Dodicimila soldati degli Stati Uniti stanno per occupare la Libia

da “Avante”, settimanale del Partito Comunista Portoghese | Traduzione a cura di Marx21.it

 

Dodicimila soldati nordamericani arriveranno in Libia per consolidare la dominazione del paese da parte dell’imperialismo. L’occupazione avviene mentre il territorio è immerso in conflitti tra le fazioni del CNT e un gruppo armato che si presume leale al vecchio regime ha dato l’assalto alla città di Bani Walid.

 

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Secondo informazioni divulgate dal giornale pan-arabo Asharq Alawsat, il primo contingente delle forze armate di Washington (si presuppone che sia previsto almeno un secondo contingente) verrà sbarcato nella città di Brega, importante centro di esportazione del greggio.

 

Il controllo di giacimenti, porti, raffinerie e altri punti strategici per l’estrazione e il flusso del petrolio libico sarà il principale, e per ora l’unico, obiettivo delle truppe USA che arriveranno sul territorio.

 

L’occupazione viene annunciata pochi giorni prima che un gruppo armato, si presume fedele al precedente regime, ha preso d’assalto la città di Bani Walid. Secondo informazioni del cosiddetto Consiglio Nazionale di Transizione (CNT), gli uomini ostentavano bandiere verdi e intonavano canti a favore di Gheddafi.

 

Secondo quanto ha riferito alle agenzie di notizie il responsabile della città dopo il rovesciamento del regime libico, M’barek al-Fotmani, il gruppo ha avuto il sopravvento nell’attacco alla base dove si trovavano gli uomini del CNT, uccidendone almeno cinque, tra cui un comandante, e ferendone altri dieci.

 

L’agenzia EFE, da parte sua, ha garantito che si sono registrati “duri combattimenti” tra combattenti filo-Gheddafi e miliziani agli ordini del CNT.

 

Versioni sull’intensità degli scontri a parte, è certo che Bani Walid è sfuggita, anche solo temporaneamente, al controllo del CNT.

 

Distrutta la sede del CNT

 

Uno scenario simile pare che si ripeta a Bengasi. Alla fine della settimana scorsa, una moltitudine di giovani inferociti con il Consiglio, ha accerchiato e distrutto completamente la sede locale del CNT.

 

Nella città dove gli imperialisti e i loro alleati locali affermano di aver iniziato la rivolta popolare contro il regime libico, le manifestazioni di malcontento si sono moltiplicate nelle ultime settimane, coinvolgendo in particolare gli ex mercenari al servizio del CNT, che protestano contro l’ambiguità delle decisioni, il mantenimento dei presunti gheddafisti nei loro posti dell’apparato dello Stato e, soprattutto, reclamano l’adempimento delle promesse di pensioni d’oro che erano state fatte in cambio della loro adesione alla sollevazione armata.

 

Gli scontri si inaspriscono

 

Stavolta, le proteste a Bengasi avevano di mira fondamentalmente il vice-presidente Abdel Hafiz Ghoga, che la settimana scorsa è scampato alla furia di migliaia di studenti dell’Università di Ghar Yunis che lo accusavano di aver cambiato casacca.

 

Ghoba ha dovuto annunciare le sue dimissioni. La crisi ha comportato una dichiarazione del presidente Mustafa Abdul Jalil, che ha garantito che il nucleo del CNT non si dimetterà perché ciò porterebbe il paese alla guerra civile.

 

Jalil non vuole rendersi conto che gli scontri si inaspriscono indipendentemente dalla sua volontà, e che non sono estranee alle azioni intraprese da lui e dai suoi compagni di cordata.

 

La crescente contestazione del potere instaurato e la persecuzione di tutti coloro che possano aver avuto, o che appena siano sospettati di aver avuto, legami con il precedente regime, è indizio della miscela esplosiva di ambizioni frustrate e di l’odio cieco inculcato durante la campagna anti-Gheddafi, che ha trovato terreno fertile tra gli estremisti islamici, i razzisti e i mercenari di varia matrice.

 

Dall’inizio della settimana scorsa, varie agenzie di notizie hanno dato conto di scontri violenti tra le fazioni. Il più grave è accaduto a sud di Tripoli tra miliziani delle città di Gharyan e Assabia, probabilmente quando i primi hanno arrestato due civili, perquisendone uno e pugnalando l’altro alla gamba, riferisce Reuters, che cita un portavoce dell’autorità di Gharyan.