Il teatro degli orrori

di Francesco Masè

 

“E’ nell’indifferenza che un uomo, un uomo vero, muore davvero”


teatro degli_orrori-w300Con questa frase, Pierpaolo Capovilla frontman de “Il teatro degli orrori” ricorda Ken Saro Wiwa, “…il poeta nigeriano, un eroe dei nostri tempi…”, attivista politico ma anche poeta, imprenditore e produttore televisivo, impiccato insieme a 5 compagni di lotta nel 1995, reo di aver denunciato i crimini commessi dalle multinazionali del petrolio (quali Eni, Agip, Shell – ndr) che da anni vessano il territorio e la sua popolazione, gli Ogodi.

Due album all’attivo, più uno in uscita, hanno lanciato questa splendida rock band nel panorama nazionale in modo violento, a spintoni contro quella musica priva di contenuti e che impoverisce l’ascoltatore. Difatti Pierpaolo ama sempre affermare che la musica da lui prodotta può, come dovrebbe fare ogni opera artistica, arricchire chi ne usufruisce e spingerlo ad una riflessione su ciò che accade nella società che ha intorno, sia essa la famiglia o l’intero paese.

“L’arte non registra, l’arte cambia il mondo”

Un rock molto forte quindi, che trova la sua potenza nei testi impegnati politicamente. Con lo charme di chi non vuole professare verità ma spingere ad una riflessione tramite una forte critica sociale che trova il suo picco in “E’ colpa mia”, bellissimo pezzo dell’album “A sangue freddo” che racconta e punta il dito contro le ultime tre generazioni che, parafrasando Gramsci, “hanno lasciato fare, hanno lasciato promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, hanno lasciato salire al potere gli uomini che solo un ammutinamento potrà rovesciare” .

Ma per capire a pieno la filosofia della band, il cui nome si rifà al “Teatro della crudeltà” di Artuad, bisogna necessariamente appronfodire la figura del suo cantante. Pierpaolo appunto.

Classe 1968, marxista convinto, che ama definirsi “comunista Majakovskiano” in onore al poeta della rivoluzione russa che sta onorando con dei reading delle sue opere maggiori in giro per l’Italia, ha sempre militato nel PCI fino a quella tragica svolta della Bolognina.
S’ispira al beneamato Carmelo Bene e nelle interviste non manca di citare Pierpaolo Pasolini.

Ma guai a definirlo rockstar, non si è mai reputato tale e per rimanere con i piedi ben saldi per terra ancora lavora come cameriere nella sua amata Venezia, nonostante ora non abbia più quel bisogno economico. Bisogna però aggiungere, al fine di evitare una sorta di “Processo” come quello ai danni di De Gregori, che Capovilla continua a tenere un tenore di vita nella media, come quello a cui fù obbligato da giovane (“…fino ai 16 anni ho vissuto in una casa minuscola dove mancava perfino l’acqua corrente..).

Due album, “Dell’impero delle tenebre” e “A sangue freddo” che hanno proiettato la band nel panorama internazionale ottenendo preziosissimi premi come il MEI (come miglior rock band dell’anno, 2010).

Inoltre, proprio in questi giorni, verrà distribuito la loro terza fatica. Il concept-album “Il mondo nuovo”, contenente 16 canzoni che narrano altrettante storie d’immigrati.

Oltre al grande interesse per le numerose collaborazioni (es. Caparezza, voce in “Cuore d’oceano; Andrea Appino, chitarra in “Io cerco te”), questo album sarà destinato a strappare lacrime e angoscianti riflessioni per la commovente “Ion”.

Canzone ispirata alla storia di Ion Cazacu, piastrellista rumeno ucciso nel 2000, dal suo padrone. L’unica sua colpa fù quella di reclamare a gran voce i suoi diritti, l’omicida però rispose versandogli addosso una tanica di benzina e dandogli fuoco.

“Io cerco te…
Nei week-end, nelle lune piene
in ogni macchina che passa in via Togliatti
nei visi tristi, di gente stanca, di vivere così
negli appartamenti… dove…
nascondere la voglia di andare via
il mondo nuovo, l’oceano…”