PCF: i primi passi sono i più difficili. Dopo il 38° Congresso, un passo importante

pcf logo 2019Introduzione a cura di Lorenzo Battisti

Dopo la svolta all’ultimo Congresso, i Pcf ha deciso di presentarsi da solo alle elezioni, cambiando la strategia elettorale della partecipazioni a liste di unione a sinistra. Una strategia che aveva causato un offuscamento della visibilità del partito e un affievolimento dell’identità per molti militanti, che non riuscivano più a vedere la differenza tra il proprio partito e altre formazioni a sinistra. Dopo una lotta pluridecennale, la sinistra del partito è riuscita a riaffermare alcune posizioni. Il Pcf ha preso il 2,5% a livello nazionale, alla prima prova elettorale dopo più di un decennio. Vista dall’Italia, questa lunga lotta impressiona: militanti comunisti sono rimasti per decenni in un partito di cui non condividevano le posizioni, in continua mutazione verso un partito di sinistra e in cui erano marginalizzati. E alla fine sono riusciti ad ottenere una riaffermazione dell’identità comunista del partito, un cambiamento della linea e della strategia. Questo dovrebbe fare riconsiderare l’esperienza italiana caratterizzata dal nomadismo continuo dei militanti tra un’organizzazione e l’altra e da continue scissioni che hanno solo indebolito la posizione comunista in Italia.


da Le Venissian

Traduzione di Marx21.it

Il risultato delle elezioni europee segna una nuova fase del processo politico in corso dalle elezioni presidenziali, in risposta a una crisi democratica con la quale si confrontano tutte le forze politiche, una crisi di fiducia che è diventata una vera e propria sfiducia di milioni di cittadini nei confronti delle istituzioni e dei partiti. Ma se Macron è riuscito ad imporre ancora una volta la trappola della falsa alternativa tra lui e Le Pen, con i Verdi che fungono da fuga per la classe media urbana, la crisi politica è ancora lì, sempre più acuta.

In questo contesto, il risultato del PCF è deludente, per i candidati che sono stati l’immagine della nostra gente, soprattutto lavoratori e impiegati, di tutte le origini, per i militanti che avevano trovato la gioia di condurre una campagna dinamica, con a Vénissieux, la più grande manifestazione provinciale del PCF da molto tempo.

Ma quando nel loro ultimo congresso i comunisti hanno deciso una nuova direzione proprio per affrontare questa crisi politica e istituzionale del nostro Paese, sapevano che non sarebbe stato un compito facile. Ian Brossat (il capolista della lista del Pcf NdT) aveva giustamente fissato il primo obiettivo, il 3% per avere il rimborso, anche se la qualità della campagna ci aveva fatto sperare ancora meglio. Come ha detto la notte del voto, il passo era troppo lungo per essere attraversato la prima volta.

Ma questo è il primo passo, il più difficile, il PCF è tornato in pista (!) i comunisti continueranno a ricostruire i loro legami con il mondo del lavoro, i quartieri popolari, e come ha dimostrato la sorpresa dei gilet gialli, la storia non è finita, al contrario!

Vi sono naturalmente ragioni elettorali e politiche che giustificano questo risultato. Questa è stata la prima campagna elettorale nazionale del PCF in 12 anni. Il PCF ha ottenuto il 3,37% con Robert Hue nel 2002 e l’1,93% con Marie-Georges Buffet nel 2007. Il risultato del 2,5% di Ian Brossat non segna una vera e propria ripresa, ma smentisce tutti coloro che hanno annunciato la scomparsa del PCF. E’ troppo presto per parlare del ritorno, ma il PCF sta bussando alla porta.

Per molti elettori arrabbiati con una società iniqua e ingiusta, arrabbiati nei confronti di tutte le destre, Macron, Wauqiez o Le Pen, arrabbiati anche con un partito socialista che ha una responsabilità storica nel fallimento della sinistra, la figura di Melenchon rimane la prima immagine della protesta, soprattutto per le nuove generazioni. Molti di coloro che erano elettori comunisti si sono abituati a votare Melenchon, proprio come 40 anni fa, molti lavoratori si erano abituati a votare socialista… Ian Brossat ha ragione a dire che non abbiamo nemici a sinistra, che i comunisti sono i primi architetti dell’unione popolare, nelle lotte come nelle elezioni locali. Proprio per questo motivo hanno bisogno di più forze, sia militanti che elettori.

Dobbiamo misurare la portata della battaglia mediatica, da un lato per sbloccare il dibattito dalla falsa alternativa Macron-LePen, e dall’altro per catturare coloro che rifiutano questo falso duello in favore di un voto per un’emergenza climatica senza contenuto. Ricordiamo la violenza contro le manifestazioni degli studenti delle scuole superiori in novembre e il sostegno istituzionale e dei media per le marce sul clima delle scuole superiori in aprile-maggio… Era una trappola a tre braccia, la RN per sterilizzare il voto popolare, LREM per catturare tutta la borghesia, e EELV per catturare la sinistra urbana….. Questa battaglia ha portato alla riduzione di tutte le forze di sinistra, con i verdi che iniziano immediatamente a spostarsi al centro!

Ma fondamentalmente, però, i comunisti sanno che c’è una ragione strategica per questo risultato deludente, che appare con forza negli studi sociologici del voto. Il PCF ha mobilitato solo l’1% degli elettori della classe operaia in queste elezioni, 4 volte meno della Francia Insubordinata (di Melenchon NdT), per non parlare dell’astensione o del voto della RN… Questa era una delle questioni del 38° Congresso del PCF, ma non basta essere consapevoli di una tale sfida per raccoglierla, e tanto meno per vincerla. Questo dovrebbe essere il principale argomento di discussione per il PCF. Non basta proporre l’elezione di una lavoratrice al parlamento, è necessario che gli operai, i lavoratori in generale, si riconoscano come una classe sociale che ha bisogno dei propri rappresentanti, quindi di un partito, non solo per avere un deputato, ma per avere i propri leader in una difficile battaglia sociale contro il padronato. Cosa fanno gli scioperanti della società JST di Lione, che hanno dovuto decidere di tornare al lavoro pochi giorni prima delle elezioni, senza aver ottenuto nulla? I comunisti ovviamente li hanno sostenuti, ma come possiamo aiutarli a prendere coscienza del proprio ruolo? La questione fondamentale è infatti quella della natura di un’altra società, della difficoltà dei comunisti nel dire chiaramente al mondo del lavoro che il loro progetto non è solo un altro funzionamento della repubblica. Come possiamo dire ai lavoratori che sono loro che devono esigere un’altra società, una società in cui non sono più i capitalisti a governare. Non possiamo dire chiaramente che non è più una società capitalista? Per comprendere l’originalità dei comunisti, la loro utilità e quindi la loro differenza con ecologisti, ribelli e socialisti, dobbiamo riaffermare che lavoriamo per il socialismo. Sta diventando un’esigenza politica!

In questo progetto di società, la posta in gioco economica e democratica deve essere centrale. Il PCF deve condurre la battaglia di idee contro il catastrofismo ecologico, che porta troppi cittadini a considerare che l’urgenza è “salvare la natura” e non difendere i nostri diritti all’alloggio, alla mobilità, all’accesso alla cultura, all’istruzione e alla salute. No, l’ecologia non è una scelta politica, ma la scienza del socialismo del XX secolo, per una società che padroneggia la sua impronta sulla natura, meglio, che “coltiva” la natura, il nostro unico luogo in cui vivere. Per lungo tempo, gli agronomi sovietici hanno sviluppato una “bio-agricoltura” basata sulla qualità del suolo, prima di essere invasi dall’agrochimica importata dal capitalismo. Per “salvare il pianeta”, è necessario chiarire che è urgente invertire il dominio del capitalismo!

La sfida per i comunisti è dare vita al riorientamento deciso al 38° Congresso! Lo hanno fatto in questa campagna, con le loro forze, che sono insufficienti, ma tutti hanno notato i progressi nell’unità dei comunisti. Chi è rimasto in disparte, perché voleva un accordo con i socialisti o con i ribelli, non può non constatarlo. Questo è un primo successo del congresso. Ma rivela anche la realtà dell’indebolimento del partito il cui testo del “manifesto” (è il titolo del documento congressuale NdT) richiedeva giustamente un vero e proprio bilancio. E conferma che su troppi argomenti, le idee comuniste, e la loro base scientifica, sono poco visibili, in gran parte sconosciute, al di là delle generalità umanistiche che non aiutano gli operai a comprendere la nostra originalità. Che cosa dice ai lavoratori questo slogan ” Prima l’umano”, ereditato dal Front de Gauche, che tutti possono rivendicare? Ian Brossat aveva presentato la sua compagna di lista con una formula d’urto “prima gli operai”. Al di là della formula, si tratta di una questione di fondo che i comunisti devono porsi. Come possiamo tornare ad essere il partito di coloro che non hanno nulla da perdere se non le loro catene?