Recensione del libro “Plusvalore d’Italia”, GP. Patta, ed Punto Rosso

di Roberto Romano

patta plusvaloreditalia“La storia del capitalismo affonda le sue radici nel pensiero classico e nella prima rivoluzione industriale. Piaccia o non piaccia, per interpretare correttamente il capitalismo occorre riappropriarci di quel vasto patrimonio di conoscenze, intuizioni e suggestioni che i protagonisti del pensiero classico (Ricardo, Smith, Marx) hanno offerto alla comunità economica, al lavoro e alle forze politiche che di volta in volta si sono cimentati alla guida del capitalismo”. “La storia e le crisi del sistema capitalistico appare così come la storia della perenne ricerca di quelle condizioni che ne garantiscono la permanenza”. “Non si tratta di riproporre tout court le idee di fondo dei partiti e dei teorici del vecchio movimento operaio in contrapposizione a coloro che avrebbero tradito. I fallimenti e le tragedie di questa grande storia sono noti e le ragioni sono tutte interne a essa”.

A mio modesto parere sono i fondamentali di Plusvalore d’Italia, ed. Punto Rosso, di Gian Paolo Patta, con la prefazione di N. Nicolosi e l’introduzione di S. Ferrari. Questo libro si propone il tema dell’uso corretto di Marx per capire la crisi mondiale e del nostro Paese. 

La copertina del libro unisce e cerca di far incontrare, due grandi economisti che in modo diverso hanno condizionato lo sviluppo del pensiero autonomo e per alcuni versi critico del capitalismo: Keynes e Marx. 

Molti leader politici citano Marx o Keynes, ma più di una volta si ha il sospetto che utilizzano Marx o Keynes non per lo studio e le implicazioni economiche e sociali sottese alle loro principali opere. In un altro modo si potrebbe dire che il capitale è una cosa seria, tanto seria che non può essere lasciata al solo capitale e, forse, alle forze politiche di “sinistra radicale”. 

La prima parte del libro è un rigoroso e puntuale viaggio nel “Capitale”, con tanto di formule e continui richiami. In particolare è richiamata la formula generale del capitale D-M-D1, ricordandoci che “il capitalista produce merce non per se stessa, né per il suo valore d’uso, né a fine di consumo personale. Il prodotto cui, in effetti, egli mira non è il prodotto materiale in sé, bensì l’eccedenza di valore del prodotto sul valore del capitale in esso consumato”. 

GP. Patta utilizza tutte le principali intuizioni di Marx per analizzare la storia recente, ma non troppo, del capitalismo mondiale e italiano in particolare. In qualche misura ri-costruisce una griglia macroeconomica che meriterebbe uno sforzo d’analisi. Utilizzando Marx e la contabilità macroeconomica (dell’Italia) è possibile verificare una parte di verità: negli ultimi anni il saggio di profitto, quindi della crescita, si è contratto. Non a caso gli investimenti si sono ridotti. Ma su questo punto, nota personale, è possibile che il Pil sia diventato meno sensibile agli investimenti, mentre la spesa in ricerca e sviluppo assume un ruolo molto più significativo.

Leggere la crisi dell’auto e delle costruzioni via Marx (autentico) è un prezioso esercizio. Svela la durezza dello scontro intercapitalistico e il passaggio storico della crisi del 2007. Indiscutibilmente la finanza ha esasperato lo scontro intercapitalistico (finanziarizzazione dell’economia), ma le cause profonde della crisi del capitale sono di struttura e rintracciabili nell’economia reale. In altre parole dalla crisi interessa la distribuzione del reddito, ma più in particolare l’incapacità di produrre reddito. Quindi la crisi del 2007 è una crisi di paradigma, maturato con i consumi di massa. Un paradigma che per estrarre profitto, o ridurre il suo declino, è stato costretto a ridurre il costo del lavoro, aumentare la flessibilità interna, fino a prefigurare un ruolo dello stato contenuto o ridotto. 

In altre parole il conflitto è molto più profondo della mancata o meno erogazione dello stato sociale, che rimane, per chi scrive, una conquista liberale. Utilizzando proprio l’autore del libro si potrebbe dire: “Nella società borghese, al pari delle società precedenti, si sviluppano embrioni di modi di produzione diversi da quello dominante. Al pari di quanto successo nei modi di produzione precedenti, la conquista del potere politico è condizione per l’estensione di questi modi di produzione più avanzati”. Per questo la conquista del potere politico da parte dei lavoratori è condizione necessaria per creare un quadro giuridico adeguato alla sfida. Certo che l’abbraccio di certa sinistra alla decrescita è la manifestazione della potenza culturale del capitale. Fortunatamente la società è molto più complessa, e il lavoro nel bene e nel male sarà ancora protagonista. Compito della sinistra immaginare come.