La necessità della lotta per la pace

di Rui Paz, Avante | Traduzione a cura di Marx21.it

 

reticolato usa-w300Negli ultimi giorni dell’anno da poco trascorso, gli Stati Uniti hanno reso pubblica la vendita all’Arabia Saudita di 84 aerei da combattimento del tipo F-15. Il contratto tra Washington e Riad ammonta a un importo di 30 miliardi di dollari (23,2 miliardi di euro). Pochi giorni dopo, è seguito l’annuncio della fornitura agli Emirati Arabi Uniti di sistemi anit-missile e di radar per un valore di 3,48 miliardi di dollari (2,7 miliardi di euro). Il premio Nobel della pace, Barack Obama, dopo aver già dimostrato capacità guerriere in Libia e nel Pakistan identiche a quelle del suo predecessore, il repubblicano George Bush, si sta rivelando un abile commerciante di materiale bellico, soprattutto in zone esplosive dove in ogni momento possono insorgere conflitti dalle conseguenze imprevedibili. Ma, in questo momento di rapido aggravamento della crisi del sistema capitalista, il leader della maggiore potenza imperialista mondiale rivela soprattutto l’intenzione di prepararsi ad ogni tipo di uscita dalla crisi, compreso lo scatenamento di un conflitto militare generalizzato.

 

Già nel discorso sulla “primavera araba” (19.05.2011), Obama aveva cercato di nascondere gli obiettivi di rapina del capitale monopolistico nordamericano in Medio Oriente e nel Nord Africa attraverso numerosi riferimenti alla “democrazia”. Non ha parlato dell’interesse degli USA al “petrolio” dei popoli della regione, ma piuttosto di quello alla “libertà religiosa”, al “diritto a governi eletti”, alla “libertà di opinione”, a “Bagdad, Damasco, Sanaa o Teheran”. Obama non è stato in grado di spiegare le ragioni che hanno spinto gli USA ad appoggiare per 30 anni la dittatura di Mubarak, e neppure ha fatto riferimento al dispotismo confessionale e politico dei suoi più fedeli alleati arabi, come Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Oman e Kuwait. Per Washington e il suo presidente, la democrazia si misura visibilmente in barili di petrolio. Quanto più le monarchie assolute del Golfo metteranno l’oro nero a disposizione delle compagnie nordamericane e aiuteranno gli Stati Uniti e il Pentagono a conservare l’egemonia e il controllo sulle principali riserve energetiche mondiali, o trasformeranno i rispettivi stati in filiali di ExonMobil, Halliburton o Chevron, tanto più rinascerà la “democrazia” e la “stabilità” nella regione.

 

E’ stato in base a questa nuova filosofia politica che Obama ha fatto la sua apparizione il 5 gennaio a Rio de Janeiro per presentare la presunta nuova dottrina militare strategica. Alcuni media hanno interpretato la dichiarazione del presidente americano come una riduzione delle “spese” e dei “mezzi militari”. Ma è lo stesso Obama a spiegare che “di fatto, il bilancio militare continuerà ad essere superiore a quello che esisteva alla fine del mandato di Bush”. E aggiunge: “sono certo che il popolo americano comprenderà che possiamo conservare la nostra forza militare e la sicurezza della nostra nazione con un bilancio che in futuro continuerà ad essere superiore all’insieme dei dieci paesi” militarmente più forti. Il Ministro della Difesa, Panetta, spiegando il significato del nuovo documento del Pentagono, dal titolo “Mantenimento del ruolo dirigente degli USA – Priorità della politica di Difesa del XXI secolo”, dice che la forza militare marittima e aerea acquisirà un ruolo decisivo, con l’utilizzo di congegni e armi teleguidati.

 

La necessità impellente della lotta per la pace e contro le guerre imperialiste continua a rappresentare una questione cruciale per l’umanità e il futuro della democrazia e il potere dei popoli. I mutamenti del linguaggio e della strategia operati dall’imperialismo non cambiano i suoi obiettivi di dominio e neppure il suo carattere criminale, aggressivo e oppressivo.