Il Partito Comunista Britannico analizza il risultato delle elezioni generali del 2019

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Traduzione di Mauro Gemma per Marx21.it

Prima delle feste di fine anno, il Partito Comunista Britannico (Communist Party of Britain) ha riunito il suo Comitato Politico per analizzare il risultato delle elezioni generali in Gran Bretagna. Al termine dei lavori è stato diffuso il seguente comunicato, trasmesso anche all’attenzione del movimento comunista internazionale: 

Una lunga riunione del Comitato Politico del Partito Comunista Britannico (Communist Party Of Britain ) il 16 dicembre ha fatto appello a uno sforzo ulteriore per far valere i principi del socialismo e dell’internazionalismo della classe operaia e per rafforzare i livelli di mobilitazione dei lavoratori, di fronte alla vittoria conservatrice nelle elezioni generali.

Intervenendo alla riunione, il segretario generale Robert Griffiths ha identificato la causa principale della sconfitta del Partito Laburista nell’incapacità di mantenere il suo impegno originale di rispettare il risultato democratico del referendum del 2016 in base a cui la Gran Bretagna deve lasciare l’UE. Dei 54 seggi persi dal Partito Laburista 52 erano in collegi elettorali che avevano votato per il Leave nel 2016: più consistente è stato il voto per il Leave nel 2016, maggiore è stato il livello dell’astensione e del mancato consenso al Labour nel 2019.


La causa evidente è rappresentata dal cambiamento di posizione della leadership laburista sull’UE. Sotto la pressione della sua destra, si era spostato fino a proporre di negoziare un nuovo accordo di uscita con l’UE e poi persino a mettere in discussione un simile accordo, sottoponendo l’opzione del Remain a un nuovo referendum. Ciò è stato inteso come una violazione della democrazia da parte degli elettori laburisti tradizionali, in particolare in quelle regioni inglesi dove le normative del libero mercato dell’UE hanno portato a un livello senza precedenti di povertà, deindustrializzazione e degrado, quasi senza pari anche all’interno dell’UE.

Nelle elezioni generali del 2017, il Partito laburista si era impegnato a rispettare il risultato del referendum e aveva anche proposto mosse radicali per assicurare la proprietà pubblica dei servizi di pubblica utilità, per porre fine all’austerità e abrogare le leggi anti-sindacali. Aveva ottenuto 12 milioni di voti, il 40% del totale, il risultato più alto ottenuto dal Partito Laburista nell’ultimo mezzo secolo.

Nel 2019 il voto laburista si è ridotto a 10 milioni e al 32% del voto totale. Al contrario, i conservatori si sono assicurati il ​​43% dei voti con lo slogan “Get Brexit Done”.

È chiaro, tuttavia, che il pacchetto sull’UE per il quale sono impegnati i conservatori non libererà la Gran Bretagna dai divieti neoliberisti dell’UE al controllo democratico dell’economia, come sancito dalle condizioni di concorrenza del Mercato Unico. Non sarà quindi un “Brexit popolare”. Verrà negato ancora ciò che la maggior parte degli elettori britannici voleva: un Brexit che avrebbe consentito a un governo britannico di sostenere le industrie strategiche, inserire pienamente i trasporti e l’energia nella proprietà pubblica, riformare le norme sugli appalti pubblici, tagliare l’IVA, regolare il mercato del lavoro e raccogliere fondi per ingenti investimenti in abitazioni e infrastrutture economiche.

Il Comitato Politico ha anche sottolineato come sia stata esagerata l’entità della sconfitta del Labour. Nonostante la perdita dei seggi, la quota di voto popolare del partito guidato da Jeremy Corbyn nel 2019 ha ancora superato quella ottenuta con leaders di destra e centristi come Neil Kinnock nel 1987, Gordon Brown nel 2010 e Ed Miliband nel 2015. Più di 10 milioni di persone hanno votato per il più radicale manifesto laburista da oltre tre decenni, nonostante una campagna mediatica contro il Labour di una ferocia senza precedenti.

Questo è il motivo per cui è necessario sottolineare come la perdita di seggi sia stata causata dalla marcia indietro sul Leave e sull’UE. Non è stato il risultato del programma di sinistra del partito che ha invece conquistato l’entusiasmo di molti giovani elettori, in particolare quelli emarginati nel mercato del lavoro e che, se attuato, avrebbe spostato in modo significativo sul piano legale l’equilibrio tra capitale e lavoro a favore dei lavoratori.

La classe dirigente britannica considera ancora come un obiettivo chiave e necessario per la propria stabilità politica porre fine a ciò che l’editoriale del Financial Times del 14 dicembre ha descritto come la “presa marxista” sul partito laburista e convertire il Labour in un partito socialdemocratico di modello continentale.

Questo è il motivo per cui è ora vitale per i comunisti in Gran Bretagna far crescere il livello di mobilitazione della classe lavoratrice, attraverso i consigli sindacali locali, attraverso azioni sindacali su salari e condizioni di vita, attraverso lotte su pensioni, benefici e abitazioni – e, non meno importante, ideologicamente, sulla necessità del socialismo e più nell’immediato su maggiori poteri per i lavoratori affinché siano in grado di esercitare un controllo democratico e popolare sulla vita economica.

La classe dominante britannica vuole continuare la relazione con l’UE che le consenta di mantenere la City di Londra come principale centro internazionale per le transazioni finanziarie all’interno e all’esterno dell’UE, di espandere le sue relazioni finanziarie con gli Stati Uniti e il Medio Oriente e, a allo stesso tempo, mantenere una base politicamente stabile nella stessa Gran Bretagna. Ha, almeno temporaneamente, risolto la crisi del partito conservatore e il precedente collasso del suo sostegno politico. Sta ora tentando di gestire una precaria convivenza internazionale tra blocchi economici sempre più antagonisti con una base industriale gravemente indebolita.

Il Comitato Politico ha invitato i comunisti a impegnarsi perché la classe dominante britannica non raggiunga questi obiettivi, perché il suo tentativo di consolidare una base populista nella classe operaia sia sconfitto da una nuova ondata di mobilitazione dei lavoratori e affinché il sindacato e il movimento operaio mettano fine ai tentativi di destra di trasformare il Partito Laburista in un partito socialdemocratico. Nel fare ciò i comunisti devono anche smascherare il carattere anti- classe lavoratrice e neoliberale dell’UE e, nel far questo, trarre forza dalla resistenza al neoliberismo dell’UE da parte di altri Partiti Comunisti a livello internazionale.