Si aggravano i pericoli di guerra in Medio Oriente

da www.contropiano.org

 

carro tramonto-w350Sono estremamente preoccupanti gli eventi in corso in Medio Oriente. L’escalation in corso contro la Siria e l’Iran lasciano intravedere che troppe tensioni e troppe ingerenze si stanno accumulando in un’area strategica del mondo. Il rischio di una escalation che porti alla guerra è una ipotesi che ormai nessuno può sottovalutare.

 

1. Sulla Siria cresce l’ingerenza della Turchia che sta lavorando ad una divisione del paese e sta fomentando apertamente i gruppi islamici in un rapporto di collaborazione e competizione con l’altra potenza regionale dell’islam politico: l’Arabia Saudita. Due opzioni in campo per contendersi l’egemonia nella regione e che vedono nella Siria il vaso di coccio da far esplodere per definire i nuovo equilibri. I sauditi godono dell’appoggio di Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna reduci dall’aver annientato la Libia di Gheddafi per sostituirlo con dei golpisti a loro funzionali. La Turchia gioca in proprio la propria ambizione di tornare ad essere una potenza regionale in grado di influenzare l’affermazione egemonica dell’islam politico nei paesi protagonisti delle rivolte e dei processi elettorali in Medio Oriente. Israele attende di poter sfruttare ogni vantaggio che le deriverà dalla eventuale caduta di Assad e del Baath in Siria.

 

2. La Siria di Assad, come la Libia di Gheddafi, paga l’illusione di essersi ritenuta ormai fuori dalla lista nera del Dipartimento di Stato statunitense facendo concessioni sul piano economico. La Siria ha avuto e può continuare ad avere un ruolo nel Fronte del Rifiuto contro i disegni imperialisti in Medio Oriente. Ma paga anche il sanguinoso schematismo con cui il gruppo dirigente siriano ha gestito la prima fase delle proteste popolari. Il monopolio del potere non è un dogma da non mettere mai a verifica o da difendere sempre a cannonate. La democratizzazione può essere un processo di avanzamento sociale non necessariamente gestito dalle agenzie di ingerenza statunitensi, saudite o turche che ne fanno un uso strumentale ai propri interessi.

 

3. Ma è anche l’escalation contro l’Iran a illuminare con lampi di guerra la regione. L’assalto degli studenti all’ambasciata britannica di Teheran può essere un boomerang che la coalizione tra Usa, Gran Bretagna, Israele e Arabia Saudita cercherà di sfruttare per aumentare la guerra sporca contro l’Iran già in corso da tempo con attentati, omicidi, azioni coperte.

 

Le istituzioni internazionali sulla vicenda iraniana adottano ancora una volta un inaccettabile doppio standard che non può che alimentare tensioni, ingiustizie e conflitti. Va ritenuto infatti inaccettabile che l’Iran debba rinunciare unilateralmente al programma nucleare in presenza del conclamato arsenale nucleare israeliano sul quale l’Aiea, la Nato etc,. continuano a tacere.

 

4. ll disarmo atomico della regione rimane la proposta più sensata ma non può riguardare solo l’Iran e deve riguardare anche Israele. Lo squilibrio nucleare e militare è una soluzione peggiore e più pericolosa dell’esistente. Nessuno può sottovalutare che una guerra contro la Siria e l’Iran oggi rappresenti l’innesco di una escalation pericolosa per le sorti del Medio Oriente e dell’umanità. Su questo è tempo che si dicano parole chiare nelle piazze e nelle sedi diplomatiche, nel dibattito politico e nei mezzi di comunicazioni di massa.

 

Invitiamo tutte le attiviste e gli attivisti dei movimenti No War, della sinistra e delle forze democratiche a non cedere – come avvenuto in Libia – alla propaganda di guerra e a mettere in campo analisi, informazioni e iniziative ispirate ad un chiaro e forte No alle aggressioni militari contro Siria e Iran e a guerre civili fomentate dall’esterno (come invece ha annunciato esplicitamente il segretario di stato Usa Hillary Clinton solo due settimane fa).

 

Lanciamo la mobilitazione contro i pericoli di guerra in Medio Oriente e attiviamo i canali dell’informazione alternativa per complicare la vita alla manipolazione mediatica dei fatti.

 

30 novembre 2011

La Rete dei Comunisti – Commissione internazionale