In Italia 90 testate nucleari

E gli Usa in Europa hanno un numero di ordigni 3 volte superiore a quello finora stimato
Il rapporto sulle armi nucleari Usa in Europa svela la reale entità della minaccia posta al nostro paese dagli armamenti statunitensi

Mentre Condoleezza Rice incontrava ieri a Bruxelles i ministri degli esteri della Nato, assicurando che l’America vuole «un’Europa più forte come partner nel costruire un mondo più sicuro e migliore», usciva negli Stati uniti un rapporto (U.S. Nuclear Weapons in Europe) i cui dati chiariscono perfettamente tale concetto. Lo studio, pubblicato dal Natural Resources Defense Council, rivela che gli Stati uniti mantengono in Europa un numero di bombe nucleari tre volte superiore a quello che finora si conosceva. Da documenti ufficiali declassificati, risulta che il numero effettivo è di 480. La decisione di mantenere in Europa, nonostante la fine della guerra fredda, un arsenale nucleare maggiore di quello cinese è stata presa nel novembre 2000 dal presidente Clinton (Directive/NSC-74). Le 480 bombe nucleari sono dislocate in otto basi aeree in sei paesi europei della Nato: 150 in tre basi tedesche; 110 in una base inglese; 90 in due basi italiane e altrettante in una turca; 20 rispettivamente in una base belga e in una olandese. Delle 90 bombe nucleari schierate in Italia, 50 si trovano ad Aviano (Pordenone) e 40 a Ghedi Torre (Brescia). Tutte quelle dislocate in Europa sono bombe tattiche B-61 in tre versioni, la cui potenza va da 45 a 170 kiloton (una potenza equivalente a 170 mila tonnellate di tritolo, 13 volte maggiore di quella della bomba di Hiroshima). Le bombe sono tenute in speciali hangar, insieme ai caccia pronti per l’attacco nucleare: F-15 e F-16 statunitensi, che dispongono complessivamente di 300 bombe; F-16 e Tornado dei paesi europei della Nato, che hanno a disposizione complessivamente 180 bombe. Tra questi, i Tornado italiani che sono armati con 40 bombe (quelle tenute a Ghedi Torre).

Lo spiegamento delle armi nucleari statunitensi in Europa è regolato da una serie di accordi segreti, che i governi europei non hanno mai sottosto ai rispettivi parlamenti. Quello che regola le armi nucleari Usa in Italia è lo «Stone Ax», il piano segreto di cui parla William Arkin nel suo libro Code Names. Esso non solo dà agli Usa la possibilità di schierare armi nucleari sul nostro territorio, ma stabilisce il principio della «doppia chiave», ossia prevede che una parte di queste armi possa essere usata dalle forze armate italiane una volta che gli Usa ne abbiano deciso l’impiego. A tal fine, rivela il rapporto, piloti italiani vengono addestrati all’uso delle bombe nucleari nei poligoni di Capo Frasca (Oristano) e Maniago II (Pordenone).

In tal modo l’Italia, che fa parte con gli Usa del «Gruppo di pianificazione nucleare» della Nato, viola il Trattato di non-proliferazione delle armi nucleari che, all’articolo 2, stabilisce: «Ciascuno degli stati militarmente non-nucleari, si impegna a non ricevere da chicchessia armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi, né il controllo su tali armi e congegni esplosivi, direttamente o indirettamente». Come se non bastasse, nell’aprile 1999 il governo D’Alema ha sottoscritto, senza sottoporlo al parlamento, un accordo sulla «pianificazione nucleare collettiva» della Nato in cui si stabilisce che «l’Alleanza conserverà forze nucleari adeguate in Europa, con caratteristiche di flessibilità e capacità di sopravvivenza tali da essere percepite come un elemento credibile ed efficace nella strategia atlantica di prevenzione dei conflitti». Tale strategia, consistente nel «prevenire i conflitti» tenendo gli altri sotto mira con le proprie armi nucleari, fa propria la «Direttiva 60» promulgata nel 1997 dal presidente Clinton: essa stabilisce che le armi nucleari non solo continuano a essere puntate su Russia e Cina, ma possono essere usate contro «stati canaglia» e contro «soggetti non-statali che minaccino gli Stati uniti, le loro truppe all’estero e i loro alleati con armi di distruzione di massa», anche non nucleari.

L’Italia svolge un ruolo particolarmente importante in quanto le sue basi sono più vicine alla regione mediorientale. Non è escluso quindi che le 24 bombe nucleari che la Grecia ha chiesto agli Usa di riprendersi siano trasferite ad Aviano, la cui capienza è di 72 bombe, il doppio rispetto a quella di altre basi europee. Ghedi Torre, la cui capienza è di 44 bombe, è invece quasi al completo: infatti, quando nel 1993 è stata disattivata la base di Rimini, le bombe nucleari che vi erano schierate non sono state riportate negli Stati uniti ma trasferite a Ghedi Torre.

Abbiamo dunque sul nostro territorio 90 ordigni nucleari, cui si aggiungono quelle della Sesta Flotta, soprattutto le testate dei missili a bordo dei sottomarini da attacco con base a La Maddalena. Come documenta il rapporto, vi sono crescenti problemi di sicurezza relativi alla conservazione di queste armi. La stone ax, l’ascia di pietra, è appesa a un filo sulle nostre teste.