Omaggio a Giorgio Galli

gallidi Alessandro Pascale

“Nella cultura della sinistra è prevalsa l’idea che il crollo dell’impero sovietico equivaleva al crollo del grande prodotto culturale che è stato il marxismo. Il marxismo ha studiato il capitalismo meglio dei grandi studiosi liberali, Marx è meglio di Keynes e Schumpeter”. (Giorgio Galli, 12 febbraio 2018)

Il 27 dicembre se ne è andato un altro pilastro della cultura italiana chiudendo un anno davvero infernale e sciagurato per molteplici ragioni. È per me difficile scrivere un ricordo oggettivo di Giorgio Galli, un grande studioso che ho avuto il piacere di conoscere in questo ultimo biennio di incontri fatti tra birre, pizze e chiacchierate filosofico-politiche gustate assieme ai compagni Roberto Sidoli, Daniele Burgio e Massimo Leoni. In questo contesto abbiamo imparato ad apprezzarne il rigore intellettuale, la profonda erudizione, la grande lucidità che l’hanno contraddistinto fino all’ultimo. Non c’era argomento su cui non avesse studiato, sapendoti consigliare un possibile campo di ricerca, cosa che emerge nettamente anche nei suoi ultimi scritti, come le prefazioni agli ultimi lavori di Sidoli e compagni. Stupiva la sua voglia di continuare a studiare e lavorare alla veneranda età di 92 anni, continuando a confrontarsi con un gruppetto di studiosi che i più bollano tuttora di stalinismo. La sua apertura mentale è un esempio che ne testimonia la fedeltà ad un ideale socialista umanistico e liberale, portato a favorire il dialogo e l’incontro, in un’ottica democratica che si sforza di tenere ferma l’unità di diritti civili e sociali. Una “fede” forse utopistica, eppure di grande ispirazione, accompagnata peraltro da un concreto realismo con cui sapeva affrontare anche questioni scomode andando controcorrente, mantenendo sempre un approccio professionale, simpatico e perfino gentile. Lo ha ricordato bene in tal senso l’allievo e poi amico e collega Caligiuri: 

“era un signore d’altri tempi: nei modi, nelle parole, nel porsi. Dotato di grande delicatezza, non faceva mai pesare le sue sterminate conoscenze ed era pronto a condividere con generosità tutto quello che sapeva. Era spettacolare sentirlo parlare, un continuo bagno di cultura”.

Il curriculum di Galli è impressionante: dal 1965 al 1969 direttore della rivista Il Mulino, poi l’approdo sui banchi universitari, con la prima cattedra di storia contemporanea nella burroscosa facoltà di sociologia di Trento, diventando nei decenni successivi titolare della cattedra di Storia del pensiero politico all’Università degli Studi di Milano dove è stato un faro per migliaia di studenti. È stato senza dubbio uno tra i più eminenti politologi, storici e sociologi del secondo ‘900, regalandoci poi altri vent’anni di appassionati e sorprendenti studi nel presente secolo, tanto da diventare uno dei più importanti nomi della cultura italiana dell’ultimo mezzo secolo. Tra le opere accademiche di sintesi più importanti troviamo la sua storia del pensiero politico, via via trasformatasi in varie edizioni (Manuale di storia delle dottrine politiche, Milano, Il saggiatore, 1985; Storia delle dottrine politiche, Milano, B. Mondadori, 1995; Il pensiero politico occidentale. Storia e prospettive, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2010) oltre a saggi come Storia dei partiti politici europei. [Dal 1649 a oggi], Milano, Rizzoli, 1990 e I partiti politici italiani. Dalla Resistenza all’Europa integrata. 1943-1991, Milano, Rizzoli, 1991. 

Sfogliando la pagina Wikipedia a lui dedicata si contano oltre 80 pubblicazioni monografiche, e si può constatare peraltro come la pagina non sia aggiornata sugli ultimi importanti lavori. Una produzione imponente che meriterebbe una riscoperta, un riordinamento e una presentazione organica, per la quale servirebbe un apposito convegno capace di riordinare i tanti filoni battuti da questo studioso. Un’idea che meriterebbe di essere portata avanti dall’assessorato alla cultura del comune di Milano in accordo con la sua ex Università, cosa che rimedierebbe solo parzialmente al fatto di essere riusciti nell’impresa di non conferirgli un’onorificenza come l’ambrogino d’oro.

Si pensi alle tante analisi della destra estrema, in tutte le sue sfaccettature, accompagnate da un’intensa attività antifascista omaggiata anche da Roberto Cenati, Presidente dell’Anpi Provinciale di Milano, che ne ha ricordato le collaborazioni con le riviste Panorama, Linus e L’antifascista, e più in generale le “sottili e approfondite analisi storiche, la sua passione politica, la sua umanità”. All’analisi del “grande nemico” ha dedicato molteplici opere analitiche come La crisi italiana e la destra internazionale, Milano, A. Mondadori, 1974; La Destra in Italia, Milano, Gammalibri, 1983; Hitler e il nazismo magico, Milano, Rizzoli, 1989; Il fascismo. Dallo squadrismo a Dongo, Bussolengo, Demetra, 1996; Il Mein Kampf di Adolf Hitler. [Le radici della barbarie nazista], a cura di, Milano, Kaos, 2002; Credere obbedire combattere. Storia, politica e ideologia del fascismo italiano dal 1919 ai giorni nostri, Bresso, Hobby & Work, 2008; con Luca Gallesi, L’anticapitalismo di destra, Sesto San Giovanni (MI), Oaks, 2019. Riguardo a questo filone l’ha così ricordato l’esperto delle nuove destre Matteo Luca Andriola: 

“un autore che, senza rinnegare le radici illuministe del suo pensiero, non ha mai escluso il lato irrazionale della cultura, esplorando con acutezza e rigore scientifico temi di carattere sociologico ma ponendo particolare attenzione al connubio tra storia ufficiale ed esoterismo, cosa che mai gli fu perdonata dai parrucconi della storiografia ufficiale. I suoi lavori si caratterizzano per l’attenzione verso aspetti reconditi della storia delle idee politiche, quali, ad esempio, le radici ‘magiche’ o irrazionali che concorrono ad alimentare l’adesione di massa verso particolari ideologie politiche, soprattutto quelle di natura totalitaria”.

È un tema ben presente in Galli, giunto a pubblicare un libro come Stelle rosse. Astrologia neo-illuminista a uso della sinistra, Milano, Alacran, 2006, invitando schiettamente la sinistra figlia dell’illuminismo a non trascurare, considerandoli automaticamente reazionari, fenomeni popolari tesi al rifugio verso culture tradizionali emarginate dalla rivoluzione scientifica del XVII secolo (astrologia, alchimia, magia).

All’analisi dell’esoterismo e dei suoi intrecci con la società e la politica Galli ha dedicato svariate altre opere come Occidente misterioso. [Baccanti, gnostici, streghe: i vinti della storia e la loro eredità], Milano, Rizzoli, 1987; Politica ed esoterismo alle soglie del 2000, con Rudy Stauder, Milano, Rizzoli, 1992; Le coincidenze significative. Dalla politologia alla sincronicità, Chieti, Solfanelli, 1992; Noi e le stelle, con Rudy Stauder, Milano, Rizzoli, 1994; La politica e i maghi. [Da Richelieu a Clinton], Milano, Rizzoli, 1995; Fatima, la Russia e le due torri. Politica ed esoterismo, Milano, Terziaria, 2002; La magia e il potere. L’esoterismo nella politica occidentale, Torino, Lindau, 2004; Esoterismo e politica, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2010. Si tratta di testi che sono stati spesso accolti con scetticismo dall’ambiente accademico, che per questo l’ha in parte emarginato, eppure sono stati scritti con lo spirito di «un anziano neo-illuminista del XXI secolo», come si descrive nella sintomatica opera, l’unica dedicata in senso stretto al tema clerical-religioso, Non credo. [Lettura critica del nuovo catechismo della Chiesa cattolica], Milano, Kaos, 2006; un testo in cui ritiene suo dovere «opporsi alla pretesa di chi, in nome di un sistema di credenze senza basi logiche, vorrebbe imporre alla comunità tutta comportamenti, modi di vita, scelte politiche e sociali che non sono validi più di altri per il solo fatto di avere radici in antiche mitologie». 

Oggi viene omaggiato dai media soprattutto perIl bipartitismo imperfetto. Comunisti e democristiani in Italia (Bologna, Il Mulino, 1966), una “pietra miliare nella scienza politica contemporanea” secondo il politologo Raniolo; un’opera dove si potevano leggere le seguenti righe: 

«La critica più sistematica e più seria alla democrazia parlamentare, che è una democrazia rappresentativa e che può anche essere definita “borghese” per le sue origini e per il tipo di società nella quale si è sviluppata, è quella formulata dal pensiero marxista. Questa critica si sostanzia nell’asserzione che il carattere di classe della società capitalistica, il fatto che i mezzi di produzione e di scambio siano di proprietà, o gestiti o controllati solo da un gruppo sociale determinato, e non dall’intera collettività, colloca tutti gli altri gruppi in una posizione di inferiorità. L’eguaglianza giuridica non corrisponde a una situazione di pariteticità in fatto di potere decisionale. Questo giudizio, nelle sue linee fondamentali, rimane esatto».

Galli andrebbe però ricordato anche per le svariate opere dedicate ad approfondire i lati oscuri della storia italiana e del capitalismo nostrano, dallo studio “laico” della DC, alle sue collusioni con i poteri forti occulti che hanno destabilizzato la democrazia italiana. I titoli sono già di per sé un chiaro indicatore di tale percorso: La sinistra democristiana. Storia e ideologia, con Paolo Facchi, Milano, Feltrinelli, 1962; Fanfani, Milano, Feltrinelli, 1975; La sfida perduta. Biografia politica di Enrico Mattei, Milano, Bompiani, 1976; Il capitalismo assistenziale. Ascesa e declino del sistema economico italiano 1960-1975, con Alessandra Nannei, Milano, SugarCo, 1976; Storia della Democrazia cristiana, Roma-Bari, Laterza, 1978; L’Italia sotterranea. Storia, politica e scandali, Roma-Bari, Laterza, 1983; Il mercato di Stato. Il capitalismo assistenziale rivisitato, con Alessandra Nannei, Milano, SugarCo, 1984;Affari di Stato, Milano, Kaos, 1991; La regia occulta. Da Enrico Mattei a Piazza Fontana, Milano, Tropea, 1996; La massoneria italiana. Grande Oriente, più luce. Due opinioni al confronto, con Massimo della Campa, Milano, Angeli, 1998; Il prezzo della democrazia. La carriera politica di Giulio Andreotti, Milano, Kaos, 2003; La venerabile trama. La vera storia di Licio Gelli e della P2, Torino, Lindau, 2007; Stella e Corona. Sogni, utopie e brogli elettorali nella democrazia elettorale italiana (1946-2011), con Daniele Vittorio Comero, Chieti, Solfanelli, 2011; Ricostruire la democrazia. La “tela di Penelope” delle riforme elettorali, Chieti, Solfanelli, 2012.

Non è mancata poi, da marxista eterodosso, di tendenza liberal-socialista “lombardiana”, un’attenzione particolare al campo variegato della “sinistra”. Il suo primissimo lavoro, nel lontano 1953 è una Storia del Partito Comunista Italiano che fece arrabbiare Togliatti e che avrà poi molteplici ristampe e rielaborazioni (la più recente mi sembra sia Storia del PCI. Livorno 1921, Rimini 1991, Milano, Kaos, 1993). Saranno poi molti i saggi con cui contribuirà allo studio e al dibattito per affrontare il declino della sinistra italiana, non esitando ad affrontare anche la questione della lotta armata: La sinistra italiana nel dopoguerra, Bologna, il Mulino, 1958; La tigre di carta e il drago scarlatto. Il pensiero di Mao Tse-tung e l’Occidente, Bologna, Il Mulino, 1970; Dal bipartismo imperfetto alla possibile alternativa, Bologna, Il Mulino, 1975;  Opinioni sul PCI, a cura di, Milano, I libri de L’espresso, 1977; Storia del socialismo italiano, Roma-Bari, Laterza, 1980; Storia del partito armato. [1968-1982], Milano, Rizzoli, 1986 (a cui seguirà Piombo rosso. La storia completa della lotta armata in Italia dal 1970 a oggi, Milano, Baldini Castoldi Dalai Editore, 2004); Ma l’idea non muore. Storia orgogliosa del socialismo italiano, Milano, Tropea, 1996; La sinistra italiana. Un manuale per capire, un saggio per riflettere, Milano, Il saggiatore, 1996; Il decennio Moro-Berlinguer. Una rilettura attuale, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2006; Pasolini comunista dissidente. Attualità di un pensiero politico, Milano, Kaos, 2010.

In una delle ultime interviste rilasciate, si è espresso in maniera chiara sul declino della sinistra in Italia, rea di aver abbandonato la chiave interpretativa più importante della realtà: il marxismo: “avendo abbandonato strumenti concettuali costruiti in un secolo e più la sinistra si è trovata spiazzata di fronte al neoliberismo, la famosa idea della Thatcher ‘non c’è alternativa’, il sistema attuale visto come unico sistema possibile”. 

Chi come il sottoscritto è rimasto marxista e comunista non può infine non ricordare le opere più dimenticate dai media: ne L’Impero americano e la crisi della democrazia, Milano, Kaos, 2002 sostiene la tesi che gli attentati dell’11 settembre fossero probabilmente a conoscenza di una parte dell’establishment americano, che però ne avrebbe assolutamente sottovalutato le conseguenze. Sugli USA, sempre bollati con il marchio inequivocabile di “impero”, con buona pace dei benpensanti liberali filostatunitensi, torna nell’opera L’impero antimoderno. La crisi della modernità statunitense da Clinton a Obama, Milano, Bietti, 2013, marcandone le contraddizioni interne. 

Nel 1998, all’apice della trionfante globalizzazione neoliberista, Galli fa uscire In difesa del comunismo nella storia del XX secolo, Milano, Kaos, 1998, in palese reazione al Libro nero del comunismo pubblicato in Italia da Berlusconi. Nell’opera Galli, valutando le famose decine di milioni di morti, denunciava la corresponsabilità dei totalitarismi nazifascisti, ma anche delle potenze liberali, confutando l’immagine apologetica verso cui tendono tuttora molti scribacchini al servizio della borghesia. Galli è all’epoca tra i pochissimi grandi intellettuali italiani (si dovranno ricordare almeno Preve e Losurdo, con Canfora a ruota) a schierarsi in difesa del comunismo, in un periodo in cui perfino il segretario del PRC tendeva invece a cercare di derubricare lo scomodo termine. Dieci anni dopo, in Stalin e la sinistra. Parlarne senza paura, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2009, denuncia l’eccessiva criminalizzazione di Stalin da parte della sinistra italiana e della storiografia, rilanciando la necessità di una maggiore contestualizzazione della sua opera. Un libro coraggioso che seguiva di appena un anno il noto studio critico di Losurdo (Stalin. Storia e critica di una leggenda nera), accolto da giornalacci come Il Manifesto e Liberazione con l’ostracizzazione e la damnatio memoriae. 

Infine gli ultimi anni, in cui Galli ha ripercorso, sulla scia dell’ultimo Luciano Gallino, la società capitalistica nel suo complesso al suo stadio attuale, quello del neoliberismo e della globalizzazione guidata dalle multinazionali. Dopo aver identificato le cause del declino dell’Italia nell’opera Il golpe invisibile. Come la borghesia finanziario-speculativa e i ceti burocratico-parassitari hanno saccheggiato l’Italia repubblicana fino a vanificare lo stato di diritto, Milano, Kaos, 2015, Galli ha cominciato un sistematico scavo che è sfociato in una preziosa trilogia: con Francesco Bochicchio pubblica Scacco alla superclass. La nuova oligarchia che governa il mondo e i metodi per limitarne lo strapotere, Mimesis, 2016; con Mario Caligiuri realizza Come si comanda il mondo. Teorie, volti, intrecci, Rubbettino, 2017 (di qui abbiamo pubblicato l’introduzione su Marx21) e Il potere che sta conquistando il mondo. Le multinazionali dei Paesi senza democrazia, Rubbettino, 2020. Si tratta di opere, per usare le parole di Caligiuri, in cui si sostiene “che a decidere in modo prevalente le sorti del pianeta non siano le persone che vediamo ogni giorno in tv o leggiamo sui giornali ma i vertici delle multinazionali finanziarie, un potere che opera alla luce del sole ma del quale l’opinione pubblica non ha sufficiente percezione”.

In questo ultimo scorcio di vita Galli ha stretto un sodalizio particolare soprattutto con i compagni Sidoli, Burgio e Leoni, che ne avevano catturato l’attenzione con l’importante opera Il Volo di Pjatakov. La collaborazione tattica tra Trotskij e i nazisti, con la conseguente iniziativa di presentazione al centro Concetto Marchesi, che ha visto uno dei suoi ultimi interventi filmati: Galli si diceva convinto dall’opera, capace di mostrare la veridicità dell’esteso complotto organizzato dall’opposizione trockijsta, ma rimaneva ancora tenace nel criticare l’operato complessivo di Stalin. Galli era uno di quegli intellettuali davvero liberi che manteneva un dubbio sistematico: poteva difenderti Stalin contro i liberali, ma non esitava a criticarlo davanti ai comunisti più ortodossi. Sono seguiti contributi importanti nel campo della teoria marxista, con riflessioni sulle teorie dell’effetto di sdoppiamento e sul prometeismo. L’ultima opera che ci lascia è L’anticapitalismo imperfetto, Milano, Kaos, 2020, in cui ha rilevato che finora il livello di coscienza della classe operaia si sia arrestato “alla fase della conquista di diritti e di migliori condizioni di vita, senza ambire ad abbattere il capitalismo per costruire il socialismo (da qui l’anticapitalismo imperfetto)”. Di qui l’esigenza da parte del marxismo di porre alternative credibili e realizzabili alla società attuale: un argomento posto con forza anche dall’ultimo Losurdo.

È in questo periodo che ho avuto il piacere di conoscere personalmente quello che con rispetto chiamavo sempre “professore”. Dai tavolini di porta Venezia esponeva la sua preoccupazione crescente sul potere delle multinazionali, ed in particolar modo su quelle dell’informatica (amazon, google, facebook, ecc.). Ci invitava all’analisi precisa dei gruppi che si nascondono nei vertici del potere, rimanendo dubbioso, ma via via più aperto, sulla possibilità che la Cina potesse diventare un grimaldello utile per frenare l’impeto di quello che per noi era semplicemente l’imperialismo. Avendo da poco pubblicato Il totalitarismo liberale, gliene avevo proposto la lettura chiedendogli un parere. Dopo poche settimane mi detta la sua recensione direttamente al telefono, denunciando implicitamente il buco nero in cui è caduta la cultura liberale:

«Il totalitarismo liberale è un libro importante per riflettere sul concetto di “totalitario”. L’aggettivo fu usato in senso positivo da Mussolini per definire il regime imposto in Italia. Fu poi usato dai liberali per definire in senso negativo sia il fascismo che il comunismo. Ora Pascale lo ribalta sempre in senso negativo sullo stesso liberalismo. A mio avviso l’egemonia culturale liberale non è sempre stata totalitaria (si pensi a Stuart Mill e a Benedetto Croce). Credo che si possa definire totalitarismo liberale l’egemonia dell’odierno capitalismo, quello globalizzato delle multinazionali».

Inutile aggiungere che per il sottoscritto è stato un onore poter appuntare questo suo commento sulla scheda di presentazione del libro.

Giorgio Galli si è spento per tutti noi inaspettatamente a 92 anni, conservando fino all’ultimo momento la voglia di studiare assiduamente per verificare le tesi sue e degli studiosi che continuavano a chiedergli consiglio. A tutti Galli rispondeva con suggerimenti e ricerche di dati empirici, mostrando un amore sterminato per l’approfondimento critico, da quel grande intellettuale che è stato e che si erge ad esempio per tutti noi. Alle nuove generazioni, che devono far fronte ad un ceto politico incompetente e ad una società da ricostruire, ha lanciato un messaggio semplice ma impegnativo:

“La classe politica è modesta, la grande generazione del dopoguerra era cresciuta negli scontri, nelle difficoltà, nell’esilio, ed è stata la generazione che ha sviluppato l’Italia. Finita questa classe politica è cominciato un vuoto perché non c’è un ceto dirigente formato negli studi. Il ceto dirigente è stato cooptato dai precedenti che invece che selezionare i migliori hanno selezionato i più conformisti”.

“come è stato importante per la rivoluzione scientifica imparare a leggere, adesso bisogna imparare a utilizzare e selezionare le informazioni. I giovani fanno benissimo a usare questo strumento ma oltre all’estensione c’è un problema di profondità, e la profondità la danno ancora i libri. I migliori tra i giovani sono quelli che continuano anche a leggere i libri. Saranno la classe dirigente del futuro”.

Milano, l’Italia e la cultura europea da un lato, ma anche il movimento liberale, razionalista, marxista e socialista dall’altro lato, sono oggi molto più poveri, avendo perso uno degli ultimi grandi illuministi della nostra epoca.