Grecia, svendita di basi militari agli Stati uniti

dinucci greciadi Manlio Dinucci

da il manifesto 11 febbraio 2020

Il Parlamento greco ha ratificato l’«Accordo di cooperazione per la reciproca difesa», che concede agli Stati uniti l’uso di tutte le basi militari greche. Esse serviranno alle forze armate Usa non solo per stoccare armamenti, rifornirsi e addestrarsi, ma anche per operazioni di «risposta all’emergenza», ossia per missioni di attacco. 

Particolarmente importante la base aerea di Larissa, dove la US Air Force ha già schierato droni MQ-9 Reaper, e quella di Stefanovikio, dove lo US Army ha già schierato elicotteri Apache e Black Hawk.  


L’Accordo è stato definito dal ministro greco della Difesa, Nikos Panagiotopoulos, «vantaggioso per i nostri interessi nazionali, poiché accresce l’importanza della Grecia nella pianificazione Usa». Importanza che la Grecia ha da tempo: basti ricordare il sanguinoso colpo di stato dei colonnelli, organizzato nel 1967 nel quadro dell’operazione Stay-Behind diretta dalla Cia, cui seguì in Italia la stagione delle stragi iniziata con quella di Piazza Fontana nel 1969. 

In quello stesso anno si installò in Grecia, a Souda Bay nell’isola di Creta, un Distaccamento navale Usa proveniente dalla base di Sigonella in Sicilia, agli ordini del Comando Usa di Napoli. Oggi Souda Bay è una delle più importanti basi aeronavali Usa/Nato nel Mediterraneo, impiegata nelle guerre in Medioriente e Nordafrica.  

A Souda Bay il Pentagono investirà altri 6 milioni di euro, che si aggiungeranno ai 12 che investirà a Larissa, annuncia Panagiotopoulos, presentandolo come un grande affare per la Grecia. 

Il primo ministro Kyriakos Mitsotakis precisa però che Atene ha già firmato col Pentagono un accordo per il potenziamento della sua flotta di F-16, che costerà alla Grecia 1,5 miliardi di dollari, e che è interessata ad acquistare dagli Usa anche droni e caccia F-35. La Grecia si distingue inoltre per essere nella Nato, dopo la Bulgaria, l’alleato europeo che destina da tempo alla spesa militare la più alta percentuale del Pil (il 2,3%).

L’Accordo garantisce agli Stati uniti anche «l’uso illimitato del porto di Alessandropoli». Esso è situato sull’Egeo a ridosso dello Stretto dei Dardanelli che, collegando in territorio turco il Mediterraneo e il Mar Nero, costituisce una fondamentale via di transito marittima soprattutto per la Russia. 

Inoltre la limitrofa Tracia Orientale (la piccola parte europea della Turchia) è il punto in cui arriva dalla Russia, attraverso il Mar Nero, il gasdotto TurkStream. 

L’«investimento strategico», che Washington sta già effettuando nelle infrastrutture portuali, mira a fare di Alessandropoli una delle più importanti basi militari Usa nella regione, in grado di bloccare l’accesso delle navi russe al Mediterraneo e, allo stesso tempo, contrastare la Cina che intende fare del Pireo un importante scalo della Nuova Via della Seta. 

«Stiamo lavorando con altri partner democratici nella regione per respingere malefici attori come la Russia e la Cina, anzitutto la Russia che usa l’energia quale strumento della sua malefica influenza», dichiara l’ambasciatore Usa ad Atene Geoffrey Pyatt, sottolineando che «Alessandropoli ha un ruolo cruciale per la sicurezza energetica e la stabilità dell’Europa». 

In tale quadro si inserisce l’«Accordo di cooperazione per la reciproca difesa» con gli Usa, che il Parlamento greco ha ratificato con 175 voti favorevoli del centro-destra al governo (Nuova Democrazia e altri) e 33 contrari (Partito Comunista e altri), mentre 80  hanno dichiarato «presente» secondo la formula del Congresso Usa, equivalente all’astensione, in uso nel Parlamento greco. 

Ad astenersi è stata Syriza, la «Coalizione della Sinistra Radicale» guidata da Alex Tsipras. Partito prima di governo, ora all’opposizione, in un paese che, dopo essere stato costretto a svendere la propria economia, ora svende non solo le sue basi militari ma quel poco che resta della sua sovranità.