L’Argentina a un bivio

di Luis Carapinha | da www.avante.pt

argentina bandieraTraduzione di Marx21.it

Un anno dopo la chiara vittoria elettorale che ha permesso il rinnovo del mandato della presidente Cristina Fernandéz Kirchner (CFK), l’Argentina si trova di fronte a un incrocio. Sotto l’impatto della crisi del capitalismo la crescita economica perde vigore e il governo di Buenos Aires vede restringersi gli spazi di manovra per l’adozione di misure redistributive che non entrino frontalmente in rotta di collisione con gli interessi dei grandi gruppi economici. Lo spettro dell’alta inflazione e dell’austerità ritorna a far la sua comparsa in un paese che si è ripreso solo parzialmente dal disastro capitalista del 2001, dopo anni di ricette neoliberiste dure e pure, in ossequio alla linea del FMI e ai dettami dell’allora Consenso di Washington. Nelle ultime settimane l’agitazione sociale e politica è sfociata nelle strade con manifestazioni e contro-manifestazioni.

Nella contestazione alla presidente e al kirchnerismo, la corrente più avanzata all’interno del partito peronista che è arrivata al potere nel 2003 attraverso l’ex presidente, Nestor Kirchner, scomparso nel 2010, confluiscono forze e settori diversi che vanno dall’opposizione di destra (compresa quella all’interno del peronismo) e della socialdemocrazia all’estrema sinistra. Con le centrali sindacali CGT e CTA divise e in parte cooptate, i rappresentanti del capitale assumono demagogicamente la “difesa” delle rivendicazioni dei lavoratori, come è accaduto nello sciopero generale del 20 novembre, sperando così che questo aiuti a portare acqua al loro mulino.

Il complesso quadro argentino mette in evidenza che la controffensiva degli USA in America Latina punta fortemente sul Cono Sud per potere rovesciare i rapporti di forza, bloccare i vari processi di cooperazione e integrazione latinoamericana che sfidano il suo dominio, come UNASUR, MERCOSUR, ALBA e CELAC, e liquidare i processi progressisti e rivoluzionari in corso. E mentre scommette sulla destabilizzazione argentina e sulla marcia indietro della politica latinoamericana di Buenos Aires – che ha respinto il FMI e ha scavato la fossa ad ALCA -, il golpe perpetrato in Paraguay e le minacce militari rappresentate dalla riattivazione della IV Flotta degli USA e dall’installazione di basi in America del Sud sono tasselli del medesimo puzzle. Si aggiungono l’occupazione da parte di Londra delle isole Malvine dell’Argentina, che in questi giorni compie 180 anni, e la dislocazione di moderni mezzi militari e il funzionamento nel territorio delle Malvine di una base militare della NATO, in violazione della risoluzione dell’ONU sul mantenimento dell’Atlantico del Sud quale zona di pace e cooperazione.

Rafael Correa, presidente dell’Ecuador, alcuni giorni fa ha sostenuto che le avanzate progressiste degli ultimi anni in America Latina non sono irreversibili.

In Argentina, in seguito della discesa nell’abisso del 2001, sono state avviate politiche di sovranità, sono state aperte le porte a una svolta verso l’integrazione e la cooperazione regionali e adottate misure di contenuto sociale, importanti sebbene insufficienti. La rottura con il FMI e la conseguente ristrutturazione del colossale debito estero argentino sono considerate da alcuni la maggiore espropriazione sofferta dal capitale finanziario su scala mondiale. L’Argentina è l’unico paese sud americano dove gli sgherri della dittatura militare (1976-83) sono stati giudicati e condannati, compreso il generale Videla. I processi proseguono e in questi giorni è stata pronunciata la condanna del primo funzionario civile della dittatura. Nel primo anno dalla sua elezione, CFK ha nazionalizzato l’impresa petrolifera YPF e sta cercando di applicare una nuova Legge contro la concentrazione nei media. Tuttavia, l’aggravamento della contestazione sociale e delle contraddizioni all’interno del peronismo, la pressione degli interessi della grande borghesia argentina alleata delle potenze imperialiste, indicano l’esaurimento delle misure progressiste del ciclo kirchnerista. Per i comunisti argentini, che pur conservando la loro base indipendente appoggiano il governo di CFK, la grande sfida è o avanzare sulla strada dell’approfondimento dei cambiamenti strutturali o rassegnarsi alla “restaurazione” richiesta dagli interessi dell’oligarchia.