Europa, Zero Tituli

europeanunionflag pixabay970pxdi Guido Salerno Aletta, Editorialista dell’Agenzia Teleborsa

da teleborsa.it

E’ tutto bloccato: salari, consumi, prezzi, deficit pubblico, tassi di interesse, credito bancario, investimenti…

Il mercantilismo, coniugato con l’ordoliberismo che fa divieto agli Stati di interferire nei processi economici, ha contagiato l’intero Continente. Ormai boccheggia: se tutto tende a zero, c’è una ragione.

SALARI BLOCCATI

In Europa, solo i profitti si salvano a stento, ma anche questi ormai barcollano, legati come sono all’andamento dei mercati internazionali: in Germania, il rallentamento dell’export ed in particolare quello del mercato automobilistico, possono provocare un tracollo.

Le economie si sono orientate tutte verso l’export, sulla scia della Germania, ma questa componente non basta da sola a fare crescere il prodotto in modo significativo.

Il surplus della bilancia commerciale internazionale si fonda sulla capacità di battere la concorrenza sul piano della migliore qualità delle merci e dei servizi resi, e della loro convenienza di prezzo: per essere competitivi, bisogna controllare attentamente i salari e l’occupazione: una piena occupazione, infatti, porterebbe a richiesta salariali incompatibili con la stabilità dei prezzi e con gli obiettivi di competitività sull’estero.

CRESCITA ZERO

La crescita economica non è più un obiettivo, soprattutto se ne deriva l’azzeramento della disoccupazione. La disoccupazione, infatti, deve essere tenuta a livelli elevati, tali da non creare dinamiche salariali indesiderate: questo principio è stabilito anche nel Fiscal Compact, con il calcolo del NAWRU, acronimo che sta per “non accelerating wage rate of unemployment”. 

INFLAZIONE ZERO

Se i salari sono bloccati per via della concorrenza, interna ed internazionale, per non perdere mercato e vedersi ridurre i profitti, così come l’altro obiettivo è di non far aumentare i prezzi: variazione nulla per i salari ed altrettanto per i prezzi.

La BCE, da anni, si propone senza successo di portare l’inflazione ad un livello vicino ma non superiore al 2% annuo: butta soldi senza nessun risultato: anzi, un risultato lo ha conseguito, quello di abbattere i tassi di interesse, che su molte emissioni sono inferiori allo zero. 

TASSI ZERO

Con la istituzione dell’euro, l’obiettivo di abbattere i tassi di inflazione è stato raggiunto, ma da anni la BCE ha portato i tassi di interesse a zero, o addirittura negativisui depositi ulteriori rispetto alla riserva obbligatoria. Questa politica ultra accomodante è stata decisa per aiutare i debitori, Stati e privati, e per non fare implodere la moneta unica. Ma la conseguenza è che si è bloccato il sistema bancario: gli istituti hanno visto assottigliarsi i margini di interesse, e guadagnano prevalentemente sulle operazioni di pagamento e sui servizi correlati alla tenuta dei conti per la clientela depositante.

MARGINI SUGLI INTERESSI ZERO

La politica dei tassi di interesse a zero sta distruggendo anche il sistema bancario europeo. Non solo tendono a zero i proventi derivanti dalla attività tipica bancaria, prendere il denaro in deposito ed erogare credito, ma ora la sola idea che entrino sul mercato dei pagamenti i colossi come Facebook, che ha annunciato il lancio di una sua moneta, la Libra, sta terrorizzando tutti, compresi i banchieri centrali: se gli Stati hanno perso il controllo delle moneta a favore delle banche centrali, stavolta sarebbero queste a perdere il privilegio assoluto di controllare le monete.

DEFICIT ZERO

Arriviamo ora al quarto zero, quello del deficit pubblico. Gli industriali, ossessionati dal contenimento dei costi, sono restii a concedere aumenti salariali, che ridurrebbero il margine di profitto. E’ risaputo: le imprese quotate in Borsa volano sui listini quando annunciano tagli dell’occupazione, ristrutturazioni e delocalizzazioni per essere più efficienti. 

Soprattutto in Italia, le associazioni imprenditoriali chiedono allo Stato di tagliare il cosiddetto cuneo fiscale: occorre tagliare le tasse sul lavoro, per mettere più soldi in busta paga ai lavoratori. E’ sempre Pantalone che ci deve pensare: basta ricordare gli 80 euro erogati dal governo Renzi ai lavoratori dipendenti; ma non erano altro che una riduzione delle imposte, mascherata da erogazione a carico dell’Erario.

Tagliare il cuneo fiscale, significa ridurre il gettito delle imposte pagate dalle aziende: se contemporaneamente non si tagliano altre spese, il deficit aumenta. Secondo i dettami del Fiscal Compact, ciò è inammissibile: occorre invece procedere con aggiustamenti strutturali che azzerino il deficit. Tagliare la spesa pubblica, spesso quella per i servizi sociali provoca esborsi diretti da parte delle famiglie per spese sanitarie o scolastiche o per altri servizi. Tagliare gli investimenti pubblici rallenta ancora di più la crescita, e contrae il fatturato delle imprese che sono impegnate nella realizzazione delle opere pubbliche. Alcune hanno dovuto chiudere perché non ci sono più commesse: un vero disastro, dunque.

E’ tutto bloccato: salari, consumi, prezzi, deficit pubblico, tassi di interesse, credito bancario, investimenti…

Europa, Zero Tituli.