Le sfide di fronte a Sudafrica, Zimbabwe, Angola e Mozambico

africa personedi Carlos Lopes Pereira

da “Avante!”, Settimanale del Partito Comunista Portoghese

Traduzione di Marx21.it

In Africa Australe sono in corso sviluppi della situazione in alcuni paesi dove si vivono vecchi problemi e sorgono nuove sfide. In Sudafrica, l’ANC (Congresso Nazionale Africano) ha eletto un nuovo leader, Cyril Ramaphosa, con il compito di unire il partito, salvaguardare l’alleanza con il Partito Comunista Sudafricano e la COSATU (centrale sindacale affiliata alla Federazione Sindacale Mondiale) e conquistare nel 2019 la presidenza della Repubblica. Nello Zimbabwe, dimessosi Robert Mugabe, il nuovo presidente del paese e dello ZANU-PF, Emmerson Mnangagwa, sta cercando di rivitalizzare l’economia e riconquistare la fiducia popolare. In Angola, il presidente João Lourenço ha iniziato il suo mandato e intende, con l’MPLA “migliorare ciò che funziona e correggere ciò che è sbagliato”. In Mozambico il governo del FRELIMO lavora per consolidare la pace e lo sviluppo.


In Sudafrica il Congresso Nazionale Africano (ANC) ha eletto un nuovo presidente, Cyril Ramaphosa, che promette di accelerare la “trasformazione radicale dell’economia”, a favore della maggioranza del popolo, e combattere la corruzione.

Parlando alla fine della 54° Conferenza Nazionale dell’organizzazione, che si è tenuta dal 16 al 20 dicembre, a Johannesburg, di fronte a 5.000 delegati, Ramaphosa si è rallegrato per il fatto che il partito abbia mantenuto la sua unità, nonostante le vivaci discussioni tra le fazioni. “Siamo ancora qui, 106 anni dopo [la fondazione del movimento, nel 1912), siamo vivi, il paese avanza, intendiamo continuare”, ha affermato.

In una dura competizione elettorale, il nuovo presidente ha sconfitto con meno di 200 voti la principale avversaria, Nkosozana Dlamini-Zuma, ex moglie del presidente della Repubblica, Jacob Zuma.

La Conferenza Nazionale ha eletto il Comitato Nazionale Esecutivo e i principali sei dirigenti: oltre il presidente, il vice presidente (David Mabuza), il segretario generale (Ace Magashule), la vice segretaria generale (Jesse Duarte, rieletta), il coordinatore nazionale (Gwede Mantashe, ex segretario generale) e il tesoriere ( Paul Masatile).

Ramaphosa, ex dirigente sindacale minerario di 65 anni, collaboratore di Mandela e, in seguito, imprenditore, è il vice presidente del Sudafrica e ora sostituisce Zuma alla testa dell’ANC, la forza che governa il paese dal 1994, dopo la fine dell’apartheid. Nel 2019 sarà candidato alla presidenza alle elezioni generali e cercherà, fino a quel momento, di creare le condizioni per riconfermare la vittoria dell’alleanza progressista formata dall’ANC, dal Partito Comunista Sudafricano (SACP) e dalla centrale sindacale COSATU.

Il Sudafrica, una delle maggiori economie del continente, sta affrontando una crisi persistente, con una crescita anemica e un tasso elevato di disoccupazione. Ventitré anni dopo il crollo del regime razzista e l’arrivo al potere della maggioranza, persistono nel paese la povertà e profonde disuguaglianze sociali, nonostante i progressi economici e sociali realizzati. Settori economici fondamentali, come l’industria mineraria, continuano ad essere sfruttati dalle multinazionali straniere e la terra appartiene, in larga misura, al capitale “bianco”.

Appoggiato dal SACP e dalla COSATU, Ramaphosa ha assicurato che lavorerà per la trasformazione radicale dell’economia, la creazione di più posti di lavoro e l’accesso della maggioranza alle ricchezze del paese. Ha sostenuto la necessità di una riforma agraria e della confisca delle terre usurpate ai loro legittimi proprietari, e che richiederà modifiche costituzionali. E comprende che, contrariamente alle previsioni, la 54° Conferenza Nazionale ha rappresentato una vittoria e che l’ANC ne è uscita “rafforzata, ringiovanita e unita”.

Una questione si apre, secondo i media sudafricani: è sapere se Zuma, indagato dalla Giustizia per presunti casi di corruzione, rimarrà alla presidenza fino alla fine del mandato o cederà il passo a Ramaphosa prima della battaglia elettorale del 2019.

Zimbabwe: lotta per la risoluzione di nuovi e vecchi problemi

Nello Zimbabwe, che si trova ad affrontare una situazione economica difficile, la lotta alla corruzione e lo sviluppo economico sono al centro della preoccupazione dei nuovi dirigenti.

Nel primo grande discorso alla nazione, dopo che, il 21 novembre, i militari avevano costretto Robert Mugabe a dimettersi dalla leadership del paese, dopo 37 anni, il presidente Emmerson Mnangagwa ha promesso “tolleranza zero” ai corrotti che minano la crescita economica.

“La corruzione è all’origine di alcuni dei problemi che il paese deve affrontare e il suo effetto ritardante nello sviluppo nazionale non può essere minimizzato”, ha detto ai membri del parlamento, ad Harare. E ha avvertito che ogni caso di corruzione sarà indagato e e punito in accordo con la legge, non essendoci “vacche sacre” intoccabili.

Le autorità dello Zimbabwe garantiscono che faranno di tutto perché le elezioni dell’agosto 2018 siano credibili, libere e giuste.

Nel primo trimestre dell’anno sarà annunciato un programma di riforme economiche e, per la fine di febbraio, è stata concessa un’amnistia per coloro che intendano far ritornare nello Zimbabwe fondi deviati dalle casse pubbliche. E non è un caso che il primo viaggio all’estero del presidente Mnangagwa sia stato in Sudafrica, su invito del suo omologo, Jacob Zuma, volto a rafforzare la cooperazione tra i due stati, in particolare per il recupero dell’economia dello Zimbabwe, “che ha subito sanzioni e problemi per molti anni”.

Si è tenuto, nel frattempo, il 15 dicembre ad Harare, sul tema “Unità, Pace, Sviluppo”, il congresso straordinario dello ZANU-PF (Unione Nazionale Africana dello Zimbabwe – Fronte Patriottico), il partito della lotta per l’indipendenza, insieme allo ZAPU, di Joshua Nkomo.

I congressisti hanno confermato la destituzione di Mugabe, di 93 anni, dalla guida del partito, hanno designato Mnangagwa come primo segretario e lo hanno nominato candidato alla presidenza.

Intervenendo al congresso, Mnangagwa, che si è presentato come il presidente di uno Zimbabwe “unito e non razziale” e di tutti i suoi cittadini, ha affermato che, negli ultimi tempi, il partito era stato “catturato” dalla fazione G40, guidata da Grace Mugabe. Per questo, diventa imperativo che lo ZANU-PF si riorganizzi come “il partito che rappresenta il futuro della nazione”, tornando alle origini per riconquistare la fiducia del popolo. E rivolge un appello ai militanti: “Non dobbiamo essere il partito del passato, dobbiamo essere il partito per il futuro, il partito per la prosperità delle future generazioni”.

Angola: migliorare ciò che funziona e correggere ciò che è sbagliato

Dopo le elezioni dell’agosto 2017, che hanno dato un’ampia vittoria al MPLA, e dell’entrata in funzione alla fine di settembre, del nuovo presidente della Repubblica, João Lourenço, e del suo governo, le autorità dell’Angola stanno attuando una serie di misure con l’obiettivo di migliorare la situazione economica e recuperare l’alto tasso di sviluppo.

Il paese, il cui PIL era regredito dello 0,7% nel 2016, cresce dell’1,9% nel 2017 e continuerà a crescere fino al 2,7% nel 2019.Inizierà così a superare la crisi economica, finanziaria e dei cambi risultante, dal 2014, dal calo di metà dei ricavi realizzati con la vendita del petrolio, che rappresentava più del 95% delle esportazioni angolane.

E’ naturale, all’inizio di un nuovo mandato, che il governo angolano stia attuando misure per diversificare e recuperare l’economia. Sono stati cambiati dirigenti e gestori di imprese pubbliche – dalla comunicazione sociale al petrolio e ai diamanti, dai trasporti, porti e aeroporti all’acqua e all’elettricità -, delle banche, delle forze armate, di polizia e della sicurezza, di settori dello Stato, dalla Giustizia alle Finanze.

Con un’iniziativa destinata a combattere la fuga dei capitali, João Lourenço ha annunciato che il governo concederà, all’inizio del 2018, una grazia per favorire il rimpatrio dei capitali e il loro investimento in Angola. I cittadini che ricorreranno a questo “periodo di grazia” non saranno perseguiti dalla giustizia e neppure interrogati sui motivi per cui hanno collocato denaro all’estero.

Si tratta in questo caso, come si afferma e a quanto pare con ampia simpatia popolare, di moralizzare la società con una “battaglia seria” a pratiche che ledono l’interesse pubblico.

A sostegno di queste misure, l’MPLA – di cui è presidente José Eduardo dos Santos, già presidente della Repubblica per 38 anni, e vice presidente João Lourenço, l’attuale capo dello Stato – ha organizzato a Luanda un seminario sulla lotta alla corruzione, al nepotismo e al riciclaggio di capitali. Il suo svolgimento è stato “un segnale chiaro della volontà politica e determinazione” del partito dell’indipendenza “di condurre una vera e propria crociata contro la corruzione, il nepotismo, i favoritismi in tutte le sfere e a tutti i livelli” della società angolana.

Una dichiarazione dell’Ufficio Politico dell’MPLA, in occasione del suo 61° anniversario, il 10 dicembre, indica che il partito, attraverso il governo, utilizzerà la “strada che gli angolani gli hanno indicato”, con una chiara vittoria elettorale, “per migliorare ciò che funziona e correggere ciò che è sbagliato, per combattere la corruzione, per rafforzare lo Stato democratico di diritto, per diversificare l’economia, in breve, per migliorare la qualità della vita dei cittadini”.

Mozambico: alla ricerca della pace e del progresso

La situazione in Mozambico è “ricca di sfide ma incoraggiante”, ha affermato il presidente Filipe Nyusi, in un recente discorso sullo stato della nazione.

Il completamento della tregua, in vigore dalla fine del 2016, tra le forze governative e il “braccio armato” della RENAMO, è una delle buone notizie del 2017. “Il Mozambico sta vivendo un momento di stabilità, perché siamo riusciti a riportare la pace e l’armonia nella famiglia mozambicana”, ha detto con soddisfazione il presidente della Repubblica e leader del FRELIMO.

Nyusi ha confermato la continuazione dei colloqui tra il governo e la RENAMO, spiegando che le due parti stanno negoziando un pacchetto legislativo sul decentramento, da presentare al parlamento, e sulla smobilitazione dei guerriglieri e la loro integrazione nelle forze armate e di sicurezza mozambicane.

I negoziati, segreti, si sono svolti con la mediazione di diplomatici di diversi paesi, tra cui gli Stati Uniti e la Svizzera, e Nyusi – che sarà il candidato presidenziale del FRELIMO nelle elezioni del 2019 – ha contatti e ha incontrato almeno una volta il leader della RENAMO, Afonso Dhlakama, nel suo rifugio a Gorongosa.

Nel 2016, il paese è cresciuto del 3,8%, il tasso più basso degli ultimi 10 anni, e il Fondo Monetario Internazionale calcola, per il 2017, che il PIL aumenti solo del 3%.

Nonostante l’enorme potenziale economico del Mozambico – si prevede che nei prossimi anni cominci ad essere sfruttato il gas naturale nel bacino di Rovuma, nel nord, da compagnie statunitensi come Anadarko ed ExxonMobile – la situazione finanziaria è problematica.

Il FMI e altri “partner internazionali di supporto programmatico” hanno sospeso il finanziamento dello Stato mozambicano in conseguenza del debito contratto da tre imprese pubbliche e garantito dal governo, tra il 2013 e il 2014, e che non era incluso nella statistica del debito dei paesi membri diffusa dall’istituzione finanziaria internazionale, situazione che il governo attuale sta cercando di risolvere. Ma, come afferma il presidente Nyusi, “i mozambicani sanno resistere e, nonostante tutto, non si arrendono, affrontano le avversità”.

Le strategie dell’imperialismo in Africa Australe

E’ chiaro che oggi si conservano in Africa Australe le strategie di destabilizzazione dell’imperialismo allo scopo di rimuovere dal potere le forze che hanno guidato la lotta di liberazione nazionale e che, dopo l’indipendenza, non rinunciano ad affermare la sovranità dei loro stati e il diritto dei loro popoli al progresso.

Strategie che passano attraverso costanti ingerenze, l’approfondimento delle contraddizioni, l’aggravamento dei problemi – molti ereditati dal colonialismo e dalla lunga dominazione straniera –, l’imposizione di pressioni e ricatti, l’istigazione di divisioni e conflitti, lo scatenamento di guerre,  gli interventi militari.

Gli sviluppi recenti in alcuni paesi del Sud del continente africano, con l’emergere di nuove leadership e la chiara assunzione di provvedimenti contro la corruzione e le disuguaglianze, riflettono la volontà dei lavoratori e dei popoli di intensificare le lotte per la sovranità, lo sviluppo economico e il progresso sociale, nel quadro della lotta contro l’imperialismo.