Anti-imperialismo e lotta per la pace: il ruolo dei partiti comunisti

pcp simbolo 500pxdi Pedro Guerreiro

Intervento del compagno Pedro Guerreiro, della Segreteria Nazionale del Partito Comunista Portoghese, per il Convegno di Catania del 17 giugno 2017 (“Mediterraneo: cause delle guerre, antimperialismo, libertà dei popoli”) organizzato dal PCI.

a cura del Dipartimento Esteri PCI

Cari compagni,

Il Partito Comunista Portoghese ringrazia il Partito Comunista Italiano per l’invito a partecipare a questa importante Conferenza su un tema così cruciale per i popoli del mondo, come è quello delle guerre imperialistiche e l’imprescindibile lotta per la pace.

Vogliamo approfittare dell’occasione per rendere omaggio alla memoria del compagno Maurizio Musolino, la cui dedizione alla lotta per la pace e contro l’imperialismo abbiamo avuto occasione di conoscere e di apprezzare.

Il Mediterraneo è un simbolo di quello che il capitalismo ha da offrire oggi ai popoli. Un mare con tanta Storia è diventato un immenso cimitero, un mare di morte, guerra e sofferenza umana. Sfortunatamente, non è così solo nel Mediterraneo. Alla drammatica situazione odierna in intere regioni come il Medio Oriente e l’Africa, si aggiungono enormi pericoli di un confronto militare nella Penisola Coreana o in America Latina, e perfino di un confronto militare diretto tra le più grandi potenze nucleari del pianeta, il che rappresenterebbe una catastrofe senza precedenti per i popoli del mondo.

Compagni,

La drammatica realtà dei nostri giorni è inscindibile dalla crisi strutturale del capitalismo. È impossibile capire questa realtà senza avere presente la natura del sistema capitalista, il suo inesauribile appetito per il profitto, che richiede la conquista, la rapina, lo sfruttamento degli esseri umani e delle risorse naturali del pianeta, la guerra. Questa non è una affermazione retorica, ma una verità attestata dalla Storia, e concretamente dalla Storia di quest’ultimo quarto di Secolo.

Nell’ultimo decennio del Secolo XX, sono stati molti quelli che – anche definendosi di “sinistra” – hanno utilizzato espressioni come “liberazione” e “rivoluzioni democratiche” per descrivere le contro-rivoluzioni sponsorizzate dall’imperialismo che hanno distrutto l’Unione Sovietica ed il socialismo nell’Europa Orientale. Inversamente, il PCP apriva la Risoluzione Politica del suo XIV Congresso (1992) con la previsione che «la disgregazione dell’URSS ed il collasso dei regimi socialisti nell’Europa dell’Est, che ha portato alla scomparsa del socialismo in quanto sistema mondiale, rappresentano un’enorme perdita per i lavoratori ed i popoli di tutto il mondo e si traducono in un serio squilibrio nei rapporti di forza a livello mondiale, in favore dell’imperialismo e della reazione. I tentativi di imporre un “nuovo ordine mondiale”, egemonizzato dagli USA e dalle altre grandi potenze imperialiste, racchiudono in sé enormi pericoli per la libertà, la democrazia, l’indipendenza, il progresso sociale e la pace. Allo stesso tempo, le trasformazioni avvenute nel sistema imperialista rivelano che la sua natura sfruttatrice ed aggressiva si mantiene, e che la tendenza non è verso il suo superamento, ma verso la sua acutizzazione». I fatti ci dicono che il nostro Partito aveva ragione.

L’accentuato squilibrio di forze mondiale che si è verificato con la scomparsa dell’URSS ha portato alla più violenta offensiva contro i diritti del lavoro, i diritti sociali, i diritti politici, i diritti e le sovranità nazionali, contro il diritto alla pace. Un’offensiva condotta dall’imperialismo USA, ma anche, ed in forma sempre più chiara, dall’imperialismo delle principali potenze europee, nelle quali l’Unione Europea del grande capitale ha avuto un ruolo di spicco. Un’offensiva che è stata condotta dai diversi settori politici al servizio del grande capitale, comprese le social-democrazie europee, come è stato evidente nel 1999, durante la guerra della NATO contro la Jugoslavia, ed in numerose occasioni posteriori.

Questa realtà stessa conferma il ruolo svolto dai paesi socialisti – nonostante i loro limiti e difetti, che hanno contribuito alla loro sconfitta – come sistema alternativo e di contrappeso all’imperialismo sul piano mondiale. La scomparsa del sistema socialista ha aperto le porte alla contro-offensiva globale del grande capitale che, oltre a cercare di imporre la sua egemonia ed assicurarsi dei super-profitti derivanti da una dominazione planetaria, cerca di sistemare i conti con la sfida storica che ha rappresentato la costruzione del Socialismo nel Secolo XX.

Gli effetti della contro-offensiva imperialista si fanno sentire in tutto il pianeta ed a tutti i livelli. L’offensiva mondiale dell’imperialismo contro la sovranità nazionale e l’indipendenza dei popoli è indissociabile dalla sua offensiva di classe contro i lavoratori ed i popoli.

In nessun’altra parte del pianeta, i suoi effetti sono stati cosi drammatici come in Medio Oriente e le zone limitrofe. Paesi interi sono stati distrutti dalle guerre e dagli interventi diretti ed indiretti dell’imperialismo, provocando molte centinaia di migliaia di morti, milioni di rifugiati, la disaggregazione, il caos, l’ascesa del terrorismo al servizio dell’imperialismo. L’Iraq, la Siria, la Libia, lo Yemen, l’Afghanistan, senza dimenticare il Libano e la Palestina martire, sono il ritratto di ciò che significa un imperialismo trionfante. Il Medio Oriente è oggi un’enorme Palestina. E sono reali i pericoli che, in un prossimo futuro, verranno scatenate aggressioni dirette contro altri paesi, in particolare l’Iran. Non è una coincidenza che le più grandi vittime di questa offensiva imperialista nella regione del pianeta più ricca in risorse energetiche, siano precisamente i paesi che, in qualche momento della loro storia, si sono maggiormente affermati sul piano della sovranità ed indipendenza nazionale, o perfino sul piano della lotta anti-imperialista.

Si deve sottolineare il ruolo svolto, in questa offensiva, dagli eserciti terroristi fondamentalisti, armati e finanziati dall’imperialismo e dai suoi vassalli nella regione, che sono emersi sul palcoscenico della Storia 40 anni fa, per azione diretta del imperialismo nord-americano al fine di combattere l’Afghanistan progressista e l’Unione Sovietica, come ha pubblicamente confessato Brzezinski, recentemente scomparso. Sono uno strumento dell’imperialismo per cercare di schiacciare i popoli in lotta, come già è avvenuto in Nicaragua, Angola, Mozambico.

Anche l’Italia ha imparato come l’imperialismo utilizza il terrorismo per invertire il corso della Storia ed imporre il proprio dominio. Avvenimenti recenti suggeriscono che il terrorismo viene utilizzato oggi per preparare nuove forme di dominio autoritario in paesi come la Francia, il Regno Unito o la Germania, per aprire la strada ad escalation qualitativi nell’offensiva contro i lavoratori ed i loro diritti.

La colonizzazione imperialista di un secolo fa – in Medio Oriente e non solo – ha anch’essa conosciuto guerre di conquista e manovre di divisione dei popoli della regione, per assicurare il proprio dominio. La storia della Palestina è, da questo punto di vista, indicativa. Cent’anni fa, l’allora Ministro degli Esteri dell’Impero Britannico, Lord Balfour, proclamava il sostegno alla creazione di un “focolare nazionale ebraico” in Palestina. Allo stesso tempo, l’Impero Britannico prometteva agli arabi l’autodeterminazione se si fossero uniti alle truppe britanniche nella lotta contro l’Impero Ottomano che, a quel tempo, controllava la regione. Ma, nel segreto dei palazzi, gli Imperi Britannico e Francese decidevano la spartizione coloniale fra di loro dei territori che avevano promesso ad altri, con l’accordo Sykes-Picot, che è stato rivelato al mondo dalla giovane rivoluzione bolscevica – che rappresenta il principale evento della Storia dell’Umanità ed il cui centenario celebriamo quest’anno.

Queste lezioni della Storia sono oggi di enorme attualità. Non capire la vera natura dell’imperialismo significa condannarsi alla sottomissione ed alla sconfitta. L’unica via per affermare la sovranità dei popoli è la loro lotta, la loro organizzazione, la loro unità ed opposizione chiara al principale fattore di sfruttamento e guerra nel nostro pianeta: l’imperialismo.

Compagni,

Il capitalismo è oggi sommerso in una profonda crisi strutturale. Un decennio dopo lo scoppio della crisi del 2007-8, e nonostante le misure eccezionali di sostegno al grande capitale, ed un’implacabile offensiva contro i lavoratori, anche nei paesi del centro imperialista non si intravede alcuna uscita dalla crisi. Al contrario, si moltiplicano i segnali che ci dicono che il sistema di riproduzione del capitale si è rotto, non essendoci destini redditizi per il capitale sempre più in eccesso, come si può vedere nel fenomeno dei tassi di interesse negativi. I colossali debiti (in grande misura trasferiti dal settore privato agli Stati) rimangono impossibili da liquidare. E gli anni di aggressione ai lavoratori ed ai popoli stanno aprendo crepe nell’egemonia ideologica del grande capitale sui popoli, anche nei paesi del centro imperialista.

Allo stesso tempo, continua il processo di riallineamento di forze sul piano economico. Il graduale declino delle vecchie potenze imperialiste euro-asiatiche prosegue, insieme all’ascesa di nuove o antiche potenze economiche, come la Cina, la Russia e l’India che, nonostante la diversità di situazioni e realtà politiche e socio-economiche, cercano in misura crescente di concertare la loro azione e di collaborare sul piano economico, politico e perfino militare.

Dialetticamente, il modello di sviluppo scelto dalle potenze euro-americane da 40 anni a questa parte, in parte per indebolire la classe operaia dei loro paesi e per  imporre un aumento dello sfruttamento, delocalizzando le attività produttive, ha contribuito a questa ascesa di nuove potenze. Ed ha contribuito, al pari delle avventure militari, ad indebitare alcune vecchie potenze (USA e Regno Unito, in modo particolare) in misura sempre più insostenibile.

In questo contesto, si moltiplicano le contraddizioni e rivalità che oggi caratterizzano in maniera evidente la situazione all’interno degli USA, all’interno dell’UE, nei rapporti fra le due sponde dell’Atlantico, nei rapporti fra potenze in declino e potenze emergenti – ed ora perfino tra le petromonarchie del Golfo al servizio dell’imperialismo.

Sono drammaticamente reali i pericoli che, come già avvenuto nel XX Secolo, i settori più avventuristi dell’imperialismo cerchino una soluzione a questa profonda crisi del sistema capitalista basata sulla forza e l’autoritarismo. È reale il pericolo che l’Umanità sia condotta dall’imperialismo ad una nuova guerra di proporzioni globali che, nell’era nucleare, sarebbe catastrofica.

La lotta per la pace si rivela così ancora più importante di prima. Una lotta che si esprime in molteplici forme e che, qui in Sicilia, ha avuto importanti sviluppi. Una lotta di cui fa parte la solidarietà con i popoli che, come in Siria, Palestina, Yemen, Ucraina, Venezuela, o altre parti del pianeta, sono in prima linea nella resistenza alle offensive dell’imperialismo.

In questa lotta è indispensabile creare la più ampia unità fra i popoli e le forze che, per motivi diversi, si oppongono alle avventure belliche che minacciano l’Umanità. Per il PCP, questa unità non ha niente a che vedere con la cancellazione o la liquidazione dei comunisti, delle forze rivoluzionarie ed anti-imperialiste. Al contrario, è nel rafforzamento dell’unità dei comunisti e della loro cooperazione e lotta che risiede il motore principale della creazione di quell’ampio fronte anti-imperialista e per la pace di cui l’Umanità ha oggi un così urgente bisogno.

Evviva la lotta anti-imperialista e per la pace!