Si intensifica la presenza militare USA in Africa

soldati usa cargodi Carlos Lopes Pereira | da www.avante.pt

Traduzione di Marx21.it

Nel quadro della loro strategia imperiale di crescente interventismo militare in Africa, gli Stati Uniti installeranno una seconda base militare nel Niger.

Secondo il Washington Post, il presidente nigerino, Mamadu Issufu, ha dato il suo consenso dopo il vertice USA-Africa, in agosto, nella capitale nordamericana, in una riunione con il sottosegretario della Difesa, Robert Work, e il comandante di Africom, generale David Rodriguez.

Jeune Afrique fornisce maggiori dettagli. Rivela che diversi mesi fa si sono svolti negoziati per la creazione di una nuova base militare, ad Agadez, nel centro-nord, poiché i nordamericani vogliono “essere più vicini alle zone sorvolate dai loro droni”.

E’ dal gennaio 2013 che gli USA utilizzano Niamey, dove hanno dislocato 120 “specialisti” militari, come base degli aerei non pilotati. Gli apparecchi, che possono essere armati con missili, hanno come missione quella di vigilare sulle zone desertiche di frontiera con il Mali, l’Algeria e la Libia, “dove proliferano i terroristi” islamisti. L’aeroporto nigerino è anche utilizzato dai droni francesi, nel quadro dell’intervento in Mali.

Il Niger, nel cuore della regione sahel-sahariana, confina con quei tre paesi e anche con Ciad, Benin e Burkina Faso. E pure con la Nigeria, che è scenario di instabilità militare. Nel nord-est nigeriano, il gruppo ribelle Boko Haram ha lanciato la “guerra santa” contro il governo centrale e ha proclamato l’esistenza di un califfato islamico. Con il pretesto della lotta alla setta, e su richiesta delle autorità di Abuja, gli USA hanno inviato “consiglieri” militari e della sicurezza in Nigeria e nel vicino Ciad.

In aggiunta alla sua collocazione strategica, il Niger è ricco di uranio, sfruttato dalla multinazionale francese Areva, uno dei giganti mondiali dell’industria nucleare. Non è quindi sorprendente che accolga due basi aeree straniere, una franco-americana, a Niamey, e l’altra, ad Agadez, nordamericana. E che mantenga diversi tipi di “cooperazione” con gli USA: è da 10 anni che il Pentagono organizza regolarmente in questo paese l’esercitazione militare Flintlock. Nel 2014, vicino a Tahoua e ad Agadez, mezzo migliaio di istruttori occidentali, tra i quali 350 “berretti verdi” nordamericani, hanno addestrato 600 soldati nigerini, nigeriani e ciadiani.

Terrorismo” e ebola

Ci sono altre notizie recenti che confermano l’aumento del bellicismo imperialista degli USA in tutta l’Africa, con il pretesto della “guerra al terrorismo” e degli “aiuti umanitari”.

Sulla costa orientale, nelle vicinanze di Mogadiscio, la capitale somala, un’operazione nordamericana di cui si conoscono pochi particolari, ha liquidato poco tempo fa il capo dei ribelli islamisti “shebab”, Ahmed Abdi “Godane”. Questo gruppo, accusato di essere legato ad Al-Qaeda, ha rivendicato attentati in Somalia, Gibuti, Kenya e Uganda. Truppe keniote e ugandesi partecipano a Amisom, la forza di “pace” dell’Unione Africana in territorio somalo.

In Africa Occidentale, dove soprattutto tre paesi – Liberia, Guinea Conakry e Sierra Leone – stanno affrontando l’epidemia di ebola, che già ha causato quasi tremila morti, gli USA hanno trasportato con un ponte aereo tecnici della sanità, ospedali da campo… e tremila soldati.

Rispondendo all’appello dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, vari stati, tra cui Cina, Cuba e Germania, hanno inviato medici, infermieri, equipaggiamento sanitario.

Ma gli USA hanno una propria strategia, annunciata dal presidente Barack Obama, in un discorso pronunciato al Centro di Controllo e Prevenzione delle Malattie, ad Atlanta. Su “richiesta” del governo della Liberia, il Pentagono ha creato “un centro di comando militare” a Monrovia, la capitale liberiana, e un punto di appoggio a Dakar (Senegal) in una operazione capeggiata dal generale Darryl Williams, di Africom.

Secondo il New York Times, Obama considera la lotta contro l’epidemia di ebola una priorità della sicurezza nazionale. Washington prevede di spendere nei prossimi sei mesi 750 milioni di dollari nell’operazione. La presenza di truppe sul terreno è giustificata dalla necessità di costruire unità di isolamento e garantire la sicurezza del personale medico internazionale coinvolto nella lotta all’epidemia.

Le istituzioni militari statunitensi danno grande importanza allo studio delle epidemie, utilizzandolo nel quadro della lotta agli effetti del “bioterrorismo” e delle “armi di distruzione di massa”. In questo campo, scienziati e veterani di guerra da molto tempo denunciano la realizzazione di sperimentazioni segrete su soldati (come il test dei vaccini non approvati), ad esempio, durante la I Guerra del Golfo, contro l’Iraq, nel 1990/91.