Medio Oriente

Aleppo 612198722di Ângelo Alves, Commissione Politica del Partito Comunista Portoghese

da avante.pt

Traduzione di Marx21.it

E’ sempre più evidente e irreversibile la sconfitta militare degli Stati Uniti e dei loro alleati nella guerra di aggressione alla Siria. Le più recenti operazioni militari confermano l’avanzata dell’Esercito siriano in alcuni degli ultimi ridotti dei terroristi e mercenari, con la conquista di posizioni nella provincia di Hama (a nord di Damasco), dove sono state conquistate le località di Harran e Hardana, e nella provincia di Dayr al-Zawr (Sud Est del paese, alla frontiera con l’Iraq) dove le forze di difesa siriane hanno riconquistato la strategica città di Abu Camal, situata ai margini del fiume Eufrate, una delle principali roccaforti di DAESH.

Nel frattempo, la “coalizione internazionale” guidata dagli USA, concentrata nel Nord Est del paese, continua a commettere crimini e massacri, nascosti dai media dominanti, e a sviluppare operazioni e accordi segreti con i terroristi, come recentemente è stato divulgato rispetto a Raqqa, in cui le forze militari statunitensi hanno organizzato e protetto militarmente la fuga dei combattenti terroristi di DAESH.

Gli sforzi diplomatici per raggiungere una soluzione politica si intensificano. Sono in fase di sviluppo i contatti tra Russia, Iran e Turchia con la riunione di Sochi (22 novembre), che potrebbe condurre, riportate le condizioni di sicurezza, all’apertura di un dialogo inter-siriano. Da parte loro, gli Stati Uniti e i loro alleati tentano di mantenere in qualche modo l’iniziativa e condizionare gli sviluppi futuri. La presentazione di una risoluzione al Consiglio di Sicurezza dell’ONU per cercare di prolungare la manovra sul presunto uso di armi chimiche da parte delle forze armate siriane è uno degli esempi, sconfitto dal veto della Federazione Russa ma anche dalle recenti rivelazioni secondo cui dell’utilizzo delle armi chimiche sarebbero responsabili terroristi legati anche agli stessi Stati Uniti.

Ma come già abbiamo scritto in precedenza, la probabile vittoria del governo e dell’esercito siriano, in alleanza con la Federazione Russa e l’Iran, nella guerra che aveva come obiettivo quello di dividere il paese e annientarlo come nazione sovrana, non significa né la fine delle manovre dell’imperialismo e del sionismo, né degli enormi pericolo che sono costretti ad affrontare i popoli della regione. Le pedine di una sempre più complessa scacchiera politica si muovono con rapidità, adattandosi alla nuova realtà.

Gli USA cercano di “oliare” l’asse Israele-Arabia Saudita che individui come bersaglio l’Iran. L’obiettivo è quello di cercare di mantenere una situazione di enorme tensione nella regione, riabilitare il ruolo della dittatura saudita ed intervenire nella politica delle relazioni commerciali, in via di accelerata trasformazione.

E’ alla luce di questa nuova realtà che vanno letti i recenti avvenimenti come il colpo di palazzo in Arabia Saudita; l’intensificazione della guerra saudita nello Yemen; le dichiarazioni dell’ex primo ministro del Qatar e le “dimissioni”/sequestro del primo ministro libanese su iniziativa dell’Arabia Saudita, in un chiaro tentativo di destabilizzare il Libano che possa giustificare una nuova aggressione di Israele contro Hezbollah.

La situazione è potenzialmente esplosiva e sempre più chiarificatrice delle intenzioni dell’imperialismo. Ma allo stesso tempo, è anche evidente che gli Stati Uniti e i loro alleati diretti si trovano nella situazione di dover reagire alle pesanti sconfitte subite dalla loro strategia di dominio nella regione.