La ricetta segreta della Cina contro la pandemia

contrasto al covid 19Recensione al libro Contrasto al Covid-19: la risposta cinese, a cura di di Marco Bagozzi, Cavriago, Anteo Edizioni, 2020, pp. 136, 13.00 € (http://www.anteoedizioni)

di Francesco Galofaro, Università di Torino

Di fronte alla tragica incapacità delle società europee di evitare il secondo impatto del virus, è inevitabile chiedersi quale sia il segreto della Cina. Qual è il fattore che ha fatto la differenza, e che ha permesso all’economia cinese di entrare in ripresa sostenendo l’economia mondiale? È bene ricordare sempre che, dopo lo scoppio dell’emergenza a Wuhan, la stampa occidentale minimizzò quel che stava accadendo, insinuando che la Cina fosse a caccia di facili vittorie propagandistiche. In seguito, quando la situazione in Europa e in America si è aggravata, il capo d’accusa si è addirittura rovesciato: la Cina avrebbe nascosto la minaccia, allo scopo di lasciare che ci infettassimo tutti. Inoltre, si è sostenuto che Cina abbia tenuto il virus sotto controllo sol grazie all’autoritarismo, che ha permesso misure liberticide. Si è perfino detto che il governo cinese spia i cittadini tramite dispositivi di sorveglianza invadenti ed intrusivi, laddove le nostre (fin qui inutili) applicazioni di tracciamento sarebbero gentili e rispetterebbero la privacy. È proprio vero? Dobbiamo scegliere tra una risposta efficace al virus e la democrazia? Dobbiamo proprio morire di polmonite per difendere la privacy? Per rispondere a queste domande un po’ inquietanti è utile dare un’occhiata al volume curato da Marco Bagozzi, dottore in scienze politiche, che raccoglie sette studi sulla Cina realizzati da Clara Statello, Marco Costa, Giulio Chinappi, Marco Pondrelli, Francesco Maringiò e Jang Fangfei. A completare il volume, un documento sulla reazione al virus da parte della comunità cinese triestina a cura di Tiziana Tambone, Associazione Nuove Vie della Seta; una prefazione dell’Ambasciatore cinese, Li Junhua; il discorso di Xi Jinping all’apertura dell’assemblea mondiale della sanità.

Quale sia il segreto della Cina è presto detto ed è più semplice di quanto si possa credere. Dall’accurato studio sullo sviluppo storico del servizio sanitario cinese, realizzato da Bagozzi, risulta chiaramente che la tutela della salute in Cina è un diritto fondamentale del cittadino. Non è sacrificabile ad altre considerazioni. Hu Jintao e Xi Jinping hanno portato il sistema sanitario al centro della propria agenda politica, mirando alla copertura sanitaria universale nell’ambito del progetto di una “società armoniosa” che miri a garantire un benessere generalizzato. In media, la spesa sanitaria è cresciuta tra il 2008 e il 2017 del 12,2% l’anno, ovvero più del PIL (+8,1%). Aumenta anche l’aspettativa di vita; diminuiscono la spesa sanitaria a carico delle famiglie, la mortalità materna ed infantile. Si tratta dei dati di un’economia in crescita e di un modello di sviluppo di successo; l’opposto dei nostri dati italiani, che parlano solo di tagli lineari, eliminazione dei così detti sprechi, spending review. A dire il vero, che nei sistemi socialisti la salute sia un diritto fondamentale, prioritario, non è affatto una novità. Non così in molte società occidentali, a partire dagli USA: senza dubbio il diritto alla salute non è riconosciuto da tutti nell’elenco dei diritti umani minimi, di cui si gode per il semplice fatto di venire al mondo. E quando alcuni Stati occidentali hanno lasciato che il virus si diffondesse e uccidesse i propri cittadini, nessuno ha proposto interventi umanitari, operazioni di polizia o regime change.

Un altro segreto della Cina consiste nel fatto che, all’interno della sfera dei discorsi politici, non troviamo l’opposizione tra diritto alla salute e diritto all’economia, che invece dà forma ai nostri. Il nesso tra la tutela della salute e il buon funzionamento dell’economia dovrebbe essere evidente perfino in una economia capitalista: senza salute non vi è riproduzione della forza lavoro, considerata come un fattore produttivo, né consumo di merci. Tuttavia, in occidente si è perso tempo nel tentativo di lasciare aperte le attività nonostante il virus. Possiamo chiederci quali siano le ragioni che portano la nostra cultura a trascurare la salute con la giustificazione, sbagliata, di tutelare l’economia: rigidità di un sistema incapace di resilienza di fronte alla crisi, miope egoismo o semplice ignoranza dei capitalisti e della classe politica che li rappresenta, scarsità o assenza di risorse per sostenere i soggetti maggiormente colpiti dalla chiusura (lavoratori precari, cassaintegrati, commercianti, piccoli imprenditori ecc.). In alcuni Paesi potrebbero aver agito pulsioni ideologiche legate al darwinismo sociale e perfino al protestantesimo e al ruolo fondamentale che attribuisce alla grazia divina come strumento di salvezza individuale. Quale che sia la spiegazione, come leggiamo nello studio di Giulio Chinappi (University of Toronto), in Cina l’economia non è mai stata anteposta alla salute: la quarantena è stata applicata a una regione che produceva da sola il 20% del Pil nazionale; solo a partire da marzo, quando la situazione sanitaria è tornata sotto controllo, il governo si è concentrato sulla ripresa, basata in gran parte sul mercato interno, sul sostegno alle piccole imprese e ai cittadini a basso reddito, duramente colpiti dalla pandemia. In questo modo, già nel secondo trimestre 2020 l’economia cinese ha visto un rimbalzo, mentre l’Occidente si dibatteva ancora nell’emergenza. Si tratta di un successo del socialismo cinese, ovvero di tre fattori: (1) il ruolo dello Stato nell’allocazione delle risorse ha funzionato meglio della “mano invisibile del mercato”. Le grandi aziende pubbliche e private hanno messo le loro risorse a disposizione dello Stato della lotta al virus; (2) la proprietà pubblica della sanità ha assicurato il livello di assistenza necessario. Ad esempio, il numero di posti letto per mille abitanti è 4,34, contro i 2,7 degli USA. (3) Il radicamento sociale del Partito comunista ha assicurato coordinazione nelle comunità locali e rispetto delle regole di sicurezza.

Si tratta di un successo innegabile che ha interrogato l’opinione pubblica occidentale. Già in marzo la Cina è stata in grado di inviare aiuti all’Italia in difficoltà, raccontati nel contributo di Marco Costa; l’impatto sulla nostra opinione pubblica è raccontato da uno studio molto dettagliato di Francesco Maringiò, e vede un aumento complessivo dell’interesse verso la Cina con un atteggiamento positivo, come prova la sentiment analysis; in un sondaggio SWG della fine di marzo, gli italiani individuavano nella Cina e nella Russia i due principali paesi “amici” dell’Italia, relegando gli Stati uniti al terzo posto. Altri paesi UE nello stesso periodo erano invece considerati alla stregua di avversari (era l’epoca delle discussioni e dei veti sugli aiuti economici, che laceravano la UE). D’altro canto, nel suo articolo Clara Statello, economista e corrispondente di Sputnik Italia, ricostruisce la risposta della macchina propagandistica USA, votata alla demonizzazione della Cina per coprire in gran parte i propri fallimenti: è bene ricordare che in marzo Donald Trump dichiarava che i morti per la pandemia erano in linea con quelli di una banale influenza, che l’economia era sotto controllo, e che l’OMS diffondeva dati falsi sul tasso di mortalità del virus. 

La vittoria cinese può ora portarci a ragionare delle relazioni mondiali. Nel suo denso articolo, Jang Fangfei (Accademia Cinese delle Scienze Sociali), sottolinea come l’intervento cinese sia ispirato al principio della cooperazione internazionale. Nella fase acuta della crisi, la Cina è stata aiutata da Russia, Giappone, Pakistan; a sua volta, superata l’emergenza, la Cina ha aiutato Giappone, Italia, Pakistan, lran, Iraq, Serbia, Spagna e molti altri paesi. La Cina ha sostenuto finanziariamente l’Organizzazione mondiale della sanità e ha condiviso i risultati della ricerca scientifica sul virus, all’opposto degli USA che hanno ritenuto di uscirne. La Cina si è dimostrata un paese affidabile e si candida a giocare un ruolo attivo nella prevedibile crisi economica mondiale che incombe sul nostro presente. Gli scenari futuri sono ricostruiti da Marco Pondrelli, direttore di marx21.it. L’epoca del sistema unipolare a guida USA si direbbe ormai conclusa, per lasciare il posto a un sistema multipolare che vede la Cina egemone in Asia. Per quanto gli Stati uniti possano giocare la carta della propria superiorità militare aumentando la conflittualità dei propri partner, il rapporto commerciale con la Cina costituisce per Australia, India e Giappone un’opportunità di sviluppo fondamentale, che rende poco credibili rotture con Pechino. Si aprono scenari di riforma di organizzazioni internazionali quali l’ONU, l’FMI e la Banca Mondiale; meno chiaro è se l’Europa sarà in grado di comprendere quali siano i propri interessi nella nuova fase.

Per concludere, svelo finalmente quali sono gli ingredienti della “ricetta segreta” che ha portato la Cina a uscire dalla crisi, efficacemente raccontati dall’ambasciatore cinese in Italia Li Junhua:

– La vita è preziosa e noi la difendiamo;

– Il rispetto per la Scienza;

– Solidarietà per il Futuro Comune.

Per queste ragioni, la Cina prosegue tuttora nel proprio lavoro volto a sconfiggere il virus nel nome di una “comunità umana dal destino condiviso”.