“Armare la mano dell’amico. Chiunque lui sia”: i contratti Usa dietro alle vittime di piazza Tahrir

di Marta Ghezzi | su www.osservatorioiraq.it

 

tahrir scontri-w350L’ultima nave è partita dal North Carolina (Usa) il 26 settembre scorso. Direzione Suez, Egitto. Scalo tecnico a Cagliari, Italia, il 15 novembre. Ultima in termini di tempo. Sette tonnellate di armi e munizioni, tra cui manganelli di gomma, gas lacrimogeni e fumogeni. Tutto made in Usa, tutto autorizzato dal dipartimento di Stato americano. Mittente la Combined System, Inc. Destinatario l’esercito egiziano.

 

Si tratta di quello stesso esercito che durante il fine settimana ha lasciato sull’asfalto di piazza Tahrir altri dodici morti. Anche loro gli ultimi in termini di tempo.

 

A denunciare il fatto è Amnesty International, che in un comunicato a firma di Brian Wood, coordinatore per l’associazione delle attività sul controllo delle armi, rende noti i numeri di questo commercio.

 

Il primo carico americano è partito l’8 aprile: 21 tonnellate di armamenti vari. Il secondo l’8 agosto. Altre 17,9 tonnellate.

 

“Le forniture americane alle forze di sicurezza del Cairo devono essere sospese, fino a quando non vi sarà la certezza che gas lacrimogeni, armi, munizioni e ulteriore materiale non sono legati al bagno di sangue nelle strade egiziane”, si legge nel comunicato di Amnesty.

 

Interrogato sulla posizione della Casa Bianca sull’uso di lacrimogeni fabbricati negli Stati Uniti, il portavoce del dipartimento di Stato ha dichiarato il 29 novembre scorso di non essere in possesso di prove che dimostrino l’uso eccessivo di armi di importazione americana negli scontri egiziani.

 

La posizione dell’amministrazione Obama circa la recrudescenza delle violenze egiziane continua quindi ad essere quantomeno ambigua.

 

Era l’aprile del 2009 quando il primo presidente di colore della storia americana stupiva il mondo intero con il ‘discorso del Cairo’, ospite dell’ex alleato Hosni Mubarak: rivolgendosi al Medio Oriente tutto, Obama invocava l’inizio di una nuova stagione di riforme democratiche.

 

Nello stesso anno il segretario di Stato Hillary Clinton definiva il dittatore egiziano e sua moglie come buoni “amici di famiglia”.

 

Dopo neanche due anni, nei giorni più tesi della rivoluzione, alla vigilia della partenza di Mubarak, Washington sosteneva la necessità di un passaggio di poteri a Omar Suleiman, braccio destro del gerarca egiziano e notoriamente ritenuto responsabile delle violenze del governo del Cairo.

 

Oggi sigla accordi commerciali e umanitari per un totale di 1,3 miliardi di dollari.

 

Il 21 novembre scorso, mentre i media internazionali erano impegnati a raccontare l’orrore di piazza Tahrir, il portavoce della Casa Bianca Jay Carney chiamava invece alla moderazione ‘tutte le parti’, sia quelle armate di sassi e disperazione che quelle in possesso di manganelli made in Usa.