La Guinea Bissau sulla strada del futuro

guineabissauda “Avante” | Traduzione di Marx21.it

La Guinea Bissau ha iniziato un ciclo di di governo segnato dalla ricerca di più vasti consensi politici allo scopo di rafforzare l’unità nazionale risolvere i gravi problemi del paese.

Due anni dopo il colpo di Stato militare del 12 aprile 2012, le recenti elezioni amministrative e presidenziali realizzate sotto l’egida della comunità internazionale hanno legittimato il nuovo potere e dato un’ampia vittoria allo storico PAIGC (Partito Africano per l’Indipendenza della Guinea e Capoverde).

Nonostante la conquista nelle urne di una confortevole maggioranza parlamentare e l’elezione alla presidenza della Repubblica del suo candidato, il partito dell’indipendenza ha scelto di formare un governo “inclusivo”.

Il leader del PAIGC e primo ministro, Domingos Simões Pereira, ha costituito il suo gabinetto con 16 ministri e 15 segretari di Stato, tra cui responsabili del suo partito, indipendenti e dirigenti di diverse formazioni politiche. Il Partito del Rinnovamento Sociale, la seconda forza parlamentare, come pure altri piccoli gruppi, sono rappresentati nella squadra di governo, che combina quadri “politici” e “tecnocrati”, alcuni con esperienza governativa.

Con le casse pubbliche vuote, dopo due caotici anni di “transizione”, i nuovi governanti hanno compiti immediati: pagare i salari ai lavoratori della funzione pubblica – ci sono ritardi di sei mesi -, normalizzare il funzionamento di ospedali e scuole, assicurare l’approvvigionamento di acqua ed elettricità alla popolazione.

Cercando di ottenere aiuti urgenti, tanto Domingos Pereira quanto il presidente José Mário Vaz hanno stabilito nelle ultime settimane contatti con i paesi vicini e della regione (Senegal, Guinea-Conakry, Capo Verde, Gambia, Burkina Faso, Nigeria e altri membri della Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale, la Cedeao, che mantiene un contingente militare di duemila soldati e poliziotti in Guinea Bissau). E anche con gli altri paesi africani lusofoni, dopo che si è svolto a Luanda un vertice dei PALOP (Paesi Africani di Lingua Ufficiale Portoghese), organizzazione che è “riapparsa”, al pari della CPLP (Comunità dei Paesi di Lingua Portoghese), che raggruppa anche Portogallo, Brasile, Timor e, ora, Guinea Equatoriale.

Allo stesso modo, l’organizzazione panafricana degli stati, l’Unione Africana, il cui 23° vertice si è svolto precisamente a Malabo, capitale della Guinea Equatoriale, è tornata ad accogliere nel suo seno la Guinea Bissau, sospesa dopo il colpo di stato.

La lotta all’impunità

Se i problemi finanziari ed economici della Guinea Bissau sono enormi, anche con gli appoggi promessi da alcuni paesi africani amici – l’Angola, per esempio, è interessata a riprendere i progetti di sfruttamento della bauxite, nell’Est, e della costruzione di un porto di acque profonde a Buba, nel Sud -, la riforma dei settori della difesa e della sicurezza rappresenta una questione cruciale.

I comandi militari che hanno spodestato nel 2012 il governo dell’allora primo ministro Carlos Gomes Júnior, al momento anche candidato presidenziale, rimangono intoccabili. Anche il generale António Indjai, leader del golpe, ha assistito all’insediamento del nuovo presidente della Repubblica e, a Bissau, si preoccupa che la “comunità internazionale” e i paesi amici possano finanziare la riforma dei generali e degli ammiragli e la ristrutturazione delle sovradimensionate forze armate della Guinea Bissau.

E, forse non a caso, l’incarico della Difesa del governo appena insediato è stato affidato a Cadi Mané, una medico militare che tenterà, perlomeno, di conservare relazioni istituzionali con la cupola delle forze armate, “obbligate” a sottomettersi al potere civile.

Nonostante le gigantesche sfide che stanno di fronte al PAIGC, di nuovo alla guida dei destini della patria di Amílcar Cabral, i nuovi dirigenti sono ottimisti.

Il paese un poco più grande del [portoghese] Alentejo, con un milione e mezzo di abitanti e un’enorme diversità culturale, ha risorse naturali (bauxite, eventualmente petrolio, terre e fiumi per l’agricoltura, mari ricchi di pesce), può scommettere sul turismo, possiede buoni quadri tecnici, di cui una parte vive nella diaspora ed è desiderosa di ritornare.

Domingos Pereira, di 50 anni, considerato un buon amministratore, ha formato un governo di largo consenso – il rafforzamento dell’unità nazionale è fondamentale in uno Stato segnato da colpi di stato, una guerra civile, assassinii, tensioni etniche, e promette di lavorare per il bene comune, per l’interesse pubblico, nel rispetto della legalità. Ma ha già avvisato che non tollererà “insubordinazioni e impunità” e ha annunciato la lotta senza tregua “a tutte le forme di corruzione, di uso indebito dell’erario pubblico e del patrimonio pubblico, del traffico illegale e degli altri crimini”, ragion per cui ha fatto appello ai guineani desiderosi di partecipare alla “trasformazione sociale” della Guinea Bissau, sulla strada di un futuro di pace e prosperità.