In Venezuela come in Cile, Libia e Ucraina: l’imperialismo non cambia il copione

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Traduzione di Marx21.it

La scalata delle aggressioni diplomatiche, economiche e mediatiche contro la Rivoluzione Bolivariana è la stessa promossa contro la Libia, l’Ucraina e negli anni 70 contro il Cile.

La guerra narrativa guidata dalle transnazionali mediatiche, negli esempi citati e ora contro il paese caraibico, è stata costruita in base alla tesi dello Stato fallito e reietto come scusa per legittimare un intervento armato e il cambiamento del governo.

Finanziate e pianificate all’estero, le azioni di destabilizzazione in ogni paese sono state messe in pratica da partiti politici, settori accademici ed ecclesiastici filo-imperialisti, oppositori dei governi locali.

La richiesta di Richard Nixon al suo segretario di Stato, Henry Kissinger, di “far urlare l’economia cilena”, per stroncare il governo socialista di Salvador Allende, sembra ripetersi anche oggi.

Il presidente Donald Trump ha minacciato in questi giorni di applicare “misure economiche forti e rapide” contro il Venezuela se sarà realizzata l’Assemblea Nazionale Costituente.

Secondo la versione mediatica della “Rivoluzione Arancione” in Ucraina, sarebbe stata la pressione dei “giovani universitari e studenti delle secondarie” a rovesciare il presidente Viktor Janukovich per la sua opposizione all’Accordo di  Associazione e Libero Commercio con l’Unione Europea. I governi più influenti avevano accusato Kiev di attaccare i manifestanti.

Documenti dell’epoca avevano affermato che “nelle manifestazioni si osservava l’uso sempre più generalizzato di mezzi di protezione come caschi, giubbotti e persino scudi”. Nelle ultime settimane tutte le proteste erano sfociate in scontri.

In Venezuela, il cosiddetto “esercito templare” si è formato nell’immaginario costruito nelle reti sociali, soprattutto da parte di giovani che lotterebbero contro la “dittatura” che li opprime. Gli assedi a installazioni militari e i crimini di odio sono giustificati e spacciati come “autodifesa”.

I simboli e l’applicazione del manuale del “golpe morbido” di Gene Sharp, in Ucraina e in Venezuela, sono scandalosamente simili.

Il punto di svolta del conflitto in Libia, che si è concluso con l’assassinio di Muammar Gheddafi, è rappresentato dalla creazione del Consiglio Nazionale di Transizione (CNT) formato da politici dell’opposizione servili verso Washington ed ex funzionari di alto livello del governo rovesciato. Prima di allora, la crisi era stata acutizzata da una rivolta violenta di diversi giorni a Bengasi, zona in mano all’opposizione, e dalla denuncia che le forze armate avevano attaccato i manifestanti pacifici.

La coalizione antichavista riunita nella “Tavola di Unità Democratica (MUD)” ha annunciato la formazione di un governo parallelo dopo avere organizzato una consultazione interna tipo plebiscito, in cui simbolicamente il “popolo” avrebbe tolto legittimità al governo democratico di Nocolas Maduro e alle sue istituzioni.

Freddy Guevara, vice presidente dell’Assemblea Nazionale (AN) e coordinatore del partito Volontà Popolare il 18 luglio su twitter ha sostenuto di non rappresentare uno Stato parallelo, ma che “siamo lo Stato Costituzionale”.

Lo stesso presidente dell’Assemblea Nazionale, Julio Borges, aveva già annunciato l’appello a “giurare” ai nuovi membri del Tribunale Supremo di Giustizia e del Consiglio Nazionale Elettorale.

L’opposizione venezuelana non ha ancora deciso quale nome dare al “nuovo governo” parallelo che sta cercando di installare. Fino ad ora i suoi portavoce hanno fatto riferimento a un governo di unità nazionale o a un governo di transizione.

Il presidente Maduro ha avvertito che “l’imperialismo si è proposto di provocare un’ondata di emozione e di sfruttarla per rovesciare il governo legittimo e imporre una giunta di transizione”.