Cosa succede in Corea?

trump kim jong undi Marco Pondrelli per Marx21.it

Mentre scrivo questi righe non è ancora chiaro se il previsto summit fra il Presidente Coreano Kim Jong-un e quello americano Donald Trump si svolgerà, tantomeno si può prospettare quale sarà il risultato di questo eventuale incontro. L’unica cosa che si può affermare è che potremmo assistere ad un evento storico. Dispiace leggere e sentire tanti opinionisti della sedicente sinistra indignarsi e criticare Trump reo di concedere troppo al ‘dittatore coreano’. Questi personaggi continuano a rimpiangere il premio Nobel per la pace Obama e la presidente mancata Clinton, i quali, secondo loro, non avrebbero perso l’occasione per regolare i conti con Kim Jong-un come l’hanno fatto in Libia e come avrebbero voluto farlo in Siria. Come si può dare torto al Generale Mini quando critica questi politici guerrafondai militesenti?

Un evento storico il vertice sicuramente lo sarà ma non si può immaginare che produca miracoli, l’unificazione coreana non è all’ordine del giorno. Ciò non di meno questo incontro è positivo e potrebbe segnare una distensione non solo in quell’area ma anche nel resto del mondo.

Una nuova guerra in Corea avrebbe conseguenze ancora più disastrose di quella combattuta fra il 1950 ed il 53. In un articolo pubblicato sul New York Times Max Fisher spiegava che, data l’organizzazione difensiva nordcoreana, qualsiasi tipo di attacco statunitense (anche nucleare) non impedirebbe la reazione della RPDC verso Seoul (la cui area metropolitana conta oltre 22 milioni di abitanti) ed anche verso Tokyo (oltre 13 milioni di abitanti).

La situazione odierna sembra aver, se non eliminato, reso meno probabili questi scenari. Ciò è stato possibile principalmente per il contributo di 4 importanti figure che vanno considerate fuori dai cliché che la stampa mainstream ci propina.

Donald Trump. Non è mia intenzione analizzare una figura complessa e per molti versi ancora enigmatica come quella del Presidente Usa, mi limiterò ad analizzare il suo ruolo in questo quadrante. Il fatto che un’ipotetica guerra coreana significherebbe una tragedia di proporzioni immaginabili non vuole dire che essa non possa esservi. Dentro l’amministrazione americana c’è chi pensa che questa sia una strada percorribile perché se è vero che le conseguenze sarebbero drammatiche (ma non per gli americani) una Corea dotata di armi nucleari sarebbe uno scenario ancora peggiore. È quello che sostiene Jocob L. Shapiro, capo analista di Geopolitical Futures, intervistato da Limes: “la superpotenza non può tollerare uno sviluppo che esporrebbe la costa occidentale del suo territorio a possibili attacchi nucleari [1] ”. L’opzione Trump è differente e non vale solo per la Corea, l’obiettivo è quello di delineare una nuova Yalta, accettando lo scontro/confronto con le altre potenze mondiali ma senza prendere in considerazione l’ipotesi militare.

Gli Stati Uniti hanno abbandonato la ‘pazienza strategica’, la tattica negoziale di Trump, forse derivatagli dalla sua esperienza nel mondo degli affari, è sicuramente dura nel difendere i propri interessi ma esclude di precipitare il mondo in una escalation nucleare, si sarebbe potuto dire la stessa cosa della Signora Clinton?

Oggi è difficile dire se questa sarà la strada ma, anche a sinistra, occorre fare uno sforzo per iniziare a leggere il lavoro dell’Amministrazione americana con maggiore obiettività.

Moon Jae-In. Se il 12 giugno lo storico incontro Trump-Kim verrà celebrato lo si dovrà anche al ruolo di mediatore del Presidente sudcoreano. Egli è l’espressione di una generazione che ha combattuto contro la dittatura del Sud tentando di modernizzare il paese. Questa generazione è definita da Lankov [2] 386, nati negli anni ’60 hanno studiato e si sono formati nelle università negli anni ’80 ed avevano 30 anni negli anni ’90. La 386 vide il grande sviluppo economico e ne fu critica, arrivando a criticare il capitalismo ed il libero mercato da posizione che potremmo definire socialdemocratiche. Non abbandonarono l’idea di unificazione ma la videro in una nuova prospettiva: più pro-mercato, rispetto all’opposizione filo-nordcoreana che anche nella dittatura della sudcoreana era sopravvissuta, seppur in un paese maggiormente democratico ed aperto.

Il Presidente sudcoreano parte da questo substrato ideologico che lo porta a modificare l’atteggiamento pregresso, senza risparmiare critiche agli Stati Uniti quando questi assumono atteggiamenti non dialoganti. In particolare l’attuale Presidente si è espresso in passato contro il THAAD [3]. Moon rimane favorevole ad un cambio di regime al Nord? Probabilmente sì ma questo non cambia il giudizio positivo sulla politica distensiva che sta portando avanti, facendo appello ad un sano nazionalismo coreano critico contro le ingerenze esterne.

Kim Jong-un. Sul Presidente Nord Coreano le leggende (o meglio le fake news) si sprecano, fra gente data in pasto a cani e generali fucilati con un colpo di cannone. Tutti questi articoli non sono solo un segno della decadenza del nostro giornalismo ma sono un tentativo di trasformare i nemici dell’Occidente in pazzi. La pazzia è una categoria molto comoda spiegando tutte le azioni, anche quelle che possono apparire contraddittorie, in modo molto semplice e lineare. Allo stesso tempo però la pazzia preclude il dialogo, non si può trovare un accordo con una persona mentalmente disturbata. Le sanzioni ed in subordine la guerra sono le uniche soluzioni possibili.

Provo ad abbandonare quest’approccio. La Corea del Nord ha spesso rinfacciato all’Occidente, in particolare agli Stati Uniti, la guerra in Iraq e sopratutto quella in Libia. Gheddafi accettò di smantellare il proprio programma nucleare accettando controlli sul proprio territorio da parte di agenti della CIA. Facile affermare che se il Presidente libico non avesse accettato tutto ciò sarebbe ancora vivo e la Libia non sarebbe in preda al caos.

La politica di Kim è il frutto dell’annientamento del diritto internazionale, quando all’ONU si sostituisce l’hobbesiano homo homini lupus non ci si può stupire che gli stati finiti sulla lista nera si armino. La strategia nordcoreana è stata perfettamente razionale, l’obiettivo è quello della sopravvivenza non solo di un governo ma di un interno paese. Così come Trump Kim è un duro negoziatore e come tutti i negoziatori ha uno scopo. La Corea del Nord ha sempre dichiarato che il nucleare ha scopi difensivi, non scordiamoci la presenza miliare statunitense al Sud. Oggi il nucleare è un’assicurazione sulla vita alla quale è difficile rinunciare.

Se la Corea riuscisse ad arrivare ad un stadio di sicurezza potrebbe allora dedicarsi alla crescita economica ed avviare riforme simili a quelle cinesi? Questo è una domanda che esula dal tema dell’articolo, posso però dire che la distensione e la pace sono un terreno molto più fertile per costruire ricchezza che non la guerra o la semplice minaccia della stessa.

Xi Jinping. Il Presidente cinese, senza lanciare tweet come il suo omologo americano, ha dato un contributo decisivo al percorso di pace. La Cina è preoccupata da quello che avviene in Corea per 3 ragione.

Innanzitutto un conflitto precipiterebbe l’area di una situazione di grave destabilizzazione. Secondo la corsa agli armamenti del Nord provoca la reazione statunitense attraverso il THAAD che tocca anche i confini cinesi (oltre che quelli russi) ed anche quella giapponese, il cui Primo Ministro Shinzo Abe sta tentando di abbandonare lo storico, e costituzionalizzato, pacifismo nipponico. Infine una destabilizzazione coreana provocherebbe un afflusso di profughi sul territorio cinese. Queste considerazioni hanno portato in Cina all’emergere di una posizione mediana tra quella favorevole ad una più stretta alleanza con Kim e quella disponibile ad un rovesciamento del Presidente. La posizione della Cina è un sostegno limitato, che porta il Regno di Mezzo a sostenere la Corea del Nord ma allo stesso tempo ad accettare limitate sanzioni.

Per concludere non mi lancerò in previsioni. Come detto non è possibile dire con precisione se in vertice ci sarà, tanto meno è impossibile prevedere come finirà. Una cosa la si può però dire: il banco di prova coreano rappresenta un passaggio rilevante per capire se, come lo stesso Kissinger ha affermato nel suo ultimo libro, andiamo verso un nuovo ordine mondiale oppure se stiamo precipitando verso una nuova guerra che potrebbe anche essere nucleare. Lo scenario è aperto e non vi sono soluzione certe e precostituite.

[1] Shapiro, Jacob L.; L’America deve attaccare adesso o mai più, in Limes, Venti di guerra in Corea, n.9, 2017, pag.65-73
[2] Lankov, Andrei; The Real North Korea, Oxford University Press, 2013
[3] Terminal High Altitude Area Defense, sistema missilistico presentato come difensivo che il Nord vede invece come una minaccia