Intervista al direttore Marco Pondrelli

2013 karl marx axel kohlhaas 21Pubblichiamo un’intervista al Direttore del sito marx21 condotta dal Bollettino Culturale

da https://revolucionvoxpopuli.wordpress.com

Marco Pondrelli, direttore del sito Marx21, guida un’importante realtà sul web per noi comunisti. Non sempre condividiamo le analisi e la linea di Marx21 ma ne riconosciamo l’impegno soprattutto nel disfare quella patina di propaganda e confusione che offusca le analisi politiche e geopolitiche di una parte del movimento comunista.

Marx21 si è sempre impegnata nel dare una diversa lettura, ad esempio, del Medio Oriente e delle primavere arabe mentre Rifondazione manifestava a favore della detronizzazione di Gheddafi in Libia. Lodevole è anche la diversa lettura che da molti anni fa della Cina e delle riforme cinesi, contribuendo, attraverso un fitto dialogo con i marxisti cinesi, ad aprire un dibattito ed influenzare la linea delle organizzazioni comuniste del nostro paese su questo tema.

Anche sul terreno della politica interna cerca di dare una lettura marxista dell’ascesa delle formazioni populiste diversa sia da chi riduce tutto al ritorno del fascismo e chi crede che Salvini sia un prodotto della stupidità dell’uomo della strada, incapace di afferrare i frutti del progresso rappresentato dai vari PD, Italia Viva e liberali da battaglia. Con l’ambizione di saldare i legami tra le nostre realtà, pubblichiamo l’intervista al direttore Pondrelli.


1. Come intende contribuire Marx21 alla ricostruzione del movimento comunista in Italia?

In Italia ed anche in Europa il movimento comunista sta vivendo un periodo di grande difficoltà. Non è la prima volta nella sua storia. Il movimento socialista internazionale nel 1914 sembrava destinato alla sconfitta, nel 1938 in Italia il fascismo godeva di un grande consenso e il Partito Comunista d’Italia era stato decimato. Lenin diceva che i comunisti, dopo una sconfitta, a differenza degli altri partiti borghesi, sanno ritirarsi in ordine ed in modo organizzato, se guardiamo alla realtà italiana possiamo dire che nessuno ha fatto tesoro di questo insegnamento. Oggi i tanti partiti comunisti sono incapaci di pesare ed incidere sulle scelte politiche, da dove ricominciare? Gli assi che Marx21 individua e su cui si impegna sono due. Da una parte occorre capire che la nostra non è una battaglia solo italiana, c’è un mondo che sta cambiando; la Cina è la prima potenza mondiale e non può essere definito un paese neoliberista. Un mondo multipolare in cui l’arroganza degli Stati Uniti venisse ridimensionata aprirebbe spazi anche in Italia per costruire politiche progressiste e per rilanciare l’iniziativa dei comunisti.

Secondo punto, dopo il 1989 e lo scioglimento del PCI non si è ragionato sui perché di questa sconfitta e non si è investito sulla formazione dei quadri. Il risultato di questo smarrimento ideologico, nel quale hanno sguazzato i tanti bertinottismi, è stato quello di partiti comunisti preda di continue scissioni molto spesso legate a scelte tattiche (collocazione elettorale o di governo).

Su questi due punti, questioni internazionali da una parte e elaborazione teorica/formazione dall’altra Marx21 può dare il suo contributo.

2. Che rapporti avete con le attuali organizzazioni comuniste in Italia?

Tutte le organizzazioni comuniste presenti oggi in Italia sono inadeguate alle sfide che abbiamo di fronte. Non di meno dentro nelle tre maggiori esperienze organizzate (PRC; PCI; e PC) ci sono elementi positivi. Apprezziamo le posizioni internazionali del PCI così come abbiamo apprezzato le ultime dichiarazioni di Marco Rizzo sulla Cina. Noi siamo per il confronto e il dialogo con tutti, nel rispetto delle reciproche differenze.

3. Come si pone Marx21 nei confronti della tradizione marxista italiana e la storia del movimento comunista italiano?

La storia del marxismo e del comunismo in Italia va ripresa con un rinnovato rigore ideologico. Senza voler ripercorrere una storia lunga e complessa che ha visto compagni come Antonio Gramsci divenire punto di riferimento per i comunisti italiani e non solo, occorre capire come dal più grande Partito Comunista dell’Occidente si sia arrivati alla Bolognina e poi a Renzi. Non si può pensare che tutto questo sia successo solo a causa  di alcuni personaggi «corrotti», è mancata questa riflessione dopo l’89. La stessa figura di Berlinguer, che è stato l’uomo che andò a parlare davanti ai cancelli della FIAT ma è stato anche l’uomo dell’eurocomunismo e dell’ombrello della NATO, andrebbe riportata sul terreno dell’analisi teorica, espungendo l’aura di sacralità che l’avvolge.

4. Da anni vi battete contro l’anticomunismo e il revisionismo storico dilagante in Europa, specie nell’Est o propagandato dall’UE. Come è mutata la situazione nel corso degli ultimi anni e se l’attuale crisi economica possa portare ad intensificare la repressione anticomunista?

Il revisionismo storico è sempre più forte. Come scrisse Walter Benjamin «anche i morti non saranno al sicuro dal nemico se egli vince», la storia è la storia dei vincitori (anche se nel nostro caso verrebbe da dire che è la storia del Parlamento Europeo), a chi parla senza conoscere il passato andrebbe consigliata un’attenta lettura delle opere di Domenico Losurdo. Oramai è normale equiparare comunismo e nazismo, che il Parlamento Europeo abbia votato una risoluzione di questo tipo, con i voti del PD, la dice lunga sul punto a cui siamo arrivati. Va detto però con chiarezza che la colpa non è solo della destra, sempre più incline ad accarezzare i peggiori istinti della società, ma anche di quella pseudo-sinistra che ha dimenticato la propria storia e ne ha fatto scempio, salvo ricordarsi dell’antifascismo alla vigilia delle elezioni.

Continuo a domandarmi come si possa mettere sullo stesso piano i 27 milioni di morti sovietici e gli aggressori nazifascisti, così come mi domando come si possa far finta di non sapere che Auschwitz venne liberato dall’Armata Rossa e così come mi domando se i soloni che dissertano sul Patto Ribbentrop-Molotov sanno cosa successe nel 1938 a Monaco.

5. Vi impegnate molto per smascherare le analisi geopolitiche di una certa sinistra subalterna all’imperialismo occidentale. Pensiamo a Rifondazione e alle sue manifestazioni contro Gheddafi nel 2011, massimo emblema dell’assenza di qualsiasi analisi geopolitica sensata in quella fetta di movimento comunista. In che modo siete riusciti ad influenzare il dibattito dentro le organizzazioni comuniste su questi temi?

Questo per me è difficile dirlo. In generale quando partecipo a dibattiti, incontri o convegni vedo che le nostre idee e le nostre analisi sono molto apprezzate. L’imperialismo non può essere annullato da un voto congressuale, le contraddizioni hanno la testa più dura di quella di dirigenti politici improvvisati.

6. Altro tema centrale nel vostro lavoro è la questione Cina. Seguendo Losurdo, date una lettura diversa di questo paese, evidenziando la continuità con l’epoca maoista nel voler edificare il socialismo in questo gigantesco paese. A quanto pare, questo lento lavoro sta dando i suoi frutti. Basti pensare alle recenti dichiarazioni di Rizzo sul tema. Che legami avete con gli studiosi marxisti cinesi e quanto grazie a voi è cambiata l’idea della Cina dei comunisti italiani?

Come Marx21 abbiamo organizzato per 4 anni di fila un convegno in Italia con l’Accademia delle Scienze cinese, anche attraverso questi contatti proviamo a dare una lettura diversa della Cina. La Cina come paese del turbocapitalismo, che segue la strada del neoliberismo e nega i diritti, è una visione che accomuna destra e sinistra. Lo abbiamo visto recentemente in occasione della firma del memorandum fra Italia e Cina, grande parte della stampa e la quasi totalità del mondo politico condividono l’astio verso Pechino. Purtroppo anche fra i comunisti questi luoghi comuni sono diffusi, noi tentiamo di raccontare quello che oggi è la Cina, una nazione che ha tolto oltre 660 milioni di persone dalla povertà, una nazione che ha problemi ma che prova a risolverli seguendo una via originale: il socialismo con caratteristiche cinesi.

7. In politica interna sembra nato tra voi e il populismo di sinistra un solido legame. Quanto condividete delle idee provenienti da questa area politica?

Personalmente ritengo il populismo una categoria troppo abusata. Il populismo storicamente si è manifestato negli Stati Uniti d’America, in Russia, in Turchia (era una delle sei frecce di Atatürk) ed in molte esperienze latinoamericane a partire da quella peronista. Esperienze molto diverse fra loro. Quando si parla di populismo occorrerebbe chiarire in modo chiaro di cosa si sta parlando. Oggi in Italia il populismo è diventato una categoria-jolly dentro la quale finisce tutto ciò che è critica verso il sistema.

Venendo alle posizioni concrete che noi abbiamo assunto, sosteniamo con forza la critica radicale all’Unione Europa e l’impossibilità della sua riforma. Questa Europa ha sostituito la svalutazione della moneta con quella del lavoro, siamo tornati al 1914. Tagliare i salari per abbassare i costi di produzione: la politica deflazionista europea sta tutta qui. Abbassando i salari le merci diventano più competitive e così facendo aumentano le esportazioni. Peccato che un sistema che si regge solo sulle esportazioni non può funzionare. Se qualcuno esporta qualcuno deve importare. In questa condizione noi affermiamo che è necessario uscire dall’UE pensando ad un’altra Europa, un’Europa che vada dall’Atlantico agli Urali, indipendente, anche militarmente, dagli Stati Uniti. Solo così si potrà tornare a valorizzare il lavoro, a dare nuovo protagonismo allo Stato, a parlare di redistribuzione e di riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario.

8. Altro tema delicato è la Russia di Putin. Che giudizio date del lungo periodo di governo di Putin e che relazioni avete con il movimento comunista russo e dell’ex campo socialista?

Seguiamo con grande attenzione la politica russa, pubblicando spesso articoli tradotti dal russo. È una banalità dire che Putin non è comunista ma l’analisi deve andare oltre questa affermazione. Gennadij Zjuganov in ‘Stato e Potenza’ auspicava che l’ala patriottica degli imprenditori riconoscesse il ruolo guida dei lavoratori per la salvezza del paese. È indubbio che oggi la borghesia nazionale russa abbia assunto una funzione anti-imperialista. Il ruolo internazionale della Russia, a partire dal quadrante siriano, è volto a limitare e combattere l’imperialismo statunitense, il primo responsabile di tutte le guerre combattute negli ultimi 30 anni. Chi parla di contrapposti imperialismi fra Cina, Usa e Russia non solo non ha capito nulla di cosa era per Lenin l’imperialismo ma non ha capito neanche qual è oggi il nemico principale.

Negli ultimi anni c’è stato un avvicinamento fra Russia e Cina e questo fatto non può che essere salutato in modo positivo.

Dire questo non vuol dire sposare la politica putiniana in toto, ad esempio la riforma delle pensioni è stato un grave errore, contro il quale i comunisti russi si sono battuti con grande forza venendo anche premiati con un aumento di consensi.

9. Su quali temi intendete articolare le vostre future iniziative?

Continuiamo a pensare che in Italia sia necessaria una forza comunista organizzata e per questo continueremo a lavorare, allo stesso tempo occorre costruire uno schieramento di sinistra allargato per combattere contro le profonde ingiustizie che segnano la politica italiana e contro questa Europa.

— Intervista a Marco Pondrelli condotta dal Bollettino Culturale