Le proteste di Wall Street e le lotte in Portogallo

di Miguel Urbano Rodrigues* | Traduzione a cura di Marx21.it

 

*Miguel Urbano Rodrigues (1925), figura storica del comunismo portoghese, è un noto giornalista e scrittore, autore di decine di pubblicazioni. In passato e’ stato caporedattore di Avante, organo del Partito Comunista Portoghese e direttore del giornale O Diario. E’ stato deputato del PCP nell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa. Tra gli editori di Odiario.info (a cui collaborano prestigiosi intellettuali progressisti di molti paesi, tra cui il presidente dell’Associazione Marx XXI, Domenico Losurdo), dirige oggi l’autorevole sito antimperialista Resistir.info.

wall-street-protest-w350Negli ultimi giorni le proteste di Wall Street sono state al centro dell’attenzione dei più influenti media internazionali. A Washington il governo sta cercando di sminuire il significato delle manifestazioni che sono iniziate con l’occupazione da parte di un gruppo di “indignati” della strada della Borsa a New York, simbolo del potere del capitale.

 

Ma ciò che sembrava essere un’iniziativa inoffensiva di un pugno di giovani ha assunto rapidamente le proporzioni di una protesta di dimensione nazionale. La brutale repressione che il 1 ottobre si è abbattuta sui giovani che marciavano verso Wall Street – più di 500 arrestati e feriti – ha suscitato un’ondata di indignazione e ha generato solidarietà inaspettate. Il movimento si è esteso ad altre città e ha assunto un carattere diverso, di contestazione del sistema responsabile dell’attuale crisi mondiale.

 

Il discorso di Obama nel decimo anniversario dell’invasione dell’Afghanistan ha prodotto l’effetto opposto a quello desiderato dalla Casa Bianca, impegnata a sviare l’attenzione dagli avvenimenti di Wall Street. Mentre rendeva omaggio ai morti nordamericani e delle forze della NATO, Obama mentiva. Per giustificare l’aggressione ha affermato che il paese è ora più “sicuro” e sulla strada del progresso. In realtà, la guerra è persa e il popolo afghano, impoverito, odia gli occupanti, come riconosce il generale Mc Chrystal, ex comandante in capo destituito dalla Casa Bianca.

 

L’esibizione oratoria del presidente, segnata dall’ipocrisia, ha riportato alla memoria dei suoi compatrioti, i discorsi con cui Nixon 40 anni fa prometteva la vittoria in Vietnam e inneggiava alla democrazia e alla libertà mentre promuoveva la scalata in un conflitto in cui morirono più di un milione di vietnamiti. E’ opportuno ricordare che agli inizi degli anni 70 del secolo scorso le proteste torrenziali della gioventù statunitense contro la guerra costrinsero Nixon a negoziare con Hanoi il ritiro degli USA dal Vietnam, con un accordo che rappresentò il prologo della sconfitta nordamericana nel Sudest asiatico. L’analogia delle situazioni, segnalata da osservatori internazionali finisce, per ora, qui.

 

Il rifiuto crescente da parte del popolo nordamericano delle guerre neocoloniali di Iraq, Afghanistan e Libia sta trasformandosi negli USA in un atteggiamento di protesta contro il sistema di cui Wall Street, in quanto vetrina del capitale, è il simbolo.

 

Alcuni sindacati hanno reso pubblico il loro appoggio al movimento iniziato dai giovani. I loro dirigenti sono sfilati in Piazza della Libertà e centinaia di piloti delle grandi compagnie aeree li hanno imitati. La autodefinitasi Assemblea Generale della Città di New York ha lanciato un appello con la parola d’ordine “occupate Wall Street!”. Università di prestigio aderiscono alle manifestazioni.

 

In una delle manifestazioni, una studentessa ha esibito un cartello eloquente: “Nessuno è più completamente schiavizzato di chi crede falsamente di essere libero” – Goethe.

Noam Chomsky, Michael Moore e altre personalità progressiste di prestigio internazionale sono andati in Piazza della Libertà e nelle vie vicine a Wall Street e scrivono articoli in appoggio alla protesta. La Casa Bianca ha motivi per essere preoccupata. In un paese dove le fortune di 400 multimilionari superano i beni, sommati, di metà della popolazione – come dichiara Michael Moore – le parole d’ordine dei manifestanti sono ora più radicali. Molti passano dalla critica al sistema e ai banchieri e speculatori alla condanna del capitalismo.

 

I grandi della Finanza sono allarmati. La protesta dei giovani che inizialmente hanno sottovalutato in quanto affare di hippies sta avviandosi per una strada che definiscono come “pericolosa”.

 

Quali lezioni?

 

I media portoghesi detti “di riferimento” hanno dedicato poca attenzione agli avvenimenti di Wall Street. Per le forze progressiste, essi costituiscono, ora, tema di riflessione. Uno degli insegnamenti è la dimostrazione inaspettata che nel maggior baluardo del capitalismo è stato possibile contestare il sistema nelle strade in forma permanente per più di tre settimane.

 

In Portogallo le manifestazioni contro la politica di tradimento nazionale e le misure imposte dall’imperialismo attraverso il governo che lo rappresenta devono anch’esse, per colpire il sistema, assumere carattere permanente, mediante iniziative diversificate.

 

La CGTP ha annunciato il 1 ottobre una settimana di lotta alla fine del mese, che comprenderà lotte settoriali.

 

Le manifestazioni di Lisbona e di Porto hanno gettato nel panico il grande capitale. E’ significativo che la PSP (Polizia di Sicurezza Pubblica) si sia affrettata a divulgare un comunicato in cui prevede che la contestazione sociale alle misure del memorandum della troika sfoci in “tumulti” e atti di violenza “somiglianti a quelli del PREC” (allusione alla Rivoluzione Portoghese di Aprile, ndt).

 

Questo appello reazionario dimostra una cosa: l’apparato repressivo dello Stato, imitando quello greco, si prepara ad infiltrare provocatori nelle proteste di massa che daranno voce al malcontento popolare di fronte alle calamità che colpiscono il paese. Alcuni giornali anticipano che il Partito Comunista Portoghese potrebbe essere legato a questi futuri “tumulti”, sebbene sia di dominio pubblico come il Partito Comunista abbia sempre condannato la violenza irrazionale (saccheggio di negozi, incendi, roghi di automobili e palazzi, ecc.).

 

L’intenzione di intimidire i lavoratori, evidenziata nel comunicato della polizia, ha come complemento lo slogan ampiamente diffuso secondo cui siamo un popolo diverso, di costumi gentili, che aborre la violenza sociale.

 

Questo discorso e il linguaggio utilizzato nascondono male il proposito di far prendere fischi per fiaschi. I tumulti, i saccheggi, la distruzione di edifici non possono essere confusi con le azioni legittime di violenza sociale. L’abisso tra la violenza irrazionale e la violenza sociale è tale che persino un noto esponente della destra come Pacheco Pereira riconosce questa evidenza in un articolo pubblicato nel giornale “Publico” (8.10.11) in cui denuncia la speculazione dei governanti su “tumulti ipotetici”.

 

Ha richiamato l’attenzione sul fatto che la lotta di massa tende a radicalizzarsi in Portogallo come risposta difensiva inevitabile a una politica criminale.

 

L’annunciata settimana di lotta programmata dalla CGTP darà alcune risposte a questioni teoriche e pratiche che condizionano il futuro del popolo portoghese.

 

Ripeto: gli avvenimenti di Wall Street confermano che il grande capitale che controlla il sistema di sfruttamento responsabile per la crisi, è preparato ad assorbire e a neutralizzare le proteste isolate, ma quando queste diventano permanenti e assumono un carattere di massa, entra nel panico: il gigante ha piedi di argilla.