Brasile: l’ora della Resistenza e del Fronte per la Democrazia

brasile resistenciadi José Reinaldo Carvalho*

da resistencia.cc

Traduzione di Mauro Gemma per Marx21.it

Jair Bolsonaro ha ottenuto i voti, ma di un terzo dell’elettorato brasiliano. La sua vittoria elettorale è stato raggiunta nel contesto di elezioni politicamente truccate, nel quadro di un regime golpista, a costo di menzogne, manipolazioni e una guerra politica e mediatica senza precedenti, insieme a persecuzioni giudiziarie crudeli e senza precedenti in Brasile – e forse anche altrove – contro un partito politico, come dimostra quello che è stato fatto contro il Partito dei Lavoratori e il suo massimo dirigente, il Presidente Lula.

Ma chi vuole seguire il corso della storia e su di esso esercitare un protagonismo trasformatore deve riconoscere che la verità è nei fatti, come diceva un saggio cinese. Anche se momentaneamente, la destra ha vinto e Jair Bolsonaro è stato eletto e governerà il Brasile dal primo gennaio del prossimo anno. Riconoscere questo fatto elementare è la premessa per continuare la marcia, lunga e impervia, nella nuova lotta che inizia per la democrazia e i diritti sociali in Brasile.

La vittoria dell’ex capitano nelle urne, la formazione di una maggioranza conservatrice al Congresso Nazionale, l’elezione di governatori di estrema destra nei più importanti centri politici e socioeconomici del paese, nonché le manifestazioni di piazza rese popolari dai media che celebravano la vittoria della destra, sono indicatori eloquenti della forza con cui questo settore politico ha preso il potere.

Ciò implicherà un arretramento di anni luce nelle dinamiche dello sviluppo politico del paese. In definitiva, dal 2003 al 2016 il Brasile ha vissuto una fase senza precedenti nella sua storia di democrazia, il protagonismo delle forze della sinistra, la lotta, il progresso sociale e la sovranità nazionale.

Le denunce dell’ex capitano non possono rappresentare solo la retorica della campagna, ma l’espressione di una coscienza radicata che è portatrice di un messaggio e di un programma volto a instaurare un potere reazionario, antidemocratico, antisociale e intrallazzatore in Brasile soperto da una veste moralistica e culturalmente retrograda, espresso attraverso l’istrionico fondamentalismo neo-pentecostale.

Hanno cercato di ingannare l’opinione pubblica e di continuare l’operazione di adescamento del popolo, con discorsi e editoriali che alludono alla “rotazione delle forze politiche nel governo”, al “rispetto per la Costituzione”, alla “conservazione delle libertà politiche”, alla “sovranità nazionale”. Ma tutto sembra falso sulla bocca dell’ex capitano e nei pezzi giornalistici dei grandi mezzi di comunicazione. Patriottismo, costituzionalismo e democrazia fasulli.

Nessuno si confonda. E arrivato al potere un gruppo politico avido, disposto a tutto pur di esercitare il potere e di goderne anche come prebenda di famiglia. Con il pretesto di far uscire il paese dalla crisi fiscale, economica, finanziaria, sociale, morale e politica, giurano di “seppellire il modello economico socialdemocratico”, il che significa promuovere una colossale taglio dei diritti. Dal gennaio 2019, mentre inganneranno il popolo con le misure per “combattere” la corruzione e la criminalità, il governo insediato giocherà tutta la forza acquisita nelle urne per avviare a ritmo accelerato riforme regressive mai varate in alcun periodo della vita nazionale. Il ministro delle finanze designato propone già privatizzazioni massicce dei beni pubblici e la sottomissione al capitale finanziario. Lo stesso presidente eletto assicura che ci sarà una svolta nella politica estera, insidia il Mercosur, giura di allinearsi agli Stati Uniti e a Israele, offende paesi amici, minacciando i vicini. Aumenta l’instabilità seminando pericoli. Politicamente senza tanti complimenti ha annunciato che il conducente dell’ Operazione Lava Jato, questa macchia nella vita giuridica del paese, specializzato in azioni persecutorie contro innocenti, può essere nominato alla Corte suprema o del Ministero della Giustizia (ciò che è in effetti è avvenuto, NdT). Nell’elenco di misure antidemocratiche, viene inserita una presunta riforma politica che può implicare l’eliminazione della sinistra dalla vita istituzionale. A tal fine, è iscritta all’ordine del giorno la criminalizzazione del MST e del MTST, accusati di essere terroristi dal presidente eletto.

Per la propaganda ufficiale e per gli editoriali dei media servili, Bolsonaro sarà “il presidente di tutti i brasiliani”. In realtà, è in sostanza il più retrogrado dei servi presenti nei paese, un agente del capitale finanziario, un prediletto di Trump e dei potentati internazionali al servizio degli interessi geopolitici statunitensi. I segnali e le minacce sono già stati resi espliciti da lui stesso e dai suoi più stretti collaboratori.

Le prime fasi del piano di distruzione nazionale sono compiute: il colpo di stato che ha deposto la presidente Dilma e l’elezione di domenica scorsa. Ciò che verrà d’ora in poi sarà la semplice continuazione dell’instaurazione di un nuovo regime della destra.

La sinistra, a sua volta, esce a testa alta da questa battaglia. Dopo aver combattuto duramente, può trasformare la sconfitta immediata in una vittoria strategica, se saprà come espandere le sue forze e sviluppare capacità e condizioni per resistere e combattere. Purtroppo, non mancano quelli che, all’interno delle proprie stesse file, screditano come angusta e settaria questa linea, perché ha operato le scelte giuste non cedendo il primato della candidatura presidenziale a forze che in fin dei conti si sono rivelate elettoralmente insignificanti e politicamente silenziose e incoerenti. La sinistra si è collocata sulla trincea della resistenza, raccogliendo 47 milioni di voti. Questo capitale politico accumulato da Haddad e Manuela, espressione di un fronte democratico e popolare che unisce il PT e il PCdoB, sostenuto dall’insieme dell’elettorato progressista, servirà molto. Allo stesso modo, trincee di resistenza sono i governi conquistati negli Stati del nord-est e le liste elette per il Congresso nazionale. Questa è la trincea dalla quale la sinistra conseguente non deve arretrare, l’unità che in nessun caso deve essere cancellata.

A sinistra, il momento è propizio per una riflessione calma, prudente e lucida, per la discussione all’interno di ogni forza politica, e contemporaneamente, per riunirci e rafforzare il livello di unità raggiunto. I 47 milioni di voti sono un appello alla resistenza e alla lotta che ne consegue, che viene ripresa con l’impegno a opporsi risolutamente all’offensiva del regime di destra e a costruire il Fronte per la Democrazia, un compito che si sovrappone a dibattiti insignificanti su chi più è apparso nelle foto e nei video della campagna e nella formazione dei blocchi parlamentari.

Nulla deve ostacolare la costruzione del Fronte per la Democrazia.

In questo Fronte per la Democrazia sarà indispensabile sviluppare e approfondire le relazioni allacciate dalle forze di sinistra durante l’ultima campagna elettorale. Qualsiasi deviazione da questo percorso faciliterà l’azione del regime di destra guidato da Bolsonaro.

Non ci sono scorciatoie nella lotta contro i regimi come questo e non serviranno a nulla le illusioni su alleati non dichiarati ma funzionali alla destra.

* Giornalista, editor di Resistência e direttore di Cebrapaz – Centro Brasiliano di Solidarietà ai Popoli e Lotta per la Pace