Un Portogallo con futuro in un’Europa dei lavoratori e dei popoli

da www.pcp.pt | Traduzione di Marx21.it

Dichiarazione Programmatica del Partito Comunista Portoghese per le elezioni europee

declaracao programatica pcp eleicoes parlamento europeu 2014Portogallo e Unione Europea
Il PCP aveva ed ha ragione

Il Portogallo vive uno dei periodi più bui della sua storia recente. L’attuale disastro e declino comprometterà, se non sarà invertito, il futuro del Paese come nazione sovrana ed indipendente.

Il governo PSD/CDS, con la complicità del PS e l’impegno del Presidente della Repubblica, prosegue la sua ampia offensiva a favore degli interessi dei grandi gruppi economici e finanziari, sotto il segno del’Unione Europea, causa di recessione, regressione sociale, distruzione di servizi pubblici e sovversione dell’ordine democratico.

Al contrario di quanto proclamato, il declino del Paese non è imputabile a salari, pensioni, servizi pubblici e diritti sociali,ma ad una politica di continuo sfruttamento, dall’accumulazione della ricchezza, dalla distruzione del sistema produttivo, dalla disoccupazione, dalla svendita del patrimonio statale, dalla canalizzazione delle risorse verso i grandi gruppi economici, dalla trasformazione del debito privato in debito pubblico ricapitalizzando e coprendo i buchi dovuti alla speculazione e ad un gestione disastrosa delle banche.

1 – Tre anni dal Patto di Aggressione

Lo strumento più recente di questa offensiva è, in continuità con il PECs (programma di stabilità e crescita) promosso dal passato governo socialista, il cosiddetto “programma di assistenza economica e finanziaria”, un vero e proprio Patto di Aggressione contro i lavoratori, il popolo ed il paese, che il PS, il PSD e la CDS hanno firmato con la UE e l’FMI, con l’appoggio del Presidente della Repubblica nel maggio 2011, dando vita ad una illegittima ingerenza straniera che rappresenta un duro colpo contro il regime democratico, la sovranità e l’indipendenza del Portogallo.

Tre anni di Patto di Aggressione hanno dato vita alla perdita di 500.000 posti di lavoro, portando i disoccupati a oltre un 1milione e 4centomila, di cui solo 400mila ricevono un sussidio sociale. Tre anni del Patto di Aggressione si sono tradotti nella riduzione media dei salari del 18,3%; nella diminuzione delle pensioni; nell’aumento della povertà che oggi riguarda quasi 3 milioni di portoghesi; in 250mila lavoratori, per la maggior parte giovani, che sono stati costretti ad emigrare, nella degradazione dei servizi educativi e di salute, in oltre 70 mila imprese che sono state obbligate a chiudere.

Per la prima volta il Portogallo si trova in recessione per il terzo anno consecutivo, avendo accumulato una riduzione del PIL del 5.8%, cioè una diminuzione della ricchezza, in termini reali, di 9.4€. Il debito pubblico che, come il deficit, è utilizzato per legittimare il taglio dei salari e dei diritti, è passato dal 94% al 129,4% del PIL, cioè oggi il Portogallo è indebitato di 51,5 miliardi di € in più rispetto al 2010 )ano in cui è stato firmato il memorandum).

Quando il governo PSD/CDS e l’UE dichiarano il successo del Patto di Aggressione, quello che veramente celebrano è l’aumento dello sfruttamento e della concentrazione della ricchezza, l’aumento delle grandi fortune e i miliardi dati a banche nazionali e straniere. 

2- La politica di destra e la politica dell’Unione Europea: due facce della stessa medaglia

Il brutale aggravamento della situazione nazionale è inscindibile dalla prosecuzione della politica di destra che il governo PSD/CDS e l’UE, con la complicità del PS, sta continuando, annunciando che la riduzione dei salari e dei diritti fino adesso condotto, continuerà per mezzo di altri strumenti – pareggio di bilancio e governabilità economica, con o senza “programma cautelare” – che mantenga il Paese soggetto al dominio politico ed economico dell’UE del direttorio delle grandi potenze, guidato dalla Germania, e dei grandi gruppi economici finanziari.

Questa politica di destra, che da oltre 37 anni viene portata avanti dai differenti governi di PS, PSD e CDS, è responsabile della crescente accumulazione capitalista e dell’aumento dello sfruttamento lavorativo, della liquidazione dei diritti, dell’attuale declino economico, del regresso sociale e della dipendenza dall’esterno che degrada le condizioni di vita dei lavoratori e del popolo e compromette il futuro del paese.

Questo processo di rafforzamento monopolista, e conseguentemente di attacco ai diritti sociali e del lavoro, in corso da oltre 30 anni – in aperto e permanente contrasto con le conquiste della Rivoluzione di Aprile e con la Costituzione della Repubblica portoghese – incontra, nel processo di integrazione capitalistico europeo in corso da 28 anni, uno dei suoi pilastri fondamentali.

Le politiche dell’UE hanno ampliato i problemi dell’economia portoghese e hanno accentuato la sua dipendenza e i suoi deficit strutturali, come oggi è ben mostrato dal ruolo diretto che l’UE assume nella definizione degli obiettivi immediati della politica di destra e dalle sue responsabilità nella crisi economica e sociale in cui il Paese si trova.

Le conseguenze di 37 anni di politiche di destra e di 28 anni di integrazione europea sono ben presenti nella realtà sociale, economica e politica del paese:

Il Portogallo ha oggi un apparato produttivo più debole e completamente distrutto per quanto riguarda i settori strategici ed è cosi sottomesso alla strategia e agli interessi delle grandi multinazionali:

Il settore delle imprese pubbliche, strategico per lo sviluppo del paese, è stato completamente smantellato attraverso le privatizzazioni e la svendita a capitale straniero; 

Il Paese si trova di fronte a gravi deficit strutturali come quello alimentare, produttivo, energetico e tecnologico;

Sono aumentate le disuguaglianze e la disoccupazione. La precarietà del lavoro e la povertà si sono estese a ampi strati della popolazione. I salari e le pensioni continuano ad essere i più bassi dell’UE a !% e tra i più basi dell’UE a 28;

Restringimento dei diritti del lavoro;

Sono stati posti in causa importanti diritti sociali, a causa di privatizzazioni e chiusura dei servizi pubblici;

Ampliamento delle differenze economiche tra il Portogallo e i Paesi economicamente più forti dell’UE;

Le asimmetrie regionali (con ampie aree di desertificazione economica ed umana e elevate concentrazioni nelle aree metropolitane) non hanno smesso di peggiorare. L’emigrazione è nuovamente una alternativa all’assenza di lavoro;

La politica estera portoghese è sempre di più sottomessa agli interessi delle grandi potenze europee e alla strategia USA e NATO, sia sul piano delle relazioni economiche e politiche, sia nell’utilizzo delle forze armate e di sicurezza, in missioni imperialiste contrarie agli interessi nazionali. 

È questa la strada senza futuro che i governi degli interessi monopolisti che si sono succeduti hanno imposto al Paese.

3 – Elezioni per il Parlamento Europeo: sconfiggere il governo e la politica di destra, rafforzare l’alternativa patriottica e di sinistra

Il Portogallo deve rompere con la crescente sottomissione e subordinazione a interessi stranieri, deve difendere i suoi interessi e affermare il suo diritto ad uno sviluppo autonomo e sovrano.

Nulla può obbligare al Portogallo a rinunciare di scegliere la sua propria struttura socioeconomica e il suo proprio regime politico. Nulla può obbligare al Portogallo ad accettare la posizione di Stato subalterno dentro il contesto dell’UE e ad alienare l’indipendenza e la sovranità.

Le prossime elezioni europee sono un importante momento per, attraverso il rafforzamento della CDU, esprimere la volontà di un profondo cambiamento nella vita nazionale. 

Il rafforzamento elettorale della CDU sarà la più solida e affidabile garanzia per contribuire ala sconfitta del governo PSD/CDS, para mostrare l’esigenza della convocazione di elezioni politiche anticipate, per assicurare la sconfitta della politica di destra, per assicurare il ripristino dei salari e dei diritti strappati aprire il cammino alla costruzione di una politica alternativa, patriottica e di sinistra che assicuri un Portogallo con futuro.

Una politica che difenda diritti, giustizia sociale e produzione nazionale. Una politica che assicuri al paese la liberazione dai cosiddetti criteri di convergenza e dalle imposizioni sovranazionali e che rifiuti il ruolo della BCE come strumento di dominio e di speculazione. Una politica che affermi il diritto inalienabile del popolo portoghese di decidere il suo destino e si batta per la dissoluzione dell’Unione Economica e Monetaria e per l’adozione di misure che preparino il Paese ad affrontare qualsiasi possibile riconfigurazione della Zona Euro – principalmente quelle che si potrebbero determinare con l’uscita del Portogallo dall’euro, che possono avvenire sia per decisione autonoma che nascere dallo sviluppo della crisi dell’UE – salvaguardando gli interessi dei lavoratori e del popolo portoghese. 

Rafforzare la CDU significa rafforzare la lotta per l’aumento dei salari, delle pensioni e delle prestazioni sociali, per la difesa dei servizi pubblici e per una politica di bilancio basata su una politica fiscale che aumenta i contributi ai profitti dei grandi capitali e allievi il carico ai lavoratori e alle micro, piccole e medie imprese. Rafforzare la CDU significa dare più forza all’esigenza di ridare alla mano pubblica la gestione del settore finanziario e di altre imprese e dei settori strategici. 

Il rafforzamento della CDU alle elezioni europee rappresenta la più solida e affidabile garanzia per dare forza all’esigenza immediata rinegoziazione del debito in termini di montante, tassi, scadenze, modalità di pagamento e rigettando la sua parte illegittima.

Le Elezioni per il Parlamento Europeo del 25 maggio sono un importante momento e opportunità per, con il voto alla CDU, dare espressione politica ed elettorale a necessità urgenti: difendere fermamente gli interessi nazionali; minimizzare il condizionamento e le conseguenze negative dell’integrazione capitalista europea; utilizzare a favore dell’interesse del Portogallo tutti gli strumenti possibili; lottare contro le imposizioni sovranazionali e le limitazioni alla democrazia e all’espressione della volontà popolare; agire specificamente e con articolazione con i lavoratori e i popoli di altri paesi per una rottura con il processo di integrazione capitalista europeo e aprire il cammino ad una Europa di pace e cooperazione tra Stati sovrani e uguali in diritti; lottare per uno sviluppo sovrano e di accordo con gli interessi nazionali, dei lavoratori e del popolo, la cui concretizzazione deve prevalere al condizionamento e ala costrizione, assumendo le esigenze, i percorsi e le opzioni che la situazione indica come necessari. 

Il maggiore contributo del popolo portoghese ad una Europa di cooperazione tra stati sovrani e uguali in diritti, di progresso economico e sociale, di pace e amicizia con tutti i popoli del mondo, è la ripresa e la concretizzazione del progetto di sviluppo democratico, patriottico e internazionalista iniziato con la Rivoluzione di Aprile.

È in difesa degli interessi del Portogallo dei portoghesi e dei diritti dei lavoratori e dei popoli del continente europeo che il PCP continua la lotta per un’altra Europa.

L’evoluzione dell’Unione Europea.
Il Programma delle troike (nazionale e straniera) e il programma dell’Unione Europea

1- L’Unione Europea è immersa in una profonda crisi economico-sociale. La realtà economica e il dramma sociale nella maggioranza degli stati membri dell’UE – ben espresso negli oltre 30 milioni di disoccupati e negli oltre 130 milioni di poveri o di cittadini vicini alla soglia di povertà – smentisce la propaganda della fine della crisi dettata dall’agenda elettorale. Questa crisi è l’espressione, nel continente europea, della crisi del capitalismo e ha origine nelle politiche negli orientamenti i fondo dell’UE e quindi è una crisi del suo impianto di fondo.

L’UE e anteriormente la CEE, si conferma come un processo di integrazione capitalista, diretto e concepito come uno strumento e uno spazio di dominio dei grandi monopoli e delle multinazionali europee, orientato alla concentrazione del potere nelle principali potenze capitalistiche europee e in istituzioni sovranazionali distanti dal controllo dei popoli, nella direzione della costruzione, in Europa, di un super stato imperialista, con relazioni di dominio coloniale al suo interno, al costo della riduzione della democrazia e della sovranità degli stati membri, a deterioramento delle condizioni di vita e di sviluppo sovrano dei popoli. 

Cosi come la crisi del capitalismo dimostra i suoi limiti storici, ugualmente la crisi dell’Unione Europea dimostra che essa non è riformabile, poiché le sue fondamenta – il neoliberismo, il federalismo e il militarismo – sono promotori del dominio economico dei più forti sui più deboli. Questa è una delle ragioni di fondo del risorgimento dell’estrema destra, oggi strumentalizzata per giustificare il rafforzamento del processo di concentrazione del potere nell’UE.

2- L’Unione Economica e Monetaria (UEM) e l’Euro, si sono confermati come strumenti di intensificazione dello sfruttamento e di dominio economico, radicato nella natura e nell’evoluzione del processo di integrazione capitalista. Le insanabili contraddizioni e le conseguenze economiche e sociali dell’imposta “convergenza nominale” e del suo “Patto di Stabilità” sono oggi evidenti. La propaganda di coesione e solidarietà per cui l’Euro servirebbe come “scudo” contro una crisi esterna, è completamente caduta, e oggi sono molti coloro che si interrogano rispetto ad una possibile riconfigurazione o addirittura ad una implosione dell’UEM – scenari che proprio i più recenti sviluppi della crisi non escludono affatto.

La realtà da ragione a coloro che, come il PCP, una unione economica e monetaria tra Paesi con livelli di sviluppo economico e sociale molto differenti (e dunque con differenti necessità) avrebbe condotto ad una degradazione delle condizioni di vita e di lavoro, così come la distruzione di apparati produttivi e alla deindustrializzazione di paesi, come il Portogallo, attraverso la loro trasformazione in consumatori della produzione eccedente dei paesi del “centro”, e in fornitori di mano d’opera a basso costo. Queste sono alcune delle principali ragioni, cosi come lo è la trasformazione del debito privato in debito pubblico, che stanno all’origine dell’indebitamento degli Stati “importatori liquidi”, della loro dipendenza, e della imposizione, da parte dei suoi creditori, di politiche contrarie agli interessi dei propri popoli. 

3- L’evoluzione delle politiche comuni in materia di agricoltura (PAC) e pesca (PCP), del mercato unico del bilancio europeo, conferma un processo ben distante dalla convergenza, dalla cooperazione e dalla solidarietà, ma si caratterizza come un processo di divergenza, dominio economico e asimmetria nello sviluppo.

La riforma della Politica Agricola Comune decisa a fine 2013 rafforza la liberalizzazione dei mercati agricoli, fatto che darà vita ad una ancora maggiore chiusura di piccole e medie imprese agricole e di imprese agricole a gestione famigliare. Permangono numerose disuguaglianze nella distribuzione degli aiuti tra i paesi. L’agricoltura continua ad essere utilizzata come moneta di scambio nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), o di accordi di libero scambio, ad esempio la negoziazione di accordi commerciali con gli USA. 

La riforma della Politica Comune della Pesca, definita nello stesso periodo, ha rafforzato il percorso di dismissione dei pochi strumenti rimasti per la regolamentazione del mercato di questo settore, mirando ad una sua crescente liberalizzazione. La situazione del settore della Pesca continua a degradarsi, a partire dalla crescente liberalizzazione di accesso alle acque nazionali, dall’abbattimento indiscriminato della flotta peschereccia, dalla distruzione dei posti di lavoro e della catena della pesca di piccola scala, con gravi impatti economici e sociali.

Il rafforzamento del Mercato Unico dell’UE ha accentuato lo smantellamento degli strumenti di regolazione sovrana delle economie. Sono state soppresse le tenui barriere alla circolazione di merci, servizi e capitali. Sono state imposte privatizzazioni e liberalizzazioni di settori strategici e servizi pubblici, principalmente nei settori dell’energia e dei trasporti. L’ambito del mercato unico si allarga attraverso l’uso delle nuove tecnologie digitali utilizzandole per la promozione della deregolamentazione del mercato dei beni, delle merci e dei capitali.

L’approvazione del quadro finanziario pluriennale (QFP) 2014-2020, che si situa sotto l’1% del Reddito Nazionale Lordo, degli stati membri e che ha subito una riduzione rispetto al precedente QFP, smentisce qualsiasi idea di priorità alla coesione economica e sociale, o alla solidarietà interna all’UE, ed è completamente subordinato alla logica e agli orientamenti della Strategia 2020. Le priorità, i montanti e l’impatto del bilancio comunitario si limitano a dare beneficio a coloro che non ne hanno assolutamente bisogno, garantendo grandi ritorni per le grandi potenze, i grandi gruppi economici finanziari, ora ancora più accentuato dalle regole di condizionamento macro-economico. 

4- La risposta dell’UE alla crisi è stata quella del rafforzamento dei suoi pilastri neoliberisti, federalisti e militaristi, inseparabili ed indissociabili tra loro. Questa risposta parte dall’evoluzione della crisi del capitalismo e si traduce e si traduce in una profonda offensiva contro i diritti sociali, del lavoro, economici, politici, culturali e contro la sovranità dei popoli.

Si è proceduti in questo periodo ad una significativa distruzione delle forze produttive con conseguenze brutali nelle economie più dipendenti, come quella portoghese, con la distruzione di decine e decine di micro, piccole e medie imprese, con la svendita di settori strategici, con la crescita esponenziale della disoccupazione e della povertà, e con l’indebitamento galoppante di vari Stati.

La crisi è servita come pretesto per accentuare ancora di più la concentrazione di capitali, attraverso la trasformazione del debito privato in debito pubblico; di intensificazione dei processi di privatizzazione e di fusione di imprese; della concentrazione del settore finanziario; dell’allargamento e della centralizzazione del mercato unico, con la conseguente consegna ai monopoli dei settori ad alto profitto per via delle privatizzazioni o delle cosiddette partnership pubblico-private.

Si è sviluppato parallelamente un programma politico ed ideologico di arretramento sociale che mira a aumentare lo sfruttamento dei lavoratori e all’erosione delle rendite degli strati non monopolisti. Si inquadra in questo programma la diminuzione dei rendimenti da lavoro, con tagli salariali e aumento degli orari; la restrizione e la stessa eliminazione di molti diritti del lavoro, attraverso la deregolamentazione e l’attacco al contrattazione collettiva; la restrizione dei diritti sociali; riduzione o eliminazione delle prestazioni sociali (sussidio di disoccupazione, assegno famigliare, salario minimo garantito); taglio delle pensioni e aumento dell’età pensionabile; riconfigurazione delle funzioni dello Stato, con un forte attacco alle sue funzioni sociali, smantellando i servizi educativi e di salute e sicurezza sociale, consegnandoli agli interessi dei gruppi monopolisti. 

L’UE ha rafforzato il suo carattere di blocco politico militare imperialista, con una politica estera che corrisponde agli obiettivi di dominio economico dei monopoli e delle multinazionali europee e delle grandi potenze come Francia e Germania. È stata rafforzata la militarizzazione dell’UE ed il suo interventismo esterno, ed il suo ruolo come pilastro europeo della NATO. 

5- I memorandum delle troike integrano la risposta alla crisi.

Le forze che delinearono e che eseguono i memorandum delle troike cercano di convincere il popolo ed i lavoratori che i loro diritti sono in realtà dei privilegi, e che tali misure restrittive non solo sono inevitabili, ma che questo sia il percorso per la terra promessa. In realtà i memorandum delle troike sono il denominatore comune tra gli interessi del grande capitale nazionale ed internazionale, pacchetti di legge che mirano a imporre in modo accelerato un piano di impoverimento e arretramento dei diritti sociali, dei lavoratori e del popolo; strumenti in cui il ruolo degli esecutori nazionali e la supposta solidarietà dei loro interlocutori internazionali (UE e FMI) serve ipocritamente per mistificare le responsabilità degli uni e degli altri.

Come evidenziano le situazioni di Portogallo, Grecia, Irlanda e Cipro, i memorandum delle troike invocano ipocritamente le debolezze delle economie di questi paesi, su cui l’UE ha enormi responsabilità, per avviare un programma di aggiustamento in accordo con il capitale finanziario e le principali potenze. La cosiddetta “battaglia” alla crisi è una farsa colossale. L’austerità non è più che un eufemismo per i processi di centralizzazione e concentrazione di capitale per tramite del trasferimento di risorse pubbliche e di lavoro al grande capitale e verso le grandi potenze. Allo stesso modo in cui alla costruzione della CEE/UE ha corrisposto alle necessità del capitale in un dato periodo storico, l’attuale evoluzione dell’UE nel contesto dell’approfondimento della crisi strutturale del capitalismo, corrisponde agli obiettivi e alle necessità del grande capitale. 

Tale obiettivo si concretizza con programmi di corto, medio e lungo termine, articolati in tal modo da mirare direttamente all’alterazione delle relazioni di forza tra capitale e lavoro, a sfavore del lavoro, imporre e naturalizzare un paradigma ultra-liberista, con uno sfruttamento ancora maggiore, e proseguire nella costruzione di un super-stato imperialista sotto la direzione delle grandi potenze guidate dalla Germania.

6- Il programma delle troike e il programma dell’UE

Il contenuto e le imposizioni del programma FMI/UE è indissociabile dal percorso politico definito nel Trattato di Lisbona e nei precedenti trattati UE. Le misure incorporate in questi pacchetti di aggressione configurano una visione accelerata della “governabilità economica” e del semestre europeo, processi atti a condizionare e subordinare l’intervento degli organi che rappresentano la sovranità nazionale, più precisamente i parlamenti nazionali, trasformati come meri esecutori delle decisioni UE.

A partire dal trattato di Lisbona e dai trattati precedenti, precisamente il trattato di Mastricht, i pacchetti di legge di governabilità economica (Six Pack e Two Pack) e il patto di stabilità, convergono con i memorandum di intendimento, per imposizione della camicia di forza rappresentata dalla “convergenza nominale” e nel compimento della strategia “UE2020”, che mira alla generalizzazione della cancellazione dei diritti del lavoro, privatizzazioni e liberalizzazioni in settori fondamentali, e distruzione di servizi pubblici.

Cosi come aveva denunciato il PCP, il Trattato di Lisbona (che il PS, il PSD e la CDS votarono, approvarono e applicarono), rafforza il dominio di un direttorio di potenze. Paesi come il Portogallo hanno perso potere di influenza e di veto in decisioni fondamentali per i loro interessi, inoltre hanno perso potere nel consiglio europeo e ridotto il numero di deputati europei. Il trattato di Lisbona è stato simultaneamente causa ed effetto della crisi dell’UE.

È stato il Trattato di Lisbona ad avere aperto il cammino al Meccanismo Europeo di Stabilità, elemento centrale per garantire finanziamento ai processi detti di aggiustamento strutturale, che l’UE e l’FMI pongono in essere in paesi come il Portogallo e che mirano a porre in cima a qualsiasi necessità sociale il compimento del Patto di Stabilità nel frattempo rafforzato dal Pareggio di Bilancio – un autentico sullo compressore della sovranità nazionale e dei diritti democratici e sociali; che mira a istituzionalizzare la politica di impoverimento sfruttamento e colonizzazione economica, e subordinare la politica economica, il bilancio e le stesse carte costituzionali agli interessi del grande capitale. 

Tutti questi processi, convergendo nei progetti di approfondimento e rafforzamento della UEM e di una “vera unione politica”, mirano ad un obiettivo chiaro: garantire a tutti i costi la sopravvivenza degli strumenti di dominio, l’Euro e l’UE, anche in configurazioni differenti da quella attuale.

La strategia per conseguire questo fine passa tramite lo svuotamento delle strutture di potere più vicine ai cittadini – e che questi controllano meglio – e per una concessione inaudita di potere politico ed economico nell’UE – appunto, nel suo direttorio di potenze guidato dalla Germani – che domina le istituzioni sovranazionali come la Commissione Europea e che arrivano ad avere in mano decisioni fondamentali per la vita dei singoli paesi. È questo il significato reale della retorica del “più Europa” è questo il progetto che PS, PSD e CDS appoggiarono e appoggiano. È questo il progetto che smaschera la demagogia intorno al “recupero della sovranità” e dell’”uscita pulita” dalla crisi. 

7- Le false soluzioni

I sottoscrittori del Patto di Aggressione, PSD, CDS e PS, cosi come altre forze dette “europeiste”, presentano il federalismo e l’unione politica come soluzione ai problemi del paese, come sempre hanno fatto a partire dall’entrata del Portogallo nell’UE. La destra e la socialdemocrazia alimentano una campagna di propaganda sulla democratizzazione dei processi di decisione attraverso la falsa idea di elezione del Presidente della Commissione, oppure attraverso l’illusorio rafforzamento del ruolo del Parlamento Europeo, tutto questo mentre alienano la sovranità nazionale.

Queste forze pongono come necessità quella di rafforzare l’UEM per salvaguardare l’Euro, nascondendo che questo processo presuppone la perdita totale della sovranità economica e il mantenimento delle politiche e degli obiettivi che generano l’impoverimento e la recessione economica, ossia il Patto di Aggressione. 

Il rafforzamento dell’UEM e il mantenimento del Trattato di Lisbona e del pareggio di bilancio rendono intoccabili la liberalizzazione della circolazione dei capitali e la ricerca incessante della riduzione del costo del lavoro. Si mantiene la politica dell’Euro forte e i privilegi, generati da questa situazione, di cui godono le grandi potenze come la Germania, nonché il disastro economico per i Paesi come il Portogallo. Si rende intoccabile il circuito che permette alle banche, assieme ala BCE, di finanziarsi con tassi inferiori all’1%, e successivamente chiedere agli Stati tassi di interesse elevati da cui risultano enormi profitti.

L’unione bancaria, non rappresentando nessuna garanzia per la protezione degli Stati di fronte alle banche private e alle agenzie di rating che le controllano, tira via anche quel poco che resta del controllo sovrano degli stati sulla banca centrale, promuovendo un processo di decisione centralizzato nell’UE in materia di fallimenti, fusioni e acquisizioni, di accordo con gli interessi del grande capitale finanziario, facendo ricorso ogni qual volta sia necessario, alle risorse pubbliche per tappare i buchi risultanti dalla cattiva gestione e dalla speculazione.

Questo insieme di false soluzioni, che come dimostra il recente accordo governativo della Germania, sono difese sia dalla destra che dalla socialdemocrazia, rivelano la profondità della crisi in cui è immerso l’edificio di potere dell’UE.

8- Un’altra Europa è possibile. La lotta e l’alternativa.

La contestazione alle politiche dell’UE ha acquisito dimensioni di massa che non si vedevano da tempo nel continente europeo. I lavoratori ed i popoli riconoscono sempre di più l’UE e specialmente l’UEM – Euro – come processi contrari ai propri interessi e aspirazioni. Coloro che presentano l’attuale percorso dell’Europa come inevitabile ed irreversibile, devono confrontarsi con grandiose giornate di lotta che contengo al loro interno elementi di cambiamento e di costruzione di nuovi scenari. Cresce nelle masse popolari la coscienza di superare il progetto di dominio del grande capitale in Europa , aprendo la porta ad una Europa di stati sovrani e uguali in diritti, di pace e giustizia sociale, un’Europa dei lavoratori e dei popoli. 

Nella misura in cui si accentua il ricatto dell’inevitabilità di questa situazione, i lavoratori ed i popoli prendono le distanze dall’UE. Dappertutto nascono importanti lotte, di cui la lotta del popolo portoghese contro il Patto di Aggressione è un importante esempio. Lotte grandi e piccole che percorrono tutta l’Unione Europea. 

Nessuna campagna di propaganda, per quanto poderosa, può nascondere la realtà della lotta di classe per i diritti nazionali, che si rafforza nello spazio UE. La Storia della lotta dei lavoratori e dei popoli europei è ben distante dall’essere giunta al capolinea, anzi, si sviluppa e rafforza.

Un Portogallo con futuro in una 
Europa dei lavoratori e dei popoli

I lavoratori ed i popoli di Europa s stanno confrontando con grandi sfide: resistere ai grandi attacchi nei confronti dei loro diritti, e simultaneamente, aprire strade per la lotta e per l’unità per una cooperazione per una Europa rispettosa della sovranità dei popoli, dei loro diritti economici, sociali e politici, e promotrice di uno sviluppo mutuamente vantaggioso e basato nel progresso sociale e nella pace.

Così come la costruzione di una reale alternativa in Portogallo in cui una politica patriottica e di sinistra implica una rottura con la politica di destra che PS, PSD e CDS hanno praticato durante gli ultimi 37 anni, anche la costruzione di un progetto di cooperazione in Europa alternativo all’integrazione capitalista europea, implica una rottura. Rottura con l’UE della recessione economica, della deindustrializzazione della periferia, della fine del sistema pubblico ed universale della salute, dell’educazione e della sicurezza sociale, dell’assoggettamento di tutte le sfere della vita sociale al mercato. Rottura con l’UE delle asimmetrie di sviluppo, di colonizzazione economica, delle troike, della guerra e della ingerenza. Rottura con l’UE della rinascita del fascismo, del nazionalismo, della xenofobia e del razzismo.

Queste rotture rigettano qualsiasi ipotesi illusoria di una “democratizzazione” dell’attuale progetto di integrazione capitalista, ma allo stesso tempo rigettano ogni soluzione isolazionista. Rotture che nasceranno e vivranno attraverso la cooperazione e la solidarietà tra i popoli degli Stati vittime di questo processo. Rotture che alle imposizioni ed ai diktat rispondono con sovranità, democrazia e cooperazione; che al dominio economico rispondo con sviluppo, e solidarietà; che ai criteri nominali rispondo con criteri sociali avendo come obiettivo una reale convergenza per lo sviluppo; che ala guerra economica rispondono con relazioni mutuamente vantaggiose; che agli attacchi contro l’identità, la storia e le aspirazioni di un popolo, rispondono con la valorizzazione delle differenze come una delle ricchezze del continente europeo.

I processi di integrazione non sono neutri. In funzione del loro orientamento, caratteristiche ed obiettivi, questi processi possono servire i monopoli e le multinazionali, o i popoli. L’UE, in quanto processo di integrazione capitalista, si inquadra nella prima categoria. Ma l’internazionalizzazione dell’economia, la profonda divisione internazionale del lavoro, l’interdipendenza e la cooperazione tra gli Stati e i processi di integrazione corrispondono a tendenze di evoluzione non esclusive del capitalismo.

Un’altra Europa è possibile attraverso la convergenza delle forze del progresso e della pace, assieme alla lotta dei lavoratori e dei popoli. Gli interessi e le aspirazioni del popolo portoghese e dei popoli d’Europa incontrano nell’affermazione delle proposte, nei valori e nelle cause con cui il PCP si presenta alle elezioni per il parlamento europeo, nel lavoro dei deputati del PCP al Parlamento Europeo e nella loro cooperazione con le altre forze comuniste, progressiste e di sinistra dell’Europa all’interno del GUE, il più solido supporto politico e la sicurezza della concretizzazione di un nuovo cammino per il Portogallo e per l’Europa.

La lotta per una nuova Europa che il PCP porta avanti, indissociabile dalla lotta per un Portogallo con futuro, si sviluppa in sei direzioni principali:

1- Cooperazione tra stati uguali in diritti, difese della democrazia e della sovranità:

La difesa di una Europa di cooperazione tra Stati sovrani, liberi e uguali in diritti; il rifiuto del federalismo e delle imposizioni sovranazionali; il principio di uguaglianza tra gli stati – un paese, un voto – con diritto di veto su questioni considerate di interesse vitale; la difesa della rappresentanza permanente di ognuno degli stati, in posizione di uguaglianza e con diritto di voto nella commissione europea

Il rifiuto della riduzione del numero dei deputati, specificatamente quelli del Portogallo e la difesa della loro giusta ripartizione tra i vari paesi nel Parlamento Europeo, assicurando allo stesso tempo la presenza e la rappresentanza plurale delle diverse forze politiche;

La difesa della reversibilità degli accordi e dei trattati che reggono l’attuale integrazione, iniziando con il Trattato di Lisbona, il pareggio di bilancio, e la Governabilità Economica, mirando il progressivo aggiustamento della presenza di ogni paese attraverso la volontà del suo popolo e l’analisi della sua reale situazione, salvaguardando le sue specificità, e considerando le varie clausole d’eccezione;

Il rispetto per il diritto inalienabile del popolo portoghese di dibattere e pronunciarsi in maniera chiara, anche attraverso il referendum, sul contenuto e gli accordi dei vari trattati, presenti e futuri;

La salvaguardia della democrazia e della sovranità nazionale e la difesa di una effettiva partecipazione dei popoli nella determinazione dei loro destini; il rafforzamento della capacità decisionale dei parlamenti nazionali sulle decisioni dell’UE;

La garanzia del coinvolgimento e della partecipazione delle amministrazioni locali, delle organizzazioni dei lavoratori e degli attori economici e culturali nelle questioni comunitarie;

Il recupero del comando politico e democratico del processo di sviluppo, con la subordinazione del potere economico al potere politico e l’affermazione dello Stato come struttura dominante e referente principale dell’economia.

2- Solidarietà e cooperazione. Difesa del diritto di sviluppo sovrano

La fine dei cosiddetti programmi di aggiustamento/memorandum di intendimento, o di qualsiasi altro che li sostituisce e l’immediata rinegoziazione del debito pubblico – nelle sue scadenze, montante e tassi – con l’annullamento della sua componente illegittima e speculativa, stabilendo cariche con il servizio del debito compatibili con lo sviluppo economico e sociale di ogni paese.

La creazione di piani di emergenza e appoggio all’economia, principalmente per i Paesi che hanno subito l’intervento della Troika, che prevedano risorse finanziarie, e le necessarie deroghe al funzionamento del mercato unico e alle politiche comunitarie;

La difesa di un rafforzamento sostanziale al bilancio comunitario attraverso una revisione del quadro finanziario pluriennale (QFP), un bilancio che risulti dai contributi dei diversi stati membri avendo come base il Reddito Nazionale Lordo (RNL), e che abbia come obiettivo una funzione redistributiva, attraverso il rafforzamento dell’investimento pubblico, appoggiando i settori produttivi, la loro modernizzazione e sostenibilità, la creazione di posti di lavoro, la protezione dell’ambiente ed il pieno sfruttamento delle potenzialità di ogni paese. Rifiuto dei condizionamenti macro-economici nell’applicazione dei fondi comunitari;

Implementazione di un programma di difesa del settore produttivo e dell’impiego, principalmente dei settori più vulnerabili dalla crisi. Appoggio alle micro, piccole e medie imprese, al settore cooperativo, alle amministrazioni locali, investimenti pubblici in infrastrutture e nell’appoggio alla produzione rafforzando e concentrando in questa direzione lo sforzo comunitario;

Una profonda modifica della Politica Agricola Comune che preveda la fine delle attuali disuguaglianze nella distribuzione dei pagamenti della PAC tra paesi, produzioni e produttori; che rispetti le specificità di ogni Paese e regione e valorizzi la piccola e media agricoltura, che garantisca la difesa dei meccanismi di regolazione dei mercati; che si muova nel cammino di una regionalizzazione, con un rafforzamento del planamento e della modulazione; che assicuri la sicurezza e la sovranità alimentare negli Stati-Membri, e permetta una crescita supportata della produzione agro-alimentare nei paesi più deficitari; che garantisca il miglioramento dei piccoli e medi agricoltori. Instaurazione del principio di “preferenza nazionale” relativamente alle importazioni dei Paesi dell’UE e paesi terzi e esistenza di strumenti effettivi di regolazione della produzione e commercializzazione. 

Una profonda revisione della Politica Comune della Pesca che assicuri la sovranità nazionale sopra le Zone Economiche Esclusive – un evidente vantaggio comparativo del Paese – e le loro risorse marine; che promuova una gestione della prossimità, al pari della modernizzazione del settore, assicurando la sua viabilità socio-economica in un quadro di conservazione delle risorse e di miglioramento delle condizioni di vita dei pescatori e dei lavoratori del settore;

La difesa dell’appoggio all’attività industriale, in modo speciale ai paesi con una economia più debole, mirando alla sua crescita, diversificazione e modernizzazione. L’appoggio al settore commerciale, particolarmente al commercio tradizionale, di modo da permettere la rispettiva modernizzazione, così come al settore cooperativo, in tutta la sua varietà;

La formulazione di politiche commerciali secondo l’interesse, le specificità e le necessità di ogni paese, orientandole ala complementarietà e non alla competizione (tra produttori, produzioni e Paesi). La revisione delle politiche che generano disuguaglianze e che liberalizzano il commercio mondiale attraverso la sospensione di tutti gli accordi di libero commercio dell’UE, già firmati o in fase di negoziazione. L’adozione di misure di difesa di fronte alle esportazioni aggressive o condotte con il meccanismo del dumping di Paesi Terzi;

La difesa dello statuto di regioni ultra-periferiche delle Azzorre e di Madera, presente sia nei trattati comunitari che nella Costituzione della Repubblica Portoghese, condizione che esige mezzi finanziari, programmi e misure permanenti e eccezionali di appoggio alle economie insulari regionali;

L’eliminazione degli offshore e degli altri paradisi fiscali. La possibilità di ritiro del segreto bancario; la cooperazione contro il riciclaggio dei capitali e la frode fiscale; la penalizzazione delle operazioni speculative;

La revisione dei processi di liberalizzazione in corso o già conclusi, specialmente nei settori dei trasporti e dell’energia;

La difesa dell’acqua pubblica. Garanzia del diritto di accesso all’acqua. Revisione di tutta la legislazione dell’UE in materia, tenendo in conto la difesa della proprietà e della gestione pubblica dell’acqua, impedendo la sua mercantilizzazione;

La difesa di un settore finanziario pubblico forte e dinamico. Difesa di una banca pubblica al servizio dello sviluppo economico in ogni Paese. Adozione di una nuova politica di credito che risponda alla situazione delle famiglie indebitate, cosi come alle esigenze delle piccole imprese in difficoltà, strangolate dalla caduta del mercato interno e dagli elevati costi di produzione. Il rifiuto dell’unione bancaria;

L’alterazione dello statuto, degli orientamenti e della falsa autonomia della BCE, garantendo la presenza in egual misura degli stati nella sua gestione. Controllo di ogni Stato bella banca centrale nazionale e della politica monetaria – includendo lo strumento moneta – in favore della crescita economica e del lavoro. Dissoluzione dell’UEM

Creazione di un programma di appoggio ai paesi la cui permanenza nell’Euro si è rivelata insostenibile, che preveda la giusta compensazione degli effetti negativi causati e inquadri una uscita negoziata di questo Stato dalla moneta unica, al pari del recupero degli strumenti di sovranità monetaria, di cambio, di bilancio e fiscali. Fine del patto di stabilità.

3- Difesa del lavoro. Progresso e giustizia sociale

La lotta effettiva alla disoccupazione: creazione e promozione di lavoro con diritti, con una politica di primo impiego diretta ai giovani, basata sullo sviluppo dell’attività economica, sulla dinamizzazione del lavoro pubblico, sulla riduzione dell’orario di lavoro senza diminuzione del salario e sullo sradicamento della precarietà lavorativa;

La convergenza delle norme e della legislazione sociale e del lavoro con l’affermazione e l’istituzionalizzazione del principio di non-regressione, invertendo il livellamento verso il baso delle condizioni di vita e di lavoro in Europa, attualmente in corso;

Gli aumenti di produttività del lavoro registrati nelle ultime decadi devono essere indirizzati a favore del miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro. Rivalutazione dei salari, principalmente dei salari minimi nazionali, della protezione sociale, dei sussidi di disoccupazione e delle pensioni;

La fine delle politiche di intensificazione dello sfruttamento, di svalutazione dei salari, delle pensioni, della liberalizzazione dei rapporti di lavoro, della precarietà, della deregolamentazione e dell’aumento dell’orario di lavoro, dell’aumento dell’età pensionabile e della privatizzazione della protezione sociale, promosse dall’UE.

Respingiamo gli accordi del Tribunale di Giustizia Europeo, che questionano le legislazioni nazionali e i contratti collettivi di lavoro, applicando il principio del “paese di origine”, appunto applicando la legislazione del paese di origine dell’impresa e non la legislazione del paese in cui il lavoratore lavora. Il rispetto per i diritti sociali e del lavoro deve prevalere sulla circolazione delle imprese e dei servizi;

Respingiamo la strategia UE2020 e la sua sostituzione per un Patto di Progresso Sociale e del Lavoro, che punti alla piena occupazione in Europa, rivendichiamo la difesa ed il rafforzamento dei diritti dei lavoratori, incluso il diritto alla contrattazione collettiva e quello ad una pensione dignitosa. Adozione di misure per combattere la povertà e l’esclusione sociale, incluso l’inserimento di un salario minimo;

Il diritto di poter controllare, da parte dei lavoratori e delle sue strutture organizzate, l’utilizzo de fondi dell’UE nonché la gestione dei grandi gruppi economici, principalmente le multi nazionali;

L’implementazione di misure per combattere la delocalizzazione delle imprese, principalmente attraverso il condizionamento degli aiuti pubblici: con i proventi del bilancio dell’UE, il compimento di obblighi, la protezione del lavoro e dello sviluppo locale, impedendo che le multinazionali continuino ad operare impunemente;

La salvaguardia della possibilità di intervento dello Stato in contesti di gravi situazioni sociali ed economiche dovute alle difficoltà e alla chiusura delle imprese o alle calamità, promuovendo misure concrete di appoggio ai lavoratori, e il recupero economico dei settori e delle regioni toccate. Questa possibilità di intervento deve prevalere rispetto alle regole della cosiddetta libera concorrenza;

Respingiamo le norme e le politiche che ostacolano i diritti ed i doveri dello Stato di promuovere lo sviluppo socioeconomico attraverso forti interventi in favore di settori produttivi nazionali e di un lavoro con diritti;

La salvaguardia, il rafforzamento e la diversificazione dei servizi pubblici. La fine della soggezione al mercato delle aree nelle quali gli Stati devono esercitare le funzioni sociali che gli sono proprie, come la promozione di un insieme di servizi pubblici universali, moderni ed efficienti, nei vari ambiti della salute, dell’educazione, della sicurezza sociale, dei trasporti, delle telecomunicazioni, energia, poste, diritto di accesso all’acqua, smaltimento dei rifiuti, tra gli altri.

La difesa e la promozione dei diritti per le persone con disabilità, la lotta alla discriminazione e il compimento del diritto al lavoro, la promozione delle politiche pubbliche di difesa degli incidenti lavorativi, il diritto alla riabilitazione e ad una pensione dignitosa; 

Il rispetto per i diritti dei migranti e dei rifugiati, particolarmente per il diritto al lavoro e il diritto di voto ai residenti stranieri, il diritto di accesso all’educazione e ai servizi di salute e protezione sociale. Respingiamo un’Europa la cui natura sia sicuri tria, repressiva e sfruttatrice;

Uguaglianza di diritti tra uomini e donne, principalmente nei diritti del lavoro, per una parità di salario e nei diritti sociali;

Combattiamo la discriminazione dei cittadini in funzione del loro orientamento sessuale e respingiamo l’omofobia;

Combattiamo tutte le forma di discriminazione, razzismo e xenofobia, fascismo, sciovinismo, nazionalismo, anticomunismo e tutte le forme di intolleranza e le pratiche autoritarie e antidemocratiche. Respingiamo tutte le politiche e le misure autoritarie che limitano la libertà, i diritti e le garanzie fondamentali dei cittadini;

Esigiamo il rispetto dei principi della Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo, inclusi tutti i suoi diritti civili, politici, economici, sociali e culturali, ed il loro carattere indivisibile.

4- Promozione della Cultura e della Lingua Portoghese

Rispetto e salvaguardia intransigente di ogni identità culturale di ogni Paese e di ogni lingua nazionale e il rifiuto di qualsiasi discriminazione su questo terreno. Per la difesa della diversità e contro la colonizzazione culturale, e l’omologazione culturale dentro un mercato egemonizzato;

Rispetto della diversità e dell’identità culturale e garanzia di accesso di tutti alla cultura, attraverso una sua promozione nella prospettiva di apertura, cooperazione e uguaglianza tra tutti i popoli;

Formulazione di politiche pubbliche di appoggio alla creazione, produzione e fruizione culturale. Difesa e divulgazione del patrimonio culturale nazionale, regionale e locale, erudito e popolare, tradizionale o attuale, come forma di salvaguardia e promozione dell’identità e dell’indipendenza nazionale;

Difesa, promozione e valorizzazione della cultura e della lingua portoghese.

5- Difesa dell’ambiente e salvaguardia delle risorse naturali

Il rafforzamento dei programmi destinati alla conservazione della natura, specialmente il “Programma Life”;

La riduzione globale delle emissioni di gas serra e la progressiva transizione verso la tecnologia ipocarbonica, rispettando i differenti livelli relativi di sviluppo. Rafforzamento dell’efficienza energetica e del contributo delle energie rinnovabili per l’approvvigionamento energetico, assieme alla razionalizzazione e alla riduzione dei consumi;

Il rafforzamento degli investimenti in ricerca scientifica e nello sviluppo tecnologico, mirando all’evoluzione di macchinari e strumenti produttivi e ad una industria meno inquinante;

Rifiutiamo la mercificazione dell’ambiente, di cui è un esempio la creazione ed il funzionamento del mercato delle licenze delle emissioni;

Il rafforzamento di un approccio comunitario alla prevenzione delle catastrofi, attraverso la creazione di un quadro finanziario appropriato alla prevenzione, che possa essere impegnato in azioni di correzione di situazioni industriali a rischio;

Una profonda modifica della politica dell’UE rispetto agli Organismi Geneticamente Modificati (OGM). Introduzione di una moratoria sull’autorizzazione ai nuovi OGN, revoca delle autorizzazioni già concesse e il pieno rispetto del “principio di precauzione” con il riconoscimento del diritto di rinuncia volontaria degli OGM da parte degli Stati, delle regioni e dei distretti agricoli;

Il rifiuto alla possibilità di brevettare le differenze biologiche. Affermiamo la necessità di difendere e valorizzare le varietà tradizionali, specialmente le sementi e la necessità di invertire la progressiva erosione della base genetica da cui dipende l’alimentazione umana;

La promozione e il miglioramento della qualità della vita delle popolazioni, garantendo la democratizzazione dell’accesso alla natura e del suo godimento. La difesa del carattere pubblico e sovrano delle politiche, delle strategie e dei mezzi di difesa dell’ambiente e delle risorse naturali.

6- Pace, amicizia e solidarietà con tutti i popoli del mondo

Il rispetto della carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale, della sovranità dei popoli e dell’indipendenza e dell’integrità territoriale degli stati, del diritto dei popoli all’autodeterminazione, del principio di non ingerenza e della soluzione pacifica dei conflitti internazionali; 

Il rifiuto del militarismo con il fine di sottomissione all’imperialismo, alla NATO e alla sua strategia di guerra. Il rifiuto della Politica Europea di Sicurezza e Difesa e della Politica Europea di Sicurezza Comune (PESD/PESC), del rafforzamento dell’UE come blocco politico-militare imperialista, cosi come l’allargamento della NATO la sovrapposizione della NATO con l’ONU. Vanno dissolti i blocchi politico-militari;

L’effettiva implementazione di una sistema di sicurezza e cooperazione in Europa con base nei trattati di Helsinki;

La proibizione dell’utilizzo e della produzione di armi nucleari e delle altre armi di distruzione di massa e l loro completo smantellamento. Il rilancio delle negoziazioni per il disarmo, l’applicazione stretta del trattato di non proliferazione nucleare – incluso per le attuali potenze nucleari – e la riduzione graduale e negoziata degli armamenti convenzionali e delle spese militari. La fine di tutte le basi e delle occupazioni militari straniere; 

Proibizione della cooperazione e concessione di basi di spionaggio, principalmente concesse agli USA. Rifiuto di servizi di informazione di ambito sovranazionale nel contesto dell’UE;

Il rispetto dell’inalienabile diritto del popolo palestinese ad uno Stato sovrano, valido ed indipendente, nei territori occupati nel 1967, con Gerusalemme Est come capitale, secondo le risoluzioni delle Nazioni Unite. La fine dell’occupazione militare turca di Cipro e l’appoggio ala riunificazione del suo popolo, con una soluzione definita dai ciprioti per i ciprioti, di accordo con le risoluzioni delle nazioni unite. La fine dell’occupazione del Sahara Occidentale, e il rispetto dell’inalienabile diritto del popolo saharawi all’autodeterminazione. La fine degli interventi militari stranieri dell’UE. Appoggio ad un processo di pace in Siria che rispetti la sua sovranità ed indipendenza;

La riforma e la democratizzazione dell’ONU, come spazio centrale per la cooperazione internazionale; 

L’annullamento del debito estero dei Paesi in via di sviluppo. Lo sviluppo delle relazioni economiche internazionali più ugualitarie e giuste, respingendo tutte le forme di neo-colonialismo e garantendo l’accesso a beni alimentari, all’acqua e all’energia e la preservazione di queste risorse; combattendo la fame, le malattie e la povertà. Difendere una politica di cooperazione genuina e il rafforzamento degli aiuti destinati ala cooperazione e in supporto dello sviluppo;

Il rafforzamento della cooperazione nella lotta al crimine organizzato, al narcotraffico, al riciclaggio, alle reti internazionali di crimine economico e finanziario, di prostituzione e di traffico di esseri umani.

CDU – I valori dell’Aprile in un Portogallo con futuro

La realtà con cui il Portogallo si confronta, conseguenza di 37 anni di politica di destra, del processo di integrazione capitalistica dell’UE e della natura della crisi strutturale del capitalismo, accelerata dall’applicazione del Patto di Aggressione, reclama l’urgenza di un cambiamento. Un cambiamento che respinga il perpetuarsi di sfruttamento, dilapidazione e estorsione delle risorse nazionali, e affermi il diritto dei lavoratori e del popolo portoghese ad uno sviluppo sovrano.

Nell’anno del 40° anniversario della Rivoluzione di Aprile, il PCP si propone con questa Dichiarazione Programmatica, di continuare a sostenere un vasto movimento di opinione, chiarificazione e lotta, che fermi la subordinazione della Costituzione della Repubblica ai Trattati e agli altri strumenti dell’UE, costruisca un Portogallo con futuro, prenda nelle sue mani gli ideali e le conquiste della Rivoluzione di Aprile. Cosi facendo il PCP è convinto di agire in difesa degli interessi e delle aspirazioni di tutti i lavoratori ed i popoli del continente europeo, in difesa della pace, della cooperazione e dell’amicizia tra popoli e Paesi liberi.

Il rafforzamento del voto alla CDU nelle elezioni per il Parlamento Europeo contribuirà a dare forza alla costruzione di una politica patriottica e di sinistra, per tirare via il Paese dalla strada di regresso sociale, declino economico e dipendenza a cui la politica d destra lo sta condannando. 

Il voto alla CDU è il più coerente con l’espressione di indignazione verso la politica nazionale e mostra l’esigenza di un’altra politica.

Il voto alla CDU è il voto di coloro che non si rassegnano ad assistere alla distruzione della propria vita e del proprio futuro, di coloro che rigettano il rafforzamento del federalismo e della politica neo-liberista, affermando l’inalienabile diritto del popolo portoghese a decidere del proprio futuro.

È negli obiettivi e nelle proposte con cui il PCP si presenta alle elezioni europee, è nel lavoro dei deputati del PCP e nella cooperazione con gli altri Partiti Comunisti e di sinistra aderenti al GUE, di cui il PCP è fondatore, che i lavoratori ed il popolo portoghese incontrano il più conseguente supporto politico nella lotta a favore del progresso sociale e contro le imposizioni sovranazionali e le limitazioni alla democrazia.

Il PCP, fiducioso nella forza e nella determinazione dei lavoratori e del popolo, impegnato nella rottura con la politica di destra, nei valori della politica alternativa, patriottica e di sinistra vincolata ai valori dell’Aprile, lancia un appello a tutti coloro che ambiscono ad una vita migliore, affinché con il loro voto nella CDU diano forza ad una Europa di Stati sovrani e uguali in diritti, per un Portogallo che riprenda il progetto di sviluppo democratico, patriottico ed internazionalista iniziato con la Rivoluzione di Aprile.