Uno stato marxista orientale per eccellenza: una recensione del libro di A.B. Abrams’ Immovable Object: North Korea’s 70 Years at War with American Power

coreadi Stephen Gowans

da https://gowans.blog

Traduzione di Marco Pondrelli per Marx21.it

Alla vigilia della prima guerra mondiale, e per molti anni ancora, la maggior parte dell’umanità era in balia di una manciata di grandi potenze: Gran Bretagna, Francia, Russia e le nascenti potenze di Stati Uniti, Giappone e Germania. Queste nazioni autoproclamate elette e sedicenti modelli per l’umanità, godevano di una prosperità senza pari come prodotto della loro spoliazione spietata dei nove decimi dell’umanità, resa possibile dalla loro supremazia militare e industriale.

In Asia orientale, i francesi violentarono l’Indocina; gli inglesi saccheggiarono il Borneo, la Malesia, il Siam e Hong Kong; il Giappone tenne Taiwan, la Corea e la Manciuria in soggezione coloniale; gli Stati Uniti colonizzarono le Filippine e Guam; i Paesi Bassi saccheggiarono l’Indonesia; i portoghesi schiavizzarono Macao e Timor Est; e la Cina, come osservò Sun Yat-sen, fu sfruttata da tutti.

La prima guerra mondiale – la Weltkrieg, o guerra mondiale, come la chiamavano i tedeschi – segnò l’inizio della fine del periodo colombiano, quell’era segnata dal saccheggio del mondo da parte dell’Europa e delle sue propaggini, iniziata con i viaggi di Colombo nelle Americhe alla fine del XV secolo e continuato fino ad oggi. La dominazione di oltre 500 anni su Asia, Africa e America Latina da parte dell’Occidente è stata giustamente chiamata “Il Reich dei 500 anni”, un’allusione all’identità delle pratiche utilizzate dai nazisti con quelle dei loro predecessori e contemporanei, non solo della Germania, ma anche delle altre “nazioni modello”. Queste pratiche comprendevano la metodologia del colonialismo. Utilizzate da Spagna, Portogallo, Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti, Italia e Giappone al di fuori dell’Europa, divennero il paradigma dei nazisti, il cui grande crimine agli occhi dei loro rivali fu che, per dirla con Sven Lindqvist, essi fecero nel cuore dell’Europa ciò che fino ad allora era stato fatto solo nel cuore dell’Africa, dell’Asia e delle Americhe. Il razzismo, il genocidio, l’espropriazione e la sottomissione coloniale al di fuori della metropoli erano accettabili nelle capitali dell’Europa occidentale e del Nord America, ritenuti necessari e inevitabili, persino esaltati, ma divennero grandi iniquità solo quando i nazisti li hanno inflissero all’Europa.

Oggi, quasi la metà della ricchezza mondiale è controllata dal 10% della popolazione che costituisce i paesi del G7, mentre l’altra metà è condivisa dai restanti nove decimi. L’abisso che divide l’Est dall’Ovest si è notevolmente ridotto con l’ascesa della Cina orchestrata dal Partito Comunista, un fenomeno riconducibile in ultima analisi a quello che Domenico Losurdo sosteneva essere l’evento segnale della Weltkrieg.

La guerra mondiale del 1914-1918 fu molte cose, ma tra queste fu “una guerra tra due gruppi della borghesia imperialista per la divisione del mondo, per la divisione del bottino, e per il saccheggio e lo strangolamento delle nazioni piccole e deboli”, come disse Lenin. Lenin chiedeva l’unità dei lavoratori delle nazioni “modello”, per emancipare non solo il loro lavoro dallo sfruttamento della borghesia, ma anche per liberarsi dalla guerra di sterminio industriale che la borghesia stava compiendo su di loro. Allo stesso tempo, il leader bolscevico chiedeva l’unità tra i lavoratori dell’Occidente e i popoli oppressi di India, Cina, Corea, Indocina e altrove, contro il loro comune oppressore, la borghesia metropolitana. Allargando la bussola del marxismo, i bolscevichi estesero il grido di battaglia di Marx ed Engel del 1848 “Lavoratori del mondo unitevi!” a “Lavoratori del mondo e popoli oppressi, unitevi!

Questo orientamento più ampio, insieme al successo dei bolscevichi nell’usare lo Stato e il patriottismo per mobilitare la popolazione russa contro l’intervento delle “nazioni modello” nella guerra civile russa del 1919-21, ispirò nazionalisti rivoluzionari come Mao Zedong, Ho Chi Minh e Kim Il Sung, inaugurando un movimento per porre fine al Reich dei 500 anni.

La guerra mondiale, e la rivoluzione bolscevica che nacque dal suo grembo, ebbe effetti generalmente positivi nell’Est. Il pedaggio della guerra indebolì la presa delle nazioni sfruttatrici sui popoli che sfruttavano, mentre l’esempio bolscevico fece precipitare la rivoluzione anticoloniale in Oriente. Si sviluppò un marxismo orientale che rispondeva ai bisogni dei popoli coloniali di superare la loro dipendenza e raggiungere la sovranità politica ed economica. I nazionalisti rivoluzionari avrebbero fatto buon uso del patriottismo, dello stato e dell’industria per raggiungere la sovranità politica e l’indipendenza economica, così come per proteggere i risultati acquisiti dagli incessanti sforzi dei leviatani imperialisti per rovesciarli.

Al contrario la Weltkrieg fu una catastrofe in Occidente e il marxismo occidentale si sviluppò per riflettere l’esperienza della guerra in Europa. Mentre i nazionalisti rivoluzionari dell’Est imbrigliavano il patriottismo nel progetto di liberazione nazionale, i marxisti dell’Ovest evitavano la devozione nazionale come un sotterfugio borghese usato per dividere il proletariato lungo linee nazionali. All’Est i marxisti vedevano la violenza come un mezzo di liberazione e l’esercito come uno strumento per difendere le conquiste rivoluzionarie nazionali. In Occidente, gli orrori della guerra hanno avvelenato i marxisti verso la violenza e l’esercito. I marxisti d’Oriente vedevano lo Stato come il mezzo per organizzare lo sviluppo economico e come uno strumento di repressione da impiegare spietatamente nella difesa delle conquiste rivoluzionarie nazionaliste. I marxisti dell’Occidente vedevano lo Stato con sospetto, un motore di oppressione di classe, che era stato usato contro di loro.

Ogni forma di marxismo rappresentava un insieme di soluzioni proposte ai problemi di emancipazione presenti in un tempo e luogo specifici. In Oriente, la questione centrale riguardava il modo in cui i popoli sotto la dominazione coloniale e semi-coloniale potevano raggiungere la sovranità politica ed economica e salvaguardare le loro conquiste una volta ottenute. In Occidente, la questione pertinente ruotava intorno a come conquistare il potere politico per liberare l’industria dal controllo di azionisti e finanzieri e metterla nelle mani del proletariato.

Che sia intenzionale o no, ‘Immovable Object di A.B. Abrams: North Korea’s 70 Years at War with American Power‘, esamina la relazione tra la Corea del Nord e l’Occidente da una prospettiva marxista orientale. Senza usare l’idioma, Abrams presenta la DPRK come la quintessenza dello stato marxista orientale. Il patriottismo coreano, la forte autorità centrale, la preparazione militare, l’autosufficienza e lo sviluppo di armi nucleari e missili balistici sono identificati come fonti della resilienza della Corea del Nord di fronte al progetto, in corso da 73 anni, di Washington di portare alla “fine della Corea del Nord”, come John Bolton ha descritto una volta l’obiettivo politico di Washington. Queste pratiche sono presentate come le basi del successo della RPDC nel raggiungere gli obiettivi nazionalisti rivoluzionari che si trovano al centro del progetto marxista orientale.

La storia di Abrams della relazione tra la RPDC e gli Stati Uniti inizia con l’arrivo delle forze statunitensi in Corea nel 1945, dopo che i coreani avevano dichiarato una Repubblica Popolare Coreana, con la quale il governo militare statunitense entrò immediatamente in guerra. Abrams dedica una notevole attenzione alla guerra di Corea, conosciuta come la Grande Guerra di Liberazione della Patria nella Corea del Nord (ricordando il successo delle forze combinate coreane e cinesi nello sfrattare gli invasori statunitensi dal territorio amministrato dalla RPDC), e la Guerra per resistere all’America e aiutare la Corea, in Cina. Quasi la metà del tomo, 675 pagine, copre gli eventi dal 1990 e una parte sostanziale si occupa di eventi recenti. 

La storia di Abrams non è archivistica; non scopre fatti nuovi. Invece, è prospettica, offrendo un nuovo punto di vista su ciò che gli archivi hanno già rivelato – o, ciò che sembra un nuovo punto di vista a quelli, come me, che hanno familiarità con una storiografia che è congeniale alla prospettiva marxista occidentale. Per illustrare, Abrams fa un’osservazione e pone una domanda che, nel migliore dei casi sono trascurate se non evitate nei resoconti occidentali, ma nel quadro del marxismo orientale sono cruciali. L’osservazione è questa: Tra i piccoli paesi che si sono liberati dalla morsa di ferro del colonialismo solo la Corea del Nord, un paese di soli 24 milioni di abitanti, è sopravvissuta alle aggressioni dell’imperialismo statunitense, è rimasta indomita di fronte all’implacabile pressione militare, ha sopportato il peso delle sanzioni e ha sviluppato la sua forza militare a un livello tale da escludere una guerra statunitense contro lo stato dell’Asia orientale. Per essere più precisi nel campo della resistenza post-coloniale all’imperialismo statunitense, anche la resilienza cubana si distingue, ma a differenza della Repubblica Democratica Popolare di Corea, l’Avana non può fermare la mano dell’aggressione militare statunitense con una capacità di attacco di ritorsione.

In effetti, c’è una lunga lista di Stati che hanno ceduto agli sforzi degli Stati Uniti per invertire la marea della liberazione nazionale. L’Egitto ha tradito la causa nazionalista araba; l’Unione Sovietica si è arresa; l’Iraq baatista è stato sconfitto; Gheddafi è caduto preda delle lusinghe dell’Occidente e ha lasciato il suo paese indifeso; la Siria baatista è stata divisa tra gli Stati Uniti, i turchi, gli israeliani, Al Qaeda e i separatisti curdi; l’economia dell’Iran è schiacciata da un blocco statunitense; e il Venezuela è tormentato dal doppio demone dei bassi prezzi del petrolio e dalle sanzioni statunitensi. “Jugoslavia, Haiti, Cuba, Iran, Iraq, Sudan, Libia, Siria e altri erano tutti bersagli molto più facili”, scrive Abrams.

“Il KPA [esercito popolare coreano] vantava l’industria della difesa più sofisticata, la rete di difesa aerea più fitta, i soldati meglio addestrati, le fortificazioni più dure e la più grande forza di sottomarini e forze speciali rispetto a questi Stati. Tra i potenziali obiettivi dell’America, le forze aeree, l’artiglieria, i carri armati e i missili balistici coreani erano secondi solo a quelli della Cina”.

I confini della Corea del Nord sono sicuri; ha un’economia manifatturiera che produce molti dei suoi beni; fabbrica i propri carri armati, l’artiglieria e i sottomarini (compresi quelli in grado di lanciare missili balistici), produce i MiG-29 su licenza e produce alcuni dei missili più avanzati del mondo. Pyongyang esporta materiale militare a Cuba, Siria, Iran e Hezbollah, e ha fornito l’addestramento delle forze speciali ai suoi alleati. I suoi piloti hanno volato in missione per conto delle forze nazionaliste arabe nella Guerra dei Sei Giorni del 1967, nella Guerra d’Ottobre del 1973 e contro le forze statunitensi nella Guerra del Vietnam. Lungi dall’essere uno Stato fallito e lo zimbello impoverito e bizzarro della propaganda statunitense la Corea del Nord, di fatto, è il più compiuto dei piccoli stati post-coloniali. Questo dà origine alla domanda centrale che si trova al centro del libro di Abrams. Come ha fatto Pyongyang a realizzare questa straordinaria impresa?

“I successi del settore della difesa della Corea del Nord nello sviluppo di tecnologie missilistiche di fascia alta, in così poco tempo, con un budget molto limitato, ha totalmente contraddetto la percezione occidentale predominante dello Stato corrotto, inetto e arretrato. …[Come] il fallito ‘Regime Kim’ potrebbe aver sviluppato tali tecnologie?

Nel 1950, la RPDC ha messo in campo un esercito di soldati equipaggiati con fucili contro un esercito armato con armi nucleari la cui brutalità conosceva pochi limiti. In una nota a piè di pagina, Abrams osserva: “Si stima che il numero di civili uccisi dall’IDF [l’esercito israeliano] in più di 70 anni di guerre frequenti [è] meno di quanto la coalizione guidata dagli Stati Uniti abbia ucciso in media in una settimana di guerra in Corea”. 

Dalla guerra di sterminio di massa degli Stati Uniti contro la RPDC – come minimo, il 20% della popolazione del paese è stata uccisa dai predoni statunitensi e alleati dal 1950 al 1953 – gli Stati Uniti hanno continuato a fare tutto ciò che è in loro potere per indebolire la Corea del Nord. Hanno schierato armi nucleari da combattimento nella penisola; hanno minacciato ripetutamente la RPDC di annientamento nucleare e hanno imposto il regime di sanzioni più duraturo e, ormai, più completo del mondo. Nonostante gli ostacoli himalayani, la Corea del Nord è progredita sia economicamente che militarmente. La sua economia è più forte che mai, e ha sostituito i fucili con ICBM a punta nucleare come principale mezzo di autodifesa. Questo rappresenta una rottura radicale dall’era colombiana, quando l’Europa e le sue propaggini si sentivano libere di muovere guerra ai popoli che cercavano di conquistare, sapendo che le loro vittime erano incapaci di reagire. La Repubblica Democratica Popolare di Corea non affronterà più gli Stati Uniti armati di armi nucleari solo con i fucili.

Secondo Abrams, il successo del lancio di prova della RPDC nel 2017 di un ICBM in grado di colpire la terraferma degli Stati Uniti…

“ha rappresentato la prima volta che uno Stato medio o piccolo è stato in grado di dissuadere efficacemente una superpotenza a un livello così paritario senza bisogno del sostegno di un ombrello nucleare di una superpotenza sponsor. Da questo punto di vista il risultato della Corea del Nord nel 2017 è stato storicamente senza precedenti, ed è stato definito dal vice presidente dei capi di stato maggiore ed ex comandante del comando strategico degli Stati Uniti John Kyten come “aver cambiato l’intera struttura del mondo”.

Questo cambiamento radicale, interpretato come minaccioso da Kyten, è valutato come un gradito sviluppo da Abrams, che preannuncia pace e stabilità in Asia orientale.

“Considerando le motivazioni ampiamente espresse per l’azione militare americana contro la RPDC [e] l’apparente volontà [degli Stati Uniti] di portare morte e distruzione negli stati dell’Asia nord-orientale presumibilmente alleati [per perseguire l’obiettivo di politica estera degli Stati Uniti di portare alla dissoluzione della RPDC], c’è un forte argomento che lo sviluppo da parte della Corea del Nord di un deterrente nucleare valido con una portata intercontinentale è nell’interesse non solo della sua stessa popolazione, ma della pace e della stabilità dell’intera regione. Se gli Stati Uniti e i loro alleati occidentali fossero stati liberi di iniziare una guerra, la Corea del Sud e il Giappone sarebbero stati devastati insieme alla Corea del Nord e molto probabilmente anche parti della Cina e della Russia. Limitando la capacità dell’America di iniziare una guerra in Asia orientale attraverso l’introduzione della vulnerabilità reciproca, il programma di deterrenza della Corea del Nord ha assicurato che gli attori extra-regionali non possano iniziare una guerra regionale, assicurando che anch’essi potrebbero essere presi di mira se le ostilità scoppiassero”.

Cosa spiega il successo della Corea del Nord? Abrams attribuisce i risultati della RPDC a:

“Il radicamento dello stato nazionalista coreano sia nella storia che nella cultura coreana, la sua ‘cultura della resistenza’ costruita sulla potente memoria storica della sottomissione e il suo fermo impegno nel sistema di partito organizzato a livello centrale… Questi fattori spesso trascurati spiegano la sua capacità unica di sostenere un conflitto sotto immensa pressione per così tanto tempo”.

Immovable Object sostiene che l’ostilità di Washington verso la Corea del Nord ha origine, non nelle attività di proliferazione dello stato dell’Asia orientale, nelle presunte violazioni dei diritti umani, o nelle “provocazioni” erroneamente definite (la Corea del Nord non inizia le provocazioni, ma risponde ad esse), ma nell’incarnazione da parte di Pyongyang dei valori fondamentali della Carta delle Nazioni Unite – valori che contraddicono l’arroganza di Washington della “leadership” mondiale (leggi dittatura).

“L’esistenza della Corea del Nord è considerata inaccettabile [per Washington] perché rifiuta di sottomettersi all’imposizione della leadership occidentale e diventare parte dell’ordine guidato dall’Occidente. Per Pyongyang, la posizione occidentale è considerata inaccettabile perché è contraria al diritto degli Stati all’autodifesa in quanto in contrasto con il diritto internazionale e la Carta delle Nazioni Unite. Il blocco occidentale è così spesso indicato come ‘gli imperialisti’ nella retorica coreana perché cercano di imporre i loro valori, le loro ideologie, i loro sistemi economici e politici e soprattutto i loro soldati e il loro governo – sia diretto che indiretto – al popolo coreano”.

Secondo Abrams, l’ostilità reciproca di Stati Uniti e Repubblica Democratica Popolare di Corea nasce da un conflitto tra le loro antitetiche Weltanschauungs. Questo non è…

“…uno scontro tra ideologie capitaliste e socialiste, ma piuttosto di percezioni delle nazioni sulla natura delle relazioni internazionali, l’ordine mondiale e i diritti degli Stati all’autodeterminazione. La RPDC come altri stati dell’Asia orientale che hanno conquistato la loro indipendenza dopo la seconda guerra mondiale, ha espresso una forte convinzione negli ordini globali e regionali composti da Stati nazionali uguali nei loro diritti alla sovranità, compresa l’autodifesa e l’autodeterminazione e che proibiscono l’interferenza esterna forzata nei loro affari interni. Questo è lo stesso ordine sancito dalla Carta delle Nazioni Unite”.

Sono d’accordo fino a un certo punto, sosterrei che Washington non si oppone al fatto che Pyongyang incarni la Carta delle Nazioni Unite semplicemente perché non gli piace la Carta delle Nazioni Unite, ma che non gli piace la Carta delle Nazioni Unite per legittimare il diritto dei paesi a perseguire il proprio sviluppo economico al di fuori di un sistema che privilegia gli interessi di Wall Street. Questa visione è riassunta nelle parole di Norman Bethune, un canadese la cui vita ha anticipato quella di Che Guevara: medico, comunista, internazionalista, martire. Bethune morì mentre prestava servizio l’Eight Route Army in Cina. Scrisse: “Il denaro, come un Moloch insaziabile, esige il suo interesse, il suo ritorno e non si fermerà davanti a nulla, nemmeno all’assassinio di milioni di persone, per soddisfare la sua avidità. Dietro l’esercito ci sono i militaristi. Dietro i militaristi c’è il capitale finanziario”. Si può aggiungere: dietro il capitale finanziario c’è il disprezzo per la Carta delle Nazioni Unite e per qualsiasi paese che, esercitando il suo diritto definito dalla Carta allo sviluppo economico indipendente, nega all’insaziabile Moloch di Wall Street il suo interesse. 

Abrams paragona la società occidentalizzata della Corea del Sud, con le sue forti influenze culturali statunitensi, alla società non occidentalizzata della Corea del Nord, con le sue forti influenze indigene.

“La società [sudcoreana] [valorizza] i legami con l’istruzione statunitense più di qualsiasi altra, con la maggioranza dei professori delle principali università in possesso di diplomi statunitensi … Tendenze simili possono essere osservate tra l’élite politica del paese. Dal 1948 al 1968 gran parte della leadership [sudcoreana] vantava un’istruzione superiore in Giappone, che, come la precedente potenza imperiale che occupava la Corea, aveva pesantemente influenzato l’élite coreana attraverso l’istruzione. Questa influenza giapponese si è gradualmente ritirata per essere sostituita da quella americana, dal 1968 al 2001 il 71% dei ministri della R.O.K. aveva una laurea negli Stati Uniti. Questo favorisce non solo le opinioni positive verso il nuovo Stato egemone e gli stretti legami con esso, come si intendeva fare in precedenza con il Giappone, ma assicura anche che il pensiero americano continuerà ad avere una grande influenza sulle borse di studio e sul discorso politico nel paese”.

Il contrasto con la Corea del Nord è netto.

“La Corea del Nord non ha le basi dell’epoca coloniale, per favorire l’influenza occidentale e un’idealizzazione dell’Occidente comune a molti paesi precedentemente sotto il dominio americano o europeo. I nordcoreani non sono mai stati cittadini di seconda classe nel loro paese, il che, combinato con una mancanza di influenza occidentale e un’identità fortemente nazionalista ‘Korea-first’, perpetuata attraverso i media e l’educazione, significa che la sua popolazione non è mossa a rifarsi a immagine e somiglianza dell’Occidente – esteticamente o altro. L’estensione dell’influenza occidentale nella Corea del Sud e in altri stati asiatici asserviti e l’abisso a cui si è giunti, mostra il destino alternativo per la popolazione coreana rispetto a quello della resistenza sotto la Repubblica Democratica Popolare di Corea – cioè la vita sotto un sistema che attribuisce il maggior valore non alla propria nazione, cultura e pensiero, ma invece sotto un sistema che è pesantemente influenzato dall’egemone occidentale e lo idolatra”.

Un aspetto importante del libro di Abrams è la sua delineazione delle relazioni estere della Corea del Nord e il supporto vitale che fornisce ad altri stati di piccole e medie dimensioni che sono su un percorso di sviluppo indipendente dal dominio e controllo degli Stati Uniti. Questa è un’area trascurata. Nella propaganda occidentale, la Corea del Nord è ritratta come un “regno eremitico”, ermeticamente chiuso e separato per scelta dalla società delle nazioni. Mentre è senza dubbio un obiettivo degli Stati Uniti quello di isolare la Corea del Nord e bloccare il suo commercio con altri paesi, l’obiettivo non è la realtà. I lettori potrebbero essere sorpresi di scoprire che la RPDC è stata a lungo impegnata ad aiutare le lotte di altri popoli per liberarsi dal Reich dei 500 anni. Ne evidenzierò due: Siria e Hezbollah, anche se Abrams copre anche gli impegni della RPDC con il Vietnam, l’Iran, la Libia e l’Africa meridionale.

“Di tutti gli avversari dell’America”, nota Abrams, “è la Repubblica Araba Siriana che ha fatto più affidamento sul sostegno nordcoreano di fronte alla pressione militare ed economica occidentale e alleata”. Dal 1980 al 2010 la KPA “ha rafforzato le difese della Siria con uno stazionamento permanente di forze tra cui piloti, operatori di carri armati, tecnici missilistici e ufficiali che hanno addestrato gran parte dei militari del paese”. Gli ingegneri nordcoreani “svilupparono una classe specializzata di missili specificamente per le esigenze di difesa della Siria, nota come Scud-ER”, e lo stato dell’Asia orientale fornì a Damasco tecnologie nucleari per costruire un reattore basato sul reattore al plutonio Yongbyon della DPRK. Il reattore siriano è stato distrutto da Israele nel 2007.

“Senza la continua assistenza coreana, le capacità di deterrenza della Siria sarebbero probabilmente diventate obsolete nell’era post-sovietica”, scrive Abrams, “lasciando lo stato altamente vulnerabile. Le azioni coreane sono quindi servite a limitare pesantemente la libertà di azione militare occidentale e alleata contro un importante avversario regionale”.

La recrudescenza della guerra islamista contro lo stato laico arabo nazionalista nel 2011 ha portato a un aumento degli aiuti nordcoreani.

“In particolare, nel 2015, l’esercito popolare coreano ha riferito di aver istituito un centro di assistenza logistica di comando e controllo per sostenere lo sforzo bellico siriano, con ufficiali coreani schierati su più fronti, comprese le linee di impegno contro le forze jihadiste ad Aleppo. Un certo numero di fonti occidentali hanno nel frattempo fatto affermazioni sul ruolo del KPA su di un secondo fronte nel 2013: “I consiglieri militari nordcoreani di lingua araba erano parte integrante della pianificazione operativa dell’attacco a sorpresa e della campagna di artiglieria durante la battaglia per Qusair. Secondo [un rapporto] i piloti della KPA operavano con aerei siriani contro le forze jihadiste. Considerando le significative carenze di piloti addestrati che la Siria ha sopportato dalla metà degli anni ’90, questo rapporto ha una certa plausibilità. Altri rapporti … indicano che la Corea del Nord ha inviato due unità di forze speciali … in Siria per impegnare le forze jihadiste, e che queste unità si sono dimostrate ‘fatalmente’ pericolose sul campo di battaglia”.

In particolare, la Siria ha istituito un parco nel 2015 per onorare il fondatore dello stato nordcoreano, Kim Il Sung. Il parco è adiacente a una strada di Damasco intitolata al leader coreano.

Anche l’aiuto militare della RPDC a Hezbollah è stato ampio. Abrams nota che “gran parte della leadership centrale di Hezbollah, compreso l’attuale segretario generale Hassan Nasrallah, il capo della sicurezza e dell’intelligence Ibrahim Akil e il capo delle operazioni di controspionaggio Mustapha Badreddine sono stati addestrati” in Corea del Nord.

L’ala militare di Hezbollah è “effettivamente una riproduzione più piccola dell’esercito popolare coreano”.

“Alcune indicazioni sulla portata della cooperazione di difesa tra le due parti sono state evidenziate all’indomani della guerra Israele-Hezbollah del 2006, un conflitto in cui i mezzi di guerra della milizia indicavano una forte influenza coreana. Gli esperti israeliani hanno descritto lo sforzo bellico di Hezbollah come “una forza di guerriglia difensiva organizzata secondo le linee nordcoreane”, concludendo che “tutte le strutture sotterranee [di Hezbollah], tra cui depositi di armi, scorte alimentari, dispensari per i feriti, sono state messe in atto principalmente nel 2003-2004 sotto la supervisione di istruttori nordcoreani”. Altre fonti di intelligence hanno indicato che l’esercito popolare coreano aveva una presenza militare sul terreno, concludendo che Hezbollah “si crede che stia beneficiando dell’assistenza fornita da consiglieri nordcoreani”. Un altro fattore decisivo era l’alto grado di disciplina di Hezbollah e l’efficace comando e controllo… Questi fattori, secondo quanto riferito, sono stati fortemente focalizzati dalla KPA nell’addestramento delle forze speciali e del corpo degli ufficiali di Hezbollah”.

Abrams attribuisce il successo di Hezbollah nello sconfiggere l’esercito israeliano nel 2006 – la prima volta che Israele è stato sconfitto in guerra – all’assistenza ricevuta da Pyongyang.

“Se Hezbollah non avesse avuto le reti di tunnel, la rete di intelligence, l’addestramento di alto livello o le risorse missilistiche fornite dalla RPDC, è molto probabile che avrebbe dovuto affrontare una rapida e totale sconfitta nell’estate del 2006, come il governo israeliano aveva inizialmente previsto. La rete di tunnel e bunker in particolare, insieme alla rete di comunicazioni e alle armerie fortificate, sono state tutte costruite, secondo quanto riferito, dalla Korean Mining Development Trading Corporation”.

Il capitolo di Abrams sull’ideologia nordcoreana è particolarmente prezioso per gli occidentali, per i quali il pensiero nordcoreano può sembrare opaco e ai marxisti può sembrare non marxista. Al rinomato studioso coreano Bruce Cumings fu chiesto una volta: “Quanti democratici liberali ci sono in Corea del Nord?” Egli rispose: “Tanti quanti sono i seguaci di Confucio negli Stati Uniti”. Molti occidentali non riescono a capire la RPDC perché la vedono dalla lente della cultura occidentale e non riescono a cogliere l’insieme unico di circostanze che ha creato l’esperienza coreana.

ScriveAbrams :

“Fin dalla sua formazione l’ideologia della Corea del Nord è stata influenzata e ha assimilato parti della cultura tradizionale del paese, in particolare il confucianesimo, in un modo che poche se non nessuna altra ideologia ha avuto negli stati comunisti. Il discorso sul riformismo Juche del premier Kim Il Sung del 28 dicembre 1955, che delineava la futura posizione ideologica del paese… sottolineava in particolare la necessità di trarre ispirazione dalla cultura nazionale, dalla storia e dalle tradizioni… Mentre nessuna menzione veniva fatta di Marx, Engels, Lenin, Mao o anche Stalin, il leader coreano metteva in guardia contro la “negazione della storia coreana” con “idee straniere”, sottolineando soprattutto l’importanza di un’identità nazionale coreana. Mentre il modello economico stalinista, che aveva rapidamente industrializzato l’Unione Sovietica, sarebbe stato ampiamente adottato, questo sarebbe stato interpretato e applicato in un modo che fosse compatibile con la cultura della Corea. Come immaginava il leader coreano, l'”essenza” e i “principi” dell’ideologia comunista sarebbero stati “applicati creativamente” in linea con le esigenze della nazione coreana – la prima si sarebbe piegata alla seconda piuttosto che viceversa. Così criticò fortemente “il dogmatismo e il formalismo” nel lavoro ideologico e consigliò: “Non ci può essere un principio fisso né dobbiamo seguire la moda sovietica. Alcuni sostengono la via sovietica e altri quella cinese, ma non è forse giunto il momento di elaborare la nostra?

La coincidenza del modello economico ‘stalinista’ della Corea del Nord con la capacità dell’economia del paese di resistere alle feroci tempeste dell’ostilità statunitense, solleva due domande: Lo stesso modello può essere esportato in altri paesi per produrre lo stesso successo? Cosa potrebbe ottenere la Corea del Nord senza gli incessanti sforzi degli Stati Uniti per la sua distruzione? Mentre Abrams non affronta queste domande, altrove ha scritto:

“Se il paese fosse libero di commerciare ed esportare i suoi beni, capitalizzando i vantaggi che includono una moneta debole e una forza lavoro altamente istruita e qualificata e basi tecnologiche e industriali consolidate, ci si aspetterebbe tassi di crescita annuali molto superiori e probabilmente significativamente superiori al 10%”.

L’ambasciatore della Siria in Corea del Nord nel 2017, Tammam Sulaiman, ha affermato: “ho visitato molti altri paesi. Guardo questo paese e vedo che … qui fanno miracoli, davvero. Questo paese, dopo le sanzioni e con le capacità che ha, sta facendo miracoli”. Facendo una pausa ha chiesto: “E se non fosse sotto sanzioni? Farebbe ancora di più”.

Secondo una visione il comunismo è la politica di liberazione. Infatti, i comunisti sono sempre stati coinvolti, se non all’avanguardia, nelle più grandi lotte emancipatorie del mondo. “La rivoluzione socialista non è affatto una singola battaglia”, ha scritto Lenin nel suo saggio “Il proletariato rivoluzionario e il diritto delle nazioni all’autodeterminazione”. Invece, è “tutta una serie di battaglie intorno a tutti i problemi delle riforme economiche e democratiche”, tra cui “l’uguaglianza dei diritti delle donne” e – importante dal punto di vista dei popoli che cercano di liberarsi dalla sottomissione coloniale – “l’autodeterminazione”. Il socialismo “rimarrebbe una frase vana”, insisteva Lenin, “se non fosse legato ad un approccio rivoluzionario a tutte le questioni della democrazia, compresa la questione nazionale”, con cui intendeva il diritto dei popoli, compresi i coreani, ad esercitare la sovranità sui propri affari, piuttosto che essere dominati dai padroni imperialisti. Lenin prevedeva quello che chiamava “un ordine veramente democratico, veramente internazionalista”, in cui ogni nazione è libera di stabilire il proprio corso, e di unirsi liberamente ad altri stati in relazioni di mutuo beneficio. Questa, significativamente, è la visione della RPDC.

Se il marxismo orientale usa il patriottismo, l’esercito e lo sviluppo economico diretto dallo stato per raggiungere e difendere obiettivi emancipatori, allora la RPDC è, in pratica, lo Stato marxista orientale per eccellenza. È inoltre uno Stato di successo, la cui emulazione da parte di Stati simili in circostanze simili ispirati da obiettivi simili potrebbe far progredire significativamente la lotta mondiale per raggiungere una vittoria completa sul Reich degli oltre 500 anni. 

Immovable Object è pubblicato da Clarity Press.

Stephen Gowans è l’autore di Patriots, Traitors, and Empires: The Story of Korea’s Struggle for Freedom, e Washington’s Long War on Syria, entrambi pubblicati da Baraka Books.