Per la Repubblica Federale, Democratica e Solidale

spagna catalognadi Ginés Fernández González, direttore di “Mundo Obrero”

da mundoobrero.es

Traduzione di Marx21.it

L’articolo è stato scritto il 19 settembre 2017 per l’edizione cartacea di “Mundo Obrero”, la testata storica dei comunisti spagnoli.

Viviamo un conflitto politico e istituzionale tra il governo dello Stato (PP con l’appoggio di C’se con qualche componente del PSOE) e il governo della Generalitat (JxSI e ERC, appoggiato dalla CUP), un conflitto particolarmente acuto a causa dell’inserimento territoriale della Catalogna nella Spagna. Un conflitto la cui soluzione non è da cercare nell’attuale quadro giuridico e istituzionale ma ha a che fare con il dialogo e il negoziato come base fondamentale per la sua composizione.

L’attuale polarizzazione tra il nazionalismo spagnolista e quello indipendentista catalano con dichiarazioni altisonanti e lo scontro sociale cerca di collocare il contesto politico tra queste due posizioni. Questa posizione è distorcente dal momento che esistono altre posizioni nel dibattito, come quella federalista, che viene attaccata e che non si vuole prendere in considerazione nel confronto.

Di fronte a tutto ciò, dobbiamo ricordare che il Partito Comunista di Spagna (PCE) aveva lanciato  nel 2009 la parola d’ordine dell’impegno per un processo costituente come espressione della rivoluzione democratica di cui abbiamo bisogno. Siamo partiti dall’analisi secondo cui all’interno del Regime del 78 era impossibile un’uscita dalla crisi che non fosse favorevole alle classi dominanti, e abbiamo valutato che la realtà del capitalismo in Spagna consiste in milioni di persone senza lavoro, nella precarietà lavorativa, nella riduzione dei salari, nell’esclusione sociale, con milioni di persone nella povertà, migliaia di famiglie espulse dalle loro case, lo smantellamento dei servizi pubblici, l’aumento della disuguaglianza sociale e l’eliminazione o la regressione dei diritti del lavoro, sociali e politici.

Aggiungiamo che per potere costruire un nuovo paese dobbiamo rompere con due vincoli: l’UE e l’euro, e il Regime del 78. Recuperare la sovranità e realizzare la rottura democratica rispetto ai contesti che impediscono qualsiasi processo di trasformazione sociale al servizio dei lavoratori e delle lavoratrici e del popolo. Di fronte alla restaurazione borbonica, abbiamo detto, rottura democratica repubblicana. Di fronte alla rigenerazione, rivoluzione democratica.

Dopo l’analisi siamo arrivati a due conclusioni. Da un lato, dobbiamo dare priorità assoluta alla lotta sociale, ottenere che le politiche antisociali e autoritarie ricevano una risposta nelle strade, che il sistema non riesca ad imporre la pace sociale. E dall’altro, che con la mobilitazione e accordi programmatici si debba costruire l’unità popolare e un programma su cui forgiare le alleanze politiche e sociali che permettano di amalgamare un blocco che realizzi la rivoluzione democratica e costruisca un nuovo paese intorno a tre pilastri fondamentali: sovranità, diritti e lavoro garantito.

Pertanto, proponiamo un processo costituente che presupponga la rottura con la situazione economica, sociale e istituzionale che ha sostenuto il sistema monarchico dal 1978 e che ci porti a una nuova Costituzione sulla base della democrazia partecipativa; proponiamo la necessità di ottenere una risposta comune delle forze sociali, politiche, sociali e cittadine che riteniamo necessarie per il superamento dell’esaurito e disperato Regime del 78, quale passo imprescindibile per costruire un nuovo modello di società, più giusta, egualitaria, democratica e sociale, e che si debba farlo in un contesto istituzionale in cui i popoli possano avere il diritto di determinare il proprio futuro in libertà, con una democrazia che consegni il potere reale alla cittadinanza, che metta a valore la vita delle persone, che permetta di collocare l’economia e le risorse dello Stato al servizio della maggioranza che ha sofferto le conseguenze della crisi. In definitiva, davanti all’obiettivo della riforma, dobbiamo proporre la rottura con l’attuale stato delle cose per conquistare, nella società e nelle istituzioni, il diritto a realizzare un processo costituente aperto alla partecipazione popolare.

In questo processo costituente e nell’ambito della nuova Costituzione, proponiamo la costruzione di uno Stato federale e plurinazionale fondato sulla volontarietà dei popoli spagnoli. Parliamo di una forma di Stato che garantisca e blindi i diritti sociali dei lavoratori e delle lavoratrici, nello stesso momento in cui protegge i diritti nazionali e regionali, compreso il diritto all’autodeterminazione, e che allarghi la partecipazione cittadina.

E’ in questo contesto che collochiamo la lotta per la Repubblica federale dei lavoratori e le lavoratrici di tutte le classi, offrendo una visione di insieme e un progetto strategico di trasformazione comune, capace di realizzare l’insieme delle rivendicazioni popolari. La necessità di una profonda radicalità democratica, del rispetto della realtà plurinazionale che conforma la Spagna e dell’uguaglianza fondamentale di tutte le persone, caratterizzano questa aspirazione a una Repubblica federale solidale di orientamento socialista. Una Repubblica che sia il risultato di un nuovo e realmente democratico processo costituente, vale a dire il risultato dell’esercizio dell’autodeterminazione dei cittadini e dei popoli, entrambi i soggetti composti in maggioranza dalla classe lavoratrice.

Uno Stato federale. Pensiamo che il federalismo renda possibile l’approfondimento della democrazia e della partecipazione dei cittadini, l’autogoverno locale e regionale, la cooperazione e la solidarietà inter-territoriale, il rispetto e l’interazione di differenti identità, la compatibilità tra l’autodeterminazione e l’appartenenza a un’organizzazione politica comune. La nostra proposta federalista edifica l’organizzazione politica sull’idea di patto e negoziazione multilaterale. Lo Stato federale permette che ogni unità federata preservi la sua identità e condivida, arricchendosene, altri aspetti in seno alla nuova comunità. La Costituzione Federale deve includere la partecipazione delle unità federali nella definizione della volontà statale. Questa partecipazione, con la sua autonomia legislativa, rappresenta l’elemento essenziale del tipo di autonomia politica presente in questo modello di organizzazione territoriale.

La richiesta e la difesa oggi del principio democratico della libera determinazione sono necessarie soprattutto in relazione ai diritti democratici e sociali, dal momento che sono questi ad essere liquidati dal capitalismo globale. E’ essenziale che i cittadini e la maggioranza sociale lavoratrice nell’insieme dello Stato, in una prospettiva sociale e di classe, esercitino il diritto a decidere in difesa dei loro diritti politici, sociali e del lavoro.

Difendiamo un modello di Stato che permetta di accogliere il pluralismo delle identità, capace di  intavolare un discorso comune dove la diversità sia riconosciuta; uno Stato plurinazionale che non riunisca diverse nazioni ma che permetta anche la convivenza, sullo stesso territorio e nella stessa comunità, di persone che hanno posizioni differenti sulla nazione a cui appartengono e che conservano differenti sentimenti di identità. Solo uno Stato che ammetta che nel suo seno possono convivere vari sentimenti di identità nazionale, può dare soddisfazione ai cittadini che hanno una concezione diversa della nazione. Solo uno Stato che approfondisca la democrazia attraverso l’autogoverno territoriale a tutti i livelli è capace di gestire con scioltezza gli inevitabili conflitti di identità e convivenza e di risolverli attraverso il dialogo e il consenso.

Su tutto ciò definiamo la nostra strategia politica.

In definitiva, un nuovo quadro istituzionale che garantisca i diritti della classe lavoratrice e delle classi popolari e che abbia come modello di Stato la Repubblica Federale Democratica – nel senso che la popolazione veda garantiti i propri bisogni essenziali – , solidale, plurinazionale, pluriculturale, multilingue – tutto ciò avendo presente la priorità della prospettiva di classe.

E’ a partire dal riconoscimento del diritto all’autodeterminazione che il PSUC viu e il PCE sostengono che questo non è il referendum di cui oggi ha bisogno la Catalogna, poiché divide la classe lavoratrice, non indica un chiaro percorso dopo il 1° ottobre, non mette al primo posto gli aspetti di classe, non contempla altre scelte come quella federale, né il sufficiente consenso sociale. Questo processo non presenta, per noi, le sufficienti garanzie democratiche, di partecipazione – e non ci riferiamo agli aspetti giuridici del quadro costituzionale del 1978, ma a quelli di un processo partecipativo dal basso.

Ci pronunciamo per la risoluzione politica del conflitto, per il dialogo e il negoziato. Pertanto condanniamo l’atteggiamento intransigente e repressivo del governo del PP, condanniamo gli attacchi ai diritti e alle libertà, di riunione, espressione, la persecuzione di cariche pubbliche e tutte quelle azioni che violano diritti. E’ una spirale pericolosa sulla linea con cui Rajoy vuole imporre “la sua legalità” e i metodi a cui ci hanno abituato per conservare un regime che conservi l’accumulazione capitalista e i privilegi a favore di una minoranza. E’ urgente mettersi all’opera per  far sloggiare il PP e Rajoy dal governo.

Dichiariamo che le minacce, gli insulti e altri atteggiamenti di parte non favoriscono per nulla il clima necessario a che la sinistra, qualunque sia – repubblicana, indipendentista, libertaria, socialdemocratica, comunista, socialista, ecc. – possa lavorare per una nuova Costituzione in cui abbiano accoglienza tutte le aspirazioni delle classi popolari e dei territori dello Stato.

Faremo fronte agli attacchi alla democrazia e alle libertà, ci faremo carico delle preoccupazioni della popolazione della Catalogna e dei popoli della Spagna.