Le ragioni della presentazione di una pre-candidata comunista alle elezioni presidenziali brasiliane

manueladavilaIntervista a Manuela D’Ávila, pre-candidata del Partito Comunista del Brasile (PCdoB)

da avante.pt

Traduzione di Marx21.it

Intervista di Hugo Janeiro a Manuela D’Ávila, pre-candidata del Partito Comunista del Brasile alle elezioni presidenziali

Perché il PCdoB ha deciso di presentare un pre-candidato alla presidenza del Brasile?

Noi abbiamo presentato un nostro candidato per 70 anni. Negli ultimi processi elettorali ci siamo schierati con Lula e Dilma. La questione del momento in Brasile è il controllo giudiziario della politica e l’attacco alla democrazia, in particolare lo sforzo che l’apparato giudiziario, appoggiato dalla comunicazione sociale, sta facendo perché Lula da Silva non sia candidato.

In ogni caso, noi pensiamo che questo sia il momento di discutere la via di uscita dalla crisi del Brasile. Il colpo di Stato del 2016 ha chiuso un ciclo e ne ha aperto un altro. Questa è l’occasione per discutere del futuro.

Ma perché il PCdoB sostiene che questo dibattito richiede un proprio pre-candidato?

Perché è necessario presentare proposte concrete per il Brasile. Il presidente Lula da Silva deve necessariamente concentrarsi sulla sua difesa, sulla rivendicazione della possibilità di concorrere. Ora, in questo scenario, i comunisti brasiliani non possono essere tenuti in ostaggio da un dibattito che ruota intorno alla presenza o all’assenza di Lula da Silva nella scheda elettorale. Sarebbe fare il gioco della destra, lasciandola a proprio agio nella presentazione delle sue “ricette” senza contraddizione e denuncia.

Negli ultimi anni è stato possibile sottrarre 36 milioni di brasiliani alla povertà, persino senza affrontare le questioni che stanno alla base delle disuguaglianze sociali. Se da un lato non possiamo operare una lettura semplicistica dell’azione dei governi di Lula e Dilma – ignorando erroneamente i rapporti di forza – dall’altro è indispensabile affrontare le riforme che sono necessarie al paese, che saranno tanto più radicali se saremo in grado di formare un ampio fronte sociale che riunisca vasti settori per un’idea del futuro.

Ad esempio, siamo un paese la cui base imponibile si basa sul consumo, vale a dire che non tassiamo le grandi fortune. Stabilire un’imposta progressiva, nel nostro contesto, è già una proposta radicale.

Altri casi sono l’attacco alla legislazione sul lavoro e al congelamento degli investimenti pubblici, imposti dal governo golpista di Michel Temer. Difendere e sviluppare i diritti del lavoro e sociali è un’idea avanzata dal paese, come lo è il dibattere sul ruolo dell’industria nazionale e dello Stato nel promuovere produzione sovrana.

Anche le questioni relative alla casa, alle infrastrutture, alla mobilità urbana e ai trasporti e alla terra sono nell’agenda della tua pre-candidatura?

Un grande piano di investimenti che dia a tali questioni una risposta certa. Quanto al tema della terra, nel post golpe, ha assunto nuovamente la dimensione della violenza. Questa conflittualità si è estesa alle città coinvolgendo coloro che non hanno una casa.

Ma ci sono altre questioni importanti. In Brasile abbiamo circa 12 milioni di disoccupati. Un quarto dei giovani non studia e neppure lavora. Circa 60.000 brasiliani, soprattutto neri (40.000, di età inferiore ai 29 anni), sono uccisi ogni anno. Perciò, la precarietà del lavoro deve essere affrontata nel dibattito, come si deve discutere della sicurezza pubblica.

Nell’ultimo decennio abbiamo sottovalutato il peso che l’insicurezza ha nella vita delle persone. Oggi è evidente che anche la violenza genera disuguaglianze sociali. Un giovane che sia incarcerato non trova un lavoro formale. Una donna che perda il marito o un figlio nel narcotraffico sarà sempre stigmatizzata.

Il fatto di essere stata consigliera a Porto Alegre ti aiuta ad affrontare questi flagelli della vita quotidiana urbana?

Mi ha permesso di contattare e prendere visione diretta del dramma delle madri che perdono i figli per il traffico di droga, in cui sono stati spinti per mancanza di opportunità. Penso che mi aiuti, si.

Ed essere giornalista ti permette di contribuire in modo più efficace alla democratizzazione dei mezzi di comunicazione sociale, che è è venuta meno nel contesto del processo contro l’ex presidente Lula da Silva?

Non abbiamo mai dato sufficiente centralità al modo con cui funzionano i mezzi della comunicazione sociale in Brasile. Il golpe ci ha fatto capire l’importanza che riveste la regolamentazione della loro azione, in corrispondenza, di fatto, a ciò che dice la nostra Costituzione, per la quale il monopolio dei media è proibito.

Il fatto di essere la più giovane pre-candidata di sempre alla presidenza del Brasile è vantaggioso per una rappresentanza dei giovani brasiliani?

Ho questo dovere. Che prospettiva ha un giovane che non trova alternativa diversa da quella del traffico di droga per sopravvivere, o quelli che hanno una formazione ma non trovano un lavoro decente? Come me, moltissimi sono quelli che non vogliono un Brasile in cui siamo “i lupi di noi stessi”.