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Avante!”, Settimanale del Partito Comunista Portoghese

da http://www.avante.pt

Traduzione di Marx21.it

La crociata anti-cinese scatenata dalla Casa Bianca e dal vertice del Partito Repubblicano ha assunto ritmi frenetici. L’attacco “totale” alla Cina è diventato il fulcro della strategia elettorale repubblicana, secondo quanto emerge da un memorandum interno divulgato dalla stampa, che mostra lo stato di nervosismo che ha investito la leadership del partito oggi al potere a Washington.


La recente prospettiva di una rielezione relativamente tranquilla di Trump, di fronte a un Partito Democratico immerso nella mediocrità e nella confusione interna, si è trovata improvvisamente minacciata dalla devastazione della pandemia negli Stati Uniti e dallo shock economico provocato da ciò che ormai si presenta come la peggiore recessione dai tempi della Grande Depressione. Sovvertendo la verità dei fatti, alti funzionari statunitensi si alternano nel rituale della colpevolizzazione di Pechino. In particolare puntano il dito contro il Partito Comunista Cinese.

Il diluvio di follie, una vera e propria alluvione, intende far dimenticare le responsabilità dell’amministrazione Trump e dell’imperialismo americano nella tragedia di COVID-19 negli Stati Uniti. Rispetto alla Cina, il paese ha 10 volte più casi di contagio e morti, sebbene il numero di abitanti degli Stati Uniti rappresenti meno di un quarto della popolazione cinese. Pur contando su circa 800 basi militari installate in tutto il mondo, non è noto un solo caso in cui un team medico internazionale di aiuti sia stato inviato dagli Stati Uniti. Nel frattempo, il trasporto aereo di attrezzature mediche della Cina in tutto il mondo, compresi gli Stati Uniti, non si ferma.

L’aumento dell’aggressività dell’imperialismo non è una novità di fronte a un’accresciuta incertezza e all’approfondimento della crisi strutturale. Washington ora cercherà di intensificare ulteriormente la campagna di guerra commerciale e tecnologica scatenata contro la Cina. Moltiplicando pressioni e ricatti su tutti i fronti. La recessione in corso è vista come un’opportunità aggiuntiva per colpire con maggiore ferocia l’inevitabile ruolo della Cina nelle catene globali del valore e della produzione.

Tuttavia, all’interno del sistema, si levano voci che frenano il monumentale bluff: secondo il CEO di Apple, “la Cina si è evoluta in un settore molto avanzato” in cui “l’esperienza dell’artigiano, la robotica sofisticata e il mondo dell’informatica si intersecano. Una combinazione che molto raramente si verifica altrove “. E aggiunge: “gli Stati Uniti non hanno ingegneri a sufficienza per realizzare uno smartphone (…), non abbiamo abbastanza ingegneri per espandere la produzione industriale degli Stati Uniti con un margine significativo. Nel 2015 in Cina si sono laureati sei volte più ingegneri” (Asia Times, 14.04.2020). Fino a questo punto è arrivato il processo di stagnazione nella principale potenza imperialista. A differenza della Cina, gli Stati Uniti oggi non hanno una catena industriale completa.

Anche la drammatica dimensione della pandemia nel paese e i quasi 30 milioni di lavoratori disoccupati nell’ultimo mese e mezzo sono i segni di un declino sempre più evidente. Se nel 1960 il PIL degli Stati Uniti rappresentava il 40 percento del prodotto mondiale, nel 2019 il suo peso si è ridotto al 15 percento. Gli effetti di questo processo sui rapporti di forza nel mondo sono inevitabili. Per Pechino, il mondo sta assistendo al più grande cambiamento da 100 anni a questa parte. Ma le minacce alla pace avanzate dall’imperialismo non sono mai state così gravi come nei tempi in cui viviamo.