Invertire la rotta!

prospettivepericomunisti bannerPer ricostruire il ruolo dei comunisti nella crisi organica del capitale

Riceviamo con richiesta di pubblicazione dalle compagne e i compagni di “la città futura” area comunista – doc3 del PRC e proponiamo come contributo alla discussione sulle prospettive dei comunisti in Italia

Dopo l’ultimo tracollo elettorale, il PRC sta vivendo un momento a dir poco surreale: il partito (e tutto il movimento comunista) è stato ridotto negli ultimi anni ai minimi termini per quanto riguarda insediamento e consenso sociale, ma l’attuale gruppo dirigente di Rifondazione resta chiuso al proprio interno in un dibattito che interessa solo la propria sopravvivenza e pochissimo i nostri referenti sociali. L’ultima direzione nazionale decreta, di fatto, la fine di una maggioranza nel partito, spaccata tra proposte di riposizionamento verso nuovi e non meglio identificati soggetti politici genericamente di sinistra e il ritorno nelle braccia del governismo, ricongiungendosi con Vendola e soci. Nel frattempo molte compagne e compagni, circoli e persino federazioni intere stanno producendo, generosamente ma inascoltati, analisi e iniziative per salvaguardare il patrimonio militante residuo, a serio rischio di implosione proprio per la mancanza di un cambiamento radicale delle strategie del partito.


Manca tuttora un dibattito reale che coinvolga la base ed il tessuto del PRC e che coinvolga anchei/le comunisti/e esterni/e al partito uscendo dalle chiuse stanze di una dirigenza dimissionaria solo a parole e che ha sbagliato tutte le principali scelte degli ultimi anni. I militanti, i quadri intermedi del PRC e la sua diffusione territoriale, pur fortemente erosa, sono i punti da cui ripartire se si vuole rilanciare veramente la presenza di una forza comunista autonoma nel paese al centro di un più ampio fronte anticapitalista di resistenza alla crisi. Segno della sordità degli attuali dirigenti a questa necessità è la discussione stessa sul Congresso straordinario che divide la maggioranza tra chi non vuole aprire nessun reale dibattito nel Partito (più precisamente, farlo in fretta e furia per arrivare a una “conta”), e chi – come il segretario – lo rimanda alle calende greche, sperando che nel frattempo qualche evento imprevisto e fortunoso ci tiri fuori dalle secche.

Questo è ancor più grave e irresponsabile nel momento in cui il rifiuto popolare delle politiche di austerity, imposte al nostro paese da UE-BCE-FMI, ha creato le condizioni di una delegittimazione della classe dirigente e una crisi di governabilità del paese cavalcata solo (e in maniera ambigua) dal populismo del M5S che occupa spazi lasciati colpevolmente vuoti in anni di subalternità al centrosinistra.

La crisi di sovrapproduzione attuale caratterizzerà tutta questa fase col tentativo pressante da parte dei capitalisti di schiacciare i salari sotto i livelli di sussistenza e aprirà una stagione di disoccupazione di massa, affiancata da un aumento della tendenza alla militarizzazione e alla guerra. Questa crisi organica quindi non ha soluzioni realistiche nel mero rilancio dei consumi e non può essere individuata dentro le compatibilità con i diktat del capitalismo finanziario (incarnato dalla Troika UE-BCE-FMI).

L’unica via di uscita “a sinistra” dalla crisi capitalistica è l’uscita dal capitalismo stesso, sviluppando l’opposizione di classe e l’alternativa di sistema.

Nel nostro paese le classi dominanti, per rilanciarsi in maniera competitiva, svendono la parvenza di sovranità popolare che ci era rimasta e usano il ricatto del debito commissariando i residui di democrazia esistente per creare uno stato di eccezione permanente in cui imporre pesantissime controriforme. Dopo il governo del golpe tecnico e il terremoto elettorale di febbraio, si profila ormai con la rielezione di Napolitano il “governissimo” PD, PDL e centristi, con buona pace di chi continua a guardare al centrosinistra, come orizzonte entro il quale “salvare la democrazia”.

Rilanciare il PRC significa, quindi, ricollocarlo nel vivo dello scontro di classe, in connessione con i movimenti degli altri paesi dei cosiddetti PIIGS, significa impegnarsi per riaggregare anche in Italia un ampio schieramento anticapitalista, quale terreno concreto nel quale i comunisti possono dimostrare e rifondare un proprio ruolo utile e credibile. Significa praticare la rottura con la UE del capitale finanziario e porsi in netta alternativa a tutti i poli della governabilità capitalistica nel nostro paese (quindi anche e soprattutto col centrosinistra della carta d’intenti filo-BCE).

Nell’attuale contesto, non possiamo riproporre logiche governiste, come ad esempio sta avvenendo a Viareggio: rompere le alleanze col PD rappresenta un passaggio urgente e ineludibile per ricostruire credibilità e prospettiva al PRC. Con operazioni di piccola “manutenzione” della linea, con i tatticismi tra correnti, senza rompere con questo quadro di compatibilità non è possibile, a nostro avviso, rilanciare una forza comunista credibile e all’altezza dei tempi e quindi salvare il patrimonio del PRC.

Per questo difficile compito nessuno è autosufficiente, nemmeno il PRC: riteniamo necessario proporre un percorso credibile di ricomposizione dei comunisti, senza scioglimenti e scorciatoie politiciste, ma avendo il coraggio di dialogare con altre proposte del movimento comunista che vanno nella stessa direzione, verificando nel comune lavoro e confronto politico un percorso che ha bisogno per questo di organizzazione, di radicamento sociale e di concreta iniziativa nella realtà.

Diciamo con chiarezza che non condividiamola logica dello scioglimento dentro contenitori e/o improvvisati soggetti politici, genericamente di sinistra con aggettivi vari. Dobbiamo mantenere ferma la dialettica tra ricostruzione/rifondazione di un partito comunista con la propria organizzazione ed il proprio simbolo e formazione di un più vasto fronte anticapitalista tra diverse realtà sociali e politiche, fuori dalle alleanze col PD e unite nell’opposizione alle politiche di austerity filo-BCE e ai governi che le sosterranno. Con questa consapevolezza intendiamo partecipare e portare il nostro contributo al più ampio confronto unitario ed atutte le possibili convergenze con realtà comuniste ed anticapitaliste, che non siano dettate unicamente dalla necessità di superare uno sbarramento elettorale.

Non è più possibile rimanere in mezzo al guado e continuare a vivacchiare con soluzioni politiciste e confuse che stanno portando alla consunzione del partito e allo scioglimento di fatto.

Per questi motivi pensiamo che un semplice confronto tra correnti nel partito (che per lo più rischiano di essere cordate a sostegno di un proprio mini-gruppo dirigente) non sia assolutamente sufficiente. Non si può dire che il momento è “straordinario” e poi affrontarlo con strumenti “ordinari”.

Rivolgiamo quindi un appello a tutti i compagni/e del PRC, nei circoli e nelle federazioni che condividano queste nostre preoccupazioni, indipendentemente dalle correnti alle quali sono finora appartenuti o vogliano continuare ad appartenere, a riprendere in mano gli strumenti della partecipazione e la discussione dalla base sulle prospettive del partito costruendo una posizione comune che imponga questi temi nel dibattito pre-congressuale.

Consapevoli che per tutti/ quelli/ che non vogliono sciogliere o diluire, ma rilanciare il PRC in questa direzione è in gioco non solo la nostra sopravvivenza, ma quella dell’opzione comunista nel nostro paese.

Per questo non possiamo restare a guardare passivamente, occorre una netta discontinuità di linea politica e di gruppo dirigente. E’ possibile invertire la rotta!

I compagni e le compagne de “la città futura” area comunista – doc3 del PRC
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