Unire, resistere e lottare, questa è la parola d’ordine

lula resisteredi José Reinaldo Carvalho*
da resistencia.cc

Traduzione di Marx21.it

L’incarcerazione di Lula è un atto arbitrario tipico di un paese sottoposto a un regime di eccezione, dove lo Stato democratico di diritto non esiste più neppure sul piano formale, dal momento che la Costituzione è violata dalle stesse istituzioni incaricate di vigilare sulla rigida applicazione delle sue disposizioni.

Da qualunque punto di vista si analizzi l’episodio, si tratta di un’azione violenta, repressiva e odiosa, di cui sono responsabili – indipendentemente dalle dichiarazioni ciniche che alcuni capi del governo e del parlamento possono fare davanti al fatto compiuto – i personaggi coinvolti nel colpo di Stato del 17 aprile e del 31 agosto 2016. Tutti, senza alcuna eccezione.

Tutti, e qui non abbiamo lo spazio per citare nome, cognome e indirizzo di ciascuno di coloro che sono coinvolti nel complotto che ha portato al rovesciamento del legittimo governo della presidenta legittima Dilma Rousseff, compresi quelli che hanno votato – tutti, senza eccezione – nelle vergognose sedute della Camera e del Senato a favore dell’impeachment della presidenta.

Tutti quelli che hanno dato e danno sostegno in parlamento e fuori da esso al regime golpista presieduto dal traditore della nazione, l’inquilino di Jaburu. Tra questi, ci sono ora coloro che si atteggiano a dissidenti e si smarcano dall’alleato per ragioni elettorali e interessi inconfessabili.

L’arresto del presidente Lula per iniziativa di un giudice di prima istanza, dopo il verdetto di una maggioranza di magistrati con la mentalità di Torquemada e non da parte di ministri della Corte Suprema di una Repubblica Democratica, è l’espressione più concentrata della regressione politica che attraversa il paese dopo aver vissuto un ciclo virtuoso di ampliamento della democrazia, di esercizio dei diritti sociali e della sovranità nazionale. Sotto il regime golpista, il paese vive ora il dramma dell’instaurazione di un regime che viola la Costituzione e dell’annientamento della democrazia, conquistata solo nel 1985, dopo il superamento della dittatura militare.

Chi conosce la storia del Brasile e non si fa ingannare dalla menzogna, secondo cui saremmo il paese dei cambiamenti graduali, degli accordi democratici patrocinati dai settori più lucidi delle élite, delle inclinazioni pacifiste delle Forze Armate, della formazione liberale delle istituzioni giuridiche e politiche, si indigna e reagisce, ma non è sorpreso. Ciò è ricorrente nella storia del Brasile. Ancora una volta, le classi dominanti retrive, eredi dei proprietari di schiavi, dichiarano guerra al popolo, valendosi del potere economico, del supporto esterno dell’imperialismo, dei settori più reazionari delle Forze Armate, dei media sotto il loro controllo e delle strutture di polizia e giudiziarie. Impongono la loro dittatura, in modi e forme diverse.

Ancora una volta il Brasile è gettato nell’abisso e si trova di fronte a un crocevia storico. Uno stato confusionale nella vita nazionale, oggi segnata non solo dalla mutilazione della vita democratica, ma dalla tragedia della fame, della disoccupazione, della miseria, del degrado dei servizi pubblici, della corrosione dei diritti, della soggezione ai potentati internazionali imperialisti.

E’ in corso una brutale offensiva politica, ideologica, giudiziaria, mediatica e poliziesca che sta cercando di circondare e annientare le forze di sinistra. E’ parte di questo processo la modellizzazione di un nuovo regime politico, monopolizzato dalle forze reazionarie, erroneamente chiamate di “centro” o “centro-destra”.

Le forze progressiste, a cominciare dalla sinistra conseguente, non possono assistere passivamente allo svolgersi di questa fase, mettendo in scena la “difesa della politica” e la lotta per qualche straccio di diritti, avendo come argomento le “boutades” e per tribuna reti sociali mal frequentate.

La lotta politica e sociale entra oggettivamente in una nuova fase, cresce, indipendentemente dalla volontà dei suoi protagonisti, al più alto livello, il che impone l’elaborazione di nuove strategie, tattiche, metodi e forme di battaglia.

Può essere ancora un fenomeno impercettibile – in un contesto di rapporti di forza estremamente sfavorevoli – ma oggettivamente si stanno accumulando i fattori che conducono alla rivoluzione democratica, il che comporta come dovere della sinistra conseguente la disponibilità a mobilitare ampie masse del popolo, a unire ampie forze suscettibili di essere unite. L’obiettivo immediato è sconfiggere il regime golpista per aprire una nuova pagina nella storia nazionale in cui fioriscano la democrazia e i diritti del popolo.

Le leggi dello sviluppo storico sono inesorabili, nonostante la violenza delle classi dominanti e della pusillanimità di coloro che hanno paura di affrontarle.

Le classi dominanti preparano una frode e una farsa per far si che le elezioni del 2018, se saranno realizzate, abbiano un solo risultato possibile: la vittoria dei loro partiti e del loro candidato.

L’unico modo per fermare questa offensiva è l’unità delle forze che dal 1989 hanno marciato con Lula e con lui hanno governato il paese dal 2003 al 2016.

Unire, resistere e lottare, questa è la parola d’ordine.

*Giornalista, membro del Comitato Centrale del Partito Comunista del Brasile (PCdoB) e editor di Resistência