Addio Alida. E’ morta povera il più bello sguardo del mondo

Se ne è andato Lo Sguardo Perforante. Se ne è andato quello che per Giuseppe Bertolucci «era uno dei tre, quattro sguardi più belli del mondo». Se ne è andata Alida Valli, inopinatamente, inaspettatamente ottantacinquenne. Perché lei, nel ricordo e nell’immaginario, era rimasta immutata, intatta come allora, quando aveva poco più di trent’anni e ci aveva incantato in “Senso”, con quel suo volto dall’alone misterioso, dallo sguardo lancinante, bellissima e impenetrabile come una dea egizia.

Se ne è andata Alida Valli, povera e in silenzio, nella sua casa romana, Veltroni le ha dato il suo pubblico e personale cordoglio di sindaco, celebrandola, giustamente, «come uno dei volti più intensi e significativi del cinema italiano, come una grande attrice amata e ammirata da tutti e anche come un grande esempio di stile e sobrietà». I suoi funerali saranno solenni, celebrati in Campidoglio, domani alle dieci.

Addio, Alida Valli, l’antesignana, la prima “fidanzata d’Italia”, e “ la più amata dagli italiani”. Addio, dal 2004 viveva grazie al sostegno della legge Bacchelli la Donna dallo Sguardo Fatale; cinque anni fa era stata molto festeggiata per il suo ottantesimo compleanno e lei era riapparsa in pubblico elegante e discreta come sempre, un abito nero, quattro fili di perle al collo, sorridente tra il presidente della Repubblica Ciampi e Michelangelo Antonioni, insegnita dell’ultimo Premio, quello intitolato a Vittorio De Sica.

Parole sincere, lievi, immaginifiche per una donna che seppe anche farsi Star. Le più belle le dice sempre lui, Giuseppe Bertolucci, il regista che la volle nel suo primo film, “Berlinguer ti voglio bene”: lui la vede come «l’archetipo di tutte le attrici»; Alida, «l’unica vera star che ho incontrato, con la doppia faccia esaltante/inquietante tipica della star». Icona e mito del cinema italiano, spiega quando gli chiedono di parlare di lei alla festa degli ottant’anni: «Bella e brava, una lavoratrice instancabile, una persona di straordinaria generosità. Una che ha amato il cinema e chi lo faceva, senza mai un atteggiamento di routine». Un ritratto che non disegna solo l’attrice, anche se «lavorare con lei – continua Bertolucci – era quello che ogni regista può desiderare: lei non aveva bisogno di alcun tipo di indicazione, era una specie di apparizione. “Era” e basta».

La ricordano bene, la ricordano tutti, i suoi colleghi giovani e meno giovani. Mariangela Melato, che di Alida Valli fu compagna su set cinematografici e televisivi, dice che «come raramente accade, era bella dentro e fuori»; Claudia Pandolfi ricorda che era una «bellezza intelligente»; Valentina Cortese la definisce una amica straordinaria, «non siamo mai state rivali».

“Fidanzata d’Italia”. Lo è stata a lungo, nel corso di una carriera durata 60 anni. Claudio Carabba, nel suo “Il cinema nel Ventennio nero”, la rappresenta come la «dolce Alida, giovinetta languida e pieghevole», i capelli lisci e spioventi sulla guancia destra, rialzati sopra l’orecchio sinistro, con o senza fiore. I capelli che poi avremmo chiamato appunto “all’Alida Valli” (finché a guerra finita ci dissero che erano “alla Veronica Lake”). La mitica Alida dalla voce inconfondibilmente bassa e musicale – l’innamorata di Dino Risi negli anni 40; l’amante segreta di Piero Piccioni al tempo dello scandalo Montesi negli anni 50 – era una attrice che veniva dal regime. Appena costruita Cinecittà da un Mussolini in gran forma, lei è già lì, ha ancora il suo nome vero, Alida Altenburger, e compare nel suo primo film, “I due sergenti”. L’anno dopo deciderà di cambiare il suo nome in Alida Valli. Alida Valli per sempre. E’ l’attrice storica dei “telefoni bianchi”, il volto sognante di commedie e musicals che dipingono un’Italia immaginaria ricca e felice. Pellicole che si chiamano “Mille lire al mese”, “Ore 9 lezioni di chimica”, “Gli uomini che mascalzoni”, “Le due orfanelle”. Nel ’40 recita in “Manon Lescaut” e nel ’41 è la drammatica e convincente Luisa di “Piccolo mondo antico” di Mario Soldati. Ha appena vent’anni, Alida, e riceve il Premio come migliore attrice dell’anno nell’appena nato Festival Cinematografico di Venezia. “Noi vivi”, “Addio Kira”, negli anni più cupi della guerra è il suo volto enigmatico a dare fascino alla bella anticomunista che lotta per salvare il suo amore. Nel ’47 è negli Stati Uniti con l’uomo che ha sposato – il compositore jazzista Oscar de Meio -: a Hollywood debutta con Hitchcock, “Il caso Paradine”, al fianco di Gregory Peck; nel ’48 è con Frank Sinatra nel “Miracolo delle campane”; nel ’49 gira “Il terzo uomo” di Carol Reed con Orson Welles.

La grande occasione doveva venire cinque anni dopo, nel 1954. Con “Senso” di Luchino Visconti: il film in cui presta il suo bellissmo viso e tutta la sua malinconia all’indimenticabile personaggio della contessa Serpieri, vagante pazza d’amore e di disperazione nelle calli veneziane.

Da allora, è l’interprete previlegiata dei più grandi maestri del cinema: Antonioni (“Il grido”), Pasolini (“Edipo Re”), Bertolucci (“Strategia del ragno ” e “Novecento”), George Pan Cosmatos, Dario Argento, Leviathan, Giordana. Ha girato oltre 100 film, partecipato a oltre 30 produzioni di show e telefilm e a moltissimi lavori teatrali (Ibsen, Pirandello, Sartre, D’Annunzio, Tennessee Williams).

Aristocratica, nasceva bene (a Pola il 31 maggio 1921), Maria Laura Altenburger baronessa di Marckenstein e Frauenberg, in arte Alida Valli.

Resterà nel nostro pantheon della giovinezza, della bellezza, del mistero.