Il “nuovo paradigma” cinese

china stabilitydi Pasquale Cicalese per Marx21.it

Quanto si sia trasformata la Cina dopo la Grande Crisi del 2008 lo si evince da un dato: nel 2017 il surplus delle partite correnti, vale a dire import export, attività finanziarie e servizi ecc., è calato all’1,3% del pil. Nel 2008 era pari al mostruoso livello del 10% del pil. Ciò significa che in dieci anni non solo la Cina si è focalizzata verso il mercato interno, attraverso una forte rivalutazione salariale, ma ha contribuito enormemente alla fuoriuscita dalla crisi mondiale divenendo “compratore di ultima istanza” mediante un raddoppio delle importazioni. Per fare un termine di paragone, l’eurozona nel 2017 presenta un surplus delle partite correnti pari al 3.4%, l’Italia al 2.9, gli Usa presentano un deficit pari al 2.4%.

La fortissima discesa del rapporto delle partite correnti cinesi rispetto al pil si riflette in un altro dato: nel 2017 la Cina ha contribuito per il 30% alla crescita mondiale, l’India per il 15%, gli Usa per il 10%, l’eurozona, l’”isola felice” secondo Draghi, per appena il 5.5%, sei volte meno della Cina. Nel 2017 le importazioni cinesi sono aumentate del 24%, trascinando i dati del commercio mondiale. Non diversamente si presenta il 2018: a gennaio l’import cinese è aumentato del 36.9%, quando a gennaio del 2017 era già aumentato del 16.7%. In due anni, dunque, se il trend continua, le importazioni dal resto del mondo aumenteranno del 50%. La Cina, dunque, diventa “compratrice di ultima istanza”, soppiantando gli Usa come “spugna” del mercato mondiale. Ciò porterà conseguenze economiche e geopolitiche enormi; basti pensare al rapporto commerciale Cina Russia. Nel 2017 l’interscambio è arrivato a 80 miliardi di dollari, ma nei prossimi anni potrebbe esplodere. In effetti, il 3 gennaio scorso è stato inaugurato un secondo oleodotto che dalla Siberia arriva alla città costiera di Dalin. La fornitura di greggio russo passerà da 15 milioni di tonnellate a 30 milioni. Il 20 dicembre del 2019 verrà inaugurato “Power of Siberia”, gasdotto siberiano che arriva in Cina in base al mega accordo del 2014 che prevede la fornitura di gas russo per 400 miliardi di dollari. La Cina è fortemente impegnata ad aggredire il tragico fenomeno dell’inquinamento, passando dal carbone al gas. Ma si ha talmente bisogno di gas che la fornitura russa non basterà: potrebbe anch’essa raddoppiare nei prossimi anni, ma di sicuro questo apre scenari immensi al gas iraniano.

Ma c’è di più. La trasformazione produttiva cinese finalizzata ad avere industrie ad alto valore aggiunto sta provocando un processo di enorme delocalizzazione di produzioni manifatturiere povere verso il sud est asiatico, il Pakistan e l’Africa. La Cina sta creando catene del valore mondiale coinvolgendo in un processo di industrializzazione aree e paesi che storicamente ne erano fuori, aprendo le porte al proprio mercato. In effetti, quando si è “compratore in ultima istanza” il potere esterno aumenta notevolmente, sradicando vecchi rapporti ed instaurando nuove relazioni produttive, commerciali e diplomatiche mondiali. La forza di attrazione del mercato cinese è uno dei motivi per cui ancora non si è pervenuti ad una guerra frontale: i gruppi capitalistici occidentali, dopo la crisi, hanno trovato una valvola di sfogo in Cina, visto che in occidente il mercato si è via via ristretto a causa della deflazione salariale e dell’austerity. Il motivo per cui , essendo “compratore in ultima istanza”, la Cina va avanti nel suo processo di costruzione della Via della seta, che connette le proprie catene mondiali di valore, a stringe sempre più una ferrea alleanza con la Russia, paese che beneficerà notevolmente nei prossimi anni della fornitura di materie prime energetiche alla Cina, bypassando l’Unione Europea. E’ un nuovo scenario, che prelude all’internazionalizzazione del renmimbi. Gli Usa, solo per questo, vorrebbero attaccare, ma sono frenati dai suoi gruppi capitalistici, che crollerebbero, ben prima e ben più della Cina. E’ il nuovo “equilibrio del terrore”.