Xi Jinping, un marxista sognatore

xijinping quadroRiproponiamo un intervento di Guido Samarani su Xi Jinping

di Guido Samarani, Università Ca’ Foscari, Venezia

da ispionline.it

È stato messo in luce da diversi studiosi e osservatori che gli anni della Rivoluzione Culturale, in particolare quelli (dal 1968 al 1975) vissuti in uno sperduto villaggio rurale dello Shenxi dove fu inviato a “rieducarsi attraverso il lavoro” al pari di milioni di Guardie rosse, sono stati fondamentali nel temprare il carattere di Xi Jinping, plasmandolo con i tratti di forza, determinazione e autoritarismo che molti oggi gli riconoscono.

Da una parte, infatti, il giovane Jinping appare segnato dal senso di un’ingiustizia subita, aggravata dalla rimozione del padre dagli incarichi politici a causa delle scelte del Presidente Mao per cui quelle Guardie rosse nutrivano profondo rispetto e venerazione; dall’altra, a differenza di altri suoi coetanei nati in una famiglia politicamente importante, egli sembra deciso a non lamentarsi delle “ferite” subite, a voler diventare comunque un militante comunista sensibile all’ordine e alla gerarchia, ma anche convinto proprio dalla durezza e asprezza di quell’esperienza che in quel modo si può irrobustire il proprio fisico e il proprio spirito, che si può “sognare” di compiere l’impossibile, che si possono con calma e fermezza superare tutti gli ostacoli.

Accanto alla forte determinazione, un altro importante elemento nel percorso politico di Xi è il costante e crescente richiamo al ruolo innovativo del marxismo nel nuovo secolo. La sua formazione nel campo della teoria marxista è fatta risalire soprattutto agli anni di specializzazione a Qinghua, dopo aver conseguito la laurea in ingegneria chimica e prima dell’assunzione dei primi importanti incarichi politici agli inizi del nuovo secolo. Tale esperienza viene poi sviluppata e arricchita negli anni di direzione (presidente) della Scuola centrale di partito (2007-12), considerata da una parte un forum interno di formazione e di dibattito relativamente libero ma dall’altra anche il perno dell’impegno a difendere e sviluppare l’ortodossia marxista. È probabilmente da quegli anni che nasce e si consolida in lui – al di là dell’evidente retorica e propaganda – la visione di un “marxismo del ventunesimo secolo con caratteristiche cinesi” che sia in grado di non fossilizzarsi e chiudersi, come è stato in passato, dinnanzi alle innovazioni del pensiero scientifico internazionale. A parere di Xi: “La filosofia marxista[1]non esaurisce la questione della verità, ma apre la porta e spiana la via a raggiungere la verità”. Questo è un elemento teorico essenziale che però, a parere del Segretario del Pcc, ha trovato nel corso degli anni conferma concreta. Ad esempio nella crisi delle teorie neo-liberali dominanti seguita alla crisi economica globale: una crisi alla quale ha fatto da contraltare – attraverso proprio l’esperienza cinese – la riaffermazione della vitalità del marxismo e del socialismo, necessariamente “rinnovati”, con il mantenimento del ruolo guida della proprietà pubblica dei mezzi di produzione o ancora attraverso la persistente crescita dell’economia cinese nel quadro della crisi finanziaria globale.

Cosa attendersi dunque da questo “marxista sognatore” nei prossimi giorni, con il 19° Congresso del Pcc, e nei prossimi cinque anni in cui Xi Jinping continuerà a guidare il partito e a governare la Cina?

Il rapporto politico presentato dal Segretario uscente al Congresso costuisce un passaggio fondamentale in quanto, come dimostra l’esperienza del passato (Jiang Zemin, Hu Jintao), è in esso che sono inserite eventuali novità soprattutto sul piano politico ed ideologico e vengono nel caso accentuati gli elementi di discontinuità rispetto a quelli di continuità della leadership precedente.

Il plenum di un anno fa (Ottobre 2016) ha fornito probabilmente alcune indicazioni importanti per cercare di comprendere, per quanto possibile, alcuni sviluppi del 19° Congresso, con l’approvazione di due importanti risoluzioni: “Linee guida per la vita interna del partito nella nuova situazione” e “Regole per la supervisione interna al partito”. In esse infatti viene a più riprese sottolineata l’esigenza di bilanciare autorità personale e e direzione collettiva, in quanto senza la prima il processo politico e decisionale rischia di perdere forza e credibilità, ma senza la seconda il rischio è di ricreare gravi problemi passati (vedi il ruolo incontrastato di Mao).

La forte autorità espressa da Xi Jinping in questi anni è certo il frutto, come già sottolineato, di una determinazione personale e di una visione del marxismo come forza dinamica e innovativa (e non stagnante) nel nuovo secolo; allo stesso tempo, essa appare per certi aspetti come il frutto del momento storico in cui Xi ha assunto la guida del Pcc: una fase, il 2012-13, in cui il partito versava in una grave crisi di legittimità dovuta innanzitutto ad una corruzione che sembrava inarrestabile, il controllo politico di Hu Jintao sulle forze armate appariva indebolito e il caso Bo Xilai poneva una serie minaccia all’unità e stabilità politica proprio nei mesi precedenti il 18° Congresso.

Il ruolo forte di Xi Jinping sarà accentuato oppure verrà preservato un sostanziale equilibrio tra autorità personale e direzione collettiva? Il 19° Congresso e i mesi successivi ci forniranno una risposta: risposta fondamentale per il futuro del Pcc ma anche per quello della Cina e del popolo cinese.

Guido Samarani, professore di Storia della Cina all’Università Ca’ Foscari di Venezia