La carriera di Biden

Bidendi José Goulão

da https://www.abrilabril.pt

Traduzione di 
Marx2.it

Di un ampio saggio di José Goulão proponiamo la parte iniziale dedicata alla descrizione della carriera del nuovo presidente degli Stati Uniti.

Intelligence Online, newsletter internazionale che diffonde messaggi dai servizi segreti occidentali, pubblica un breve testo dal suggestivo titolo “Biden finirà in Siria ciò che Obama ha iniziato”. Non servono più parole: la frase vale 10 o 20mila parole in un programma governativo.


Basta uno sguardo al curriculum guerrafondaio del nuovo presidente degli Stati Uniti d’America, Joseph Biden, per prevedere un’amministrazione corrispondente, nonostante gli svolazzi e i fuochi d’artificio con cui è stata celebrata la sua travagliata e controversa elezione. L’asfissiante dispositivo di propaganda globale ha voluto inviare al mondo l’immagine sbiancante che inizia una nuova era, che siamo di fronte a una rottura rispetto alla tragedia degli ultimi quattro anni. 

Niente di più fuorviante. Come direbbe l’ultimo dittatore fascista in Portogallo, presentando la sua “primavera”, siamo di fronte a una “evoluzione nella continuità”. Tra Trump e Biden la differenza è nello stile, nella lucidatura, nella vernice che fa appello allo strato ben congegnato della comunicazione “di riferimento”. La sostanza è la stessa, con più globalismo e meno nazionalismo, una sorta di “America prima ovunque” invece di una “prima America” ​​domestica.

Prima di diventare presidente, Biden è stato per decenni vicepresidente di Barack Obama e senatore. Ecco perché è possibile trovarlo che sostiene fortemente il razzismo istituzionalizzato nella società americana – per quanto vogliano ripulire la sua immagine – e guerre imperiali come le invasioni di Granada (1983) e Panama (1989), la distruzione della Jugoslavia con i bombardamenti. di Belgrado (1999), le invasioni dell’Afghanistan (2001) e dell’Iraq (2003); oppure consigliare presidenti democratici e gemellarsi con presidenti repubblicani, da Reagan alla famiglia Bush, a seconda dei casi. Non è eccessivo ricordare che in questi gesti imperiali per esportare “democrazia”, ​​per imporre misure “umanitarie” o per adempiere al comandamento R2P (Responsibility to Protect, una democratica invenzione) non ci sono differenze fondamentali tra Democratici e Repubblicani, in quanto vengono praticati metodi di gestione più o meno elaborati della propaganda di guerra.

In qualità di vicepresidente, Biden ha svolto ruoli di primo piano nella riattivazione della guerra in Afghanistan (2009), nell’occupazione dell’Iraq, nelle rivoluzioni colorate che sono diventate genericamente note come “primavere arabe”, nelle atrocità che hanno causato la distruzione della Libia, nel colpo di stato che ha portato al potere il fascismo in Ucraina (2014) e nel lancio di un’aggressione sanguinaria contro la Siria.

È questo lavoro incompiuto, quello di smantellare e distruggere la Siria, che Biden si propone ora di completare come presidente – a credere nelle previsioni della comunità dei servizi segreti occidentali. E serve solo come un esempio puntuale di un’agenda interventista su scala globale, come è prerogativa della ben parlante, la pura élite democratica neoliberale e tecnocratica.

Due segnali immediati rivelano i contorni di quell’agenda: il rafforzamento della NATO e il ritorno in servizio attivo, più o meno, della squadra di leader e consiglieri delle amministrazioni Obama, il presidente che, nella storia degli Stati Uniti, si è impegnato in ulteriori esecuzioni extragiudiziali sfruttando, principalmente, il crescente utilizzo di droni.

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