambisse alla Presidenza della Bolivia.

Lui rispose: “La stragrande maggioranza dei boliviani sono indigeni. Perché dovrebbe governare un bianco? Il capitalismo è razzismo”.