L’acqua: un ruolo centrale nell’occupazione della Palestina

Negli ultimi giorni di maggio Bari ospita un importante convegno internazionale sull’acqua [cfr. il programma al sito www.federutility.it. Per la critica alla sua impostazione generale, tendente alla privatizzazione sotto varie forme, piuttosto che alla pubblicizzazione di questo bene primario fondamentale per garantire il diritto alla vita, cfr. il comunicato del comitato di Bari del CONTRATTO MONDIALE SULL’ACQUA (http://www.contrattoacqua.it/public/journal/), riportato in calce].
Tra gli ospiti di rilievo vi è una folta delegazione israeliana, con una sessione specifica a cura del Ministero degli esteri di Israele e dell’Ambasciata di Israele sul tema “Gestione della carenza d’acqua: politica e tecnologia” (tra l’altro Israele è l’unico paese, oltre l’Italia, ad intervenire con rappresentanti ufficiali del governo).
Non conosciamo il contenuto della relazione dei rappresentanti del governo israeliano sulle politiche di gestione della carenza d’acqua. Sappiamo molto bene però che proprio sull’approvvigionamento e la distribuzione dell’acqua emerge con chiarezza una politica di discriminazione razziale di tipo coloniale a danno della popolazione palestinese, in particolare in Cisgiordania e a Gaza.
Di questo intendiamo parlare – dati alla mano – nel seminario che proponiamo il 27 maggio. L’occupazione israeliana della Palestina significa la sofferenza quotidiana di un popolo oppresso, privato anche di un bene primario ed essenziale quale è l’acqua. È questo che intendiamo dire e denunciare, a questo vogliamo dare evidenza e voce, lì dove il convegno ufficiale di villa Romanazzi Carducci stende un’assordante cortina di silenzio.

Comitato di solidarietà con il popolo palestinese in terra di Bari

Mercoledì 27 maggio
Ore 19.00
c/o Centro studi di via Borrelli 32

Conferenza sul tema
L’acqua: un ruolo centrale nell’occupazione della Palestina

Relazioni di

Dott. Hamid el Bilali
agronomo
(Comitato di solidarietà con il popolo palestinese)

Dott. Samer Jarrar
(vicepresidente della comunità palestinese in Puglia)

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1. Rapporto 2007 sull’acqua del Centro statistico palestinese.
Da: http://www.alquds.com/print/96153

Al-Bireh
Il centro statistico palestinese ha pubblicato una ricerca sulla situazione idrica nei territori palestinesi per l’anno 2007, nell’ambito di una serie di rapporti sulle risorse naturali.
I dati confermano che Israele sta saccheggiando le risorse idriche palestinesi per ampliare il controllo sulle falde interne in Palestina e privare il popolo palestinese di tale risorsa. Per attuare questo piano, già in corso da tempo, Israele sta costruendo il Muro in corrispondenza del percorso delle falde idriche e dei pozzi d’acqua, vieta di scavare nuovi pozzi, ecc.
Due sono le risorse principali di approvvigionamento in Cisgiordania: acque sotterranee pompate tramite i pozzi e le sorgenti; l’acqua acquistata dagli israeliani. In totale, la quantità d’acqua ottenuta è di 335,4 milioni di metri cubi nell’anno (2007).
I dati del rapporto 2007 indicano che i pozzi d’acqua sotterranei rappresentano la fonte principale: da essi vengono erogati circa 241,2 milioni di metri cubi d’acqua: circa 68,7 in Cisgiordania – divisi tra uso domestico e agricolo -, e 172,5 nella Striscia di Gaza.
Per quanto riguarda l’acqua acquistata dagli israeliani, ammonta a 49,4 milioni di metri cubi, per il costo di 129 milioni di shekel (1 sh. = 0,29 dollari Usa).
Infine, ci sono le sorgenti che forniscono circa 44,8 milioni di m3.
Nella Striscia di Gaza non ci sono sorgenti d’acqua.
La quantità d’acqua acquistata dagli israeliani per uso domestico ha continuato a crescere in maniera esponenziale nel periodo 2005-2007: questo implica una crescita della richiesta dovuta sia alla diminuzione delle fonti idriche sia alla forte crescita demografica della popolazione palestinese.
La quantità d’acqua fornita per uso domestico nei territori palestinesi nell’anno 2007 è di circa 175,6 milioni di m3 – circa 85,5 in Cisgiordania e 90,1 m3 nella Striscia di Gaza.
La quantità d’acqua fornita ai palestinesi per uso domestico è di circa 135,8 litri al giorno a persona.

2 – Grave carenza d’acqua in Gisgiordania
Di Paola Canarutto, Rete-ECO (Ebrei contro l’Occupazione)
Riforma, 26 settembre 2008, ultima pagina
B’Tselem, la celebre organizzazione israeliana per i diritti umani, riporta periodicamente sulla grave, e cronica, carenza idrica in Cisgiordania.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la quantità minima d’acqua necessaria pro capite, per usi personali e domestici, è di 100 litri al giorno. Ma in Cisgiordania il consumo medio è di soli 66 litri (da cui va detratto quanto si usa per il bestiame).
Attualmente, a Nablus e nelle colline a sud di Hebron, i palestinesi ottengono poco più di 50 litri al giorno. Altrove, è ancora peggio: 38 litri a Jenin, 30 a Tubas. (In Israele il consumo/dì è superiore a 220 litri al giorno, 3 volte maggiore di quello medio in Cisgiordania; ma conteggiando l’acqua per uso industriale, è di 330 litri/dì).
Dopo 41 anni di occupazione israeliana, più di 200.000 palestinesi non sono connessi alla rete idrica. Persino dove la connessione c’è, l’acqua arriva, per lo più, solo alcune ore al giorno. D’estate, la compagnia idrica israeliana Mekorot riduce del 15-25% l’afflusso di acqua ai palestinesi, preferendo supplire all’aumento della richiesta in Israele e nelle colonie.
Molti palestinesi, quindi, devono acquistare acqua sul mercato, ad un prezzo da 3 a 6 volte superiore a quello pagato dagli israeliani. Per l’alto tasso di disoccupazione, e la miseria, questo è molto pesante.
Israele, che ha il completo controllo delle fonti idriche condivise con i palestinesi, vieta loro di scavare pozzi, senza il suo preventivo assenso. In più, trae 44 milioni di metri cubi d’acqua dalla Cisgiordania (fornendone solo 39 milioni all’Autorità Palestinese), e, dell’acqua della principale falda cisgiordana, quella montuosa, alloca solo il 20% ai palestinesi. A questi ultimi, in più, è vietato approvvigionarsi dal bacino del Giordano.
Le politiche israeliane riguardanti le forniture idriche in Cisgiordania, nota B’Tselem, non solo violano le leggi internazionali, ma pure discriminano per motivi razziali.
http://www.infopal.it/leggi.php?id=9461

3. La ‘guerra dell’acqua’: Israele viola le convenzioni internazionali.
Scritto il 23 ottobre 2008
Infopal. Secondo una ricerca condotta nelle settimane scorse dai Comitati agricoli dell’Unione palestinese, è Israele ad aver causato l’attuale crisi nella Striscia di Gaza e, in violazione alla legge internazionale, avrebbe prodotto una carenza idrica di 65 metri cubi, essenziale perché la popolazione della striscia di Gaza (1,5 milione) possa vivere.
Nel 2007 i palestinesi che vivono nella striscia di Gaza hanno consumato 86 litri di acqua pro capite al giorno mentre, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (World Health Organization – WHO) ne raccomanda 100 come quantità minima. In base ai dati dell’organizzazione israeliana per i diritti umani B’Tselem, gli israeliani ne consumerebbero 330 al giorno.
Lo studio palestinese è stato condotto da Alaa Matar in collaborazione con il Progetto Diritto alla Vita (Right to Live) diretto da Sa’d Addin Ziyada.
In seguito alla politica israeliana di sbarrare le sorgenti di acqua che affluivano a Gaza dalle valli fluviali, le principali risorse di acqua per la Striscia restano le falde.
In base allo studio, nel 2007 le fonti idriche sarebbero:
· pozzi costruiti dai consigli municipali di Gaza che provvedono un rifornimento di acqua pari a 83 milioni di metri cubici;
· pozzi agricoli con 69,5 milioni di metri cubici;
· pozzi finanziati dall’ONU con 2,5 milioni di acqua.
Tutti questi fattori contribuiscono ad un deficit idrico pari a 63 milioni di metri cubici.
Spazzatura
Lo studio inoltre, prova che il 90% delle fognature della Striscia di Gaza non sono purificate e che l’80% di queste viene scaricata in aree aperte come nel Wadi Gaza, nel mare e sulle spiagge. Solo il 20% delle fognature viene destinato alle discariche sotterranee. Sia i condotti fognari sia gli impianti di depurazione delle acque hanno smesso di funzionare a causa del malfunzionamento/non funzionamento dei generatori elettrici. Ne risulta che 50,000 metri cubici di fognatura vengono rilasciati in mare.
Legge internazionale
La negazione del diritto ad avere acqua a cui è condannata la popolazione di Gaza è una violazione israeliana alla convenzione dell’Aia del 1907 e a quella di Ginevra del 1949 e Israele è membro di entrambi i trattati.
Matar ha inoltre messo in evidenza che Israele viola la legge internazionale anche per mezzo della decisione, adottata con le dichiarazioni del Ministro degli Esteri israeliano con cui Gaza fu designata ‘entità nemica’ che sin dall’inizio dell’ottobre 2007, ha visto il blocco dei rifornimenti di carburante verso la striscia di Gaza. Questa decisione assieme alla riduzione del rifornimento elettrico ha un impatto negativo sulla produttività dei sistemi idrico e fognario.
La qualità dell’acqua
Lo stesso studio ha dimostrato anche che la qualità dell’acqua di Gaza non rientra negli standard internazionali. Ad esempio gran parte dell’acqua di Gaza contiene 300-600 milligrammi di cloro per litro, circa il doppio della quantità raccomandata dalla WHO.
La maggioranza dei pozzi contiene un alta percentuale di nitrato, in alcuni casi si riportano anche fino a 400 milligrammi per litro, mentre la WHO ne raccomanda 50 per litro.
Dopo aver analizzato 213 campioni di varie risorse idriche di Gaza, 144 (il 68%) è risultato essere non destinabile al consumo umano. Nel 2007 test batteriologici di 2029 campioni hanno svelato che il 16,5% era stato inquinato.
Nella sua conclusione, lo studio ha dimostrato come il livello delle falde sia diminuito drasticamente e, di conseguenza sono salmastre con un metro cubico di acqua marina inquinata che contamina 70 metri cubici di falda.
(Traduzione di Elisa Gennaro)
http://www.infopal.it/leggi.php?id=9621

4. Sete di giustizia – Un rapporto della Banca Mondiale denuncia che Israele lascia ai palestinesi solo un quarto delle risorse idriche
Immaginate una torta, divisa in quattro fette. Alla festa ci sono due invitati: uno ne consuma tre fette, l’altro solo una. Una divisione iniqua. Questo è quello che accade in Israele e Palestina con le risorse idriche. Ai palestinesi tocca un quarto dell’acqua che tocca agli israeliani.
Censore insospettabile. A denunciarlo, questa volta, non è un’organizzazione non governativa o un’associazione di attivisti, ma la Banca Mondiale, in un rapporto diffuso ieri, dal titolo Assessment of Restrictions on Palestinian Water Sector Devolpment. Il primo documento sul tema delle risorse idriche in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza elaborato dall’organismo internazionale delle Nazioni Unite denuncia lo stato delle cose e la ricaduta che lo scarso accesso all’acqua ha sullo sviluppo della comunità palestinese. La Banca Mondiale denuncia come gli accordi di Oslo del 1995, ancora in vigore siano sistematicamente violati rispetto all’accesso alle risorse idriche che, in una situazione di occupazione come quella che i Territori palestinesi conoscono dal 1967, deve essere garantito da Israele. Tutti e tre i settori interessati dagli accordi, l’approvvigionamento, l’uso e il trattamento dell’acqua, sono in crisi per i palestinesi. ’’Dal 2000, le restrizioni al movimento e all’accesso dei palestinesi imposte da Israele, hanno reso impossibile l’accesso alle risorse idriche, lo sviluppo delle infrastrutture e le operazioni di manutenzione della rete idrica’’, recita il rapporto.
Spreco e ingiustizia. ’’Queste restrizioni rendono vani gli investimenti dell’Autorità palestinese e dei donatori internazionali – continua il rapporto – che hanno stanziato risorse per l’implementazione delle rete idrica e per l’ottimizzazione delle scarse risorse’’. La situazione finisce per avere gravi ricadute sulla qualità della vita, sullo sviluppo e sulle condizioni socio – sanitarie della popolazione palestinese.
La Banca Mondiale sottolinea come lo stato delle cose fissi il consumo pro capite di acqua degli israeliani in una quota quattro volte superiore a quella dei palestinesi. All’efficiente rete idrica israeliana, l’organismo internazionale paragona la pessima rete della Cisgiordania e l’inesistenste sistema di gestione della acque nella Striscia di Gaza, dove le conseguenze della situazione attuale sulla salute della popolazione civile sono drammatiche.
La Banca Mondiale chiude il suo report con la raccomandazione alla comunità internazionale di prodigarsi per un cambiamento della situazione che permetta di intervenire con rapidità per ottimizzare gli sprechi e per razionalizzare la divisione delle risorse idriche.
Cattiva gestione o furto? Il rapporto, come detto unico nel suo genere per la Banca Mondiale, si limita dunque a fotografare lo stato delle cose, senza appurarne fino in fondo le responsabilità Non cita, infatti, che non è solo la restrizione del movimento dei palestinesi a causare la iniqua distribuzione delle risorse idriche in Palestina, ma una costante ’appropriazione indebita’ da parte degli israeliani, in particolare per rifornire di acqua le colonie illegali in Cisgiordania. Per la Banca Mondiale le priorità sono tecniche: creare una gestione comune ’asimmetrica’ tra israeliani e palestinesi in base alle rispettive possibilità economiche, allentare le restrizioni al movimento almeno di coloro che sono coinvolti nella gestione dell’acqua, sviluppare infrastrutture che limitino gli sprechi, razionalizzino la distribuzione e favoriscano i controlli sanitari. In fondo basterebbe riconoscere ai palestinesi il diritto all’acqua, con la fine di un’occupazione che si trasforma in un furto di risorse.
Fonte: Peacereporter – http://www.acquabenecomune.org/spip.php?article5976

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Oggetto: Convegno “H2Obiettivo 2000” organizzato da Federutility.

Il convegno “H2Obiettivo 2000” organizzato da Federutility con la collaborazione dell´Acquedotto Pugliese SpA, in programma il 28 e 29 maggio prossimi presso Villa Romanazzi Carducci, promuove una logica di privatizzazione dei servizi pubblici e dell’acqua, il bene pubblico per eccellenza, in continuità con la politica che ha animato il Forum Mondiale sull´acqua di Istanbul, secondo il quale l’acqua deve essere considerata un bisogno – e, dunque, un bene economico commercializzabile da cui trarre profitto – e non un diritto umano inalienabile.
Il convegno riceve contributi, fra gli altri, dalla Veolia Eau, prima multinazionale del settore idrico a livello mondiale, in Italia dal 1884 e oggi presente attraverso diverse società su tutto il territorio nazionale fra cui Acqualatina S.p.A., che dall’inizio della sua attività ha aumentato le tariffe fino al 300% (non “giustificate” neanche da un miglioramento del servizio) interrompendo il servizio a coloro i quali non si potevano permettere di pagare. Del resto, Silvano Morandi, Amministratore Delegato di Acqualatina, in un’intervista rilasciata al TG3 lo scorso marzo, ha sostenuto “se il cittadino non vuole avere il servizio idrico da parte di Acqualatina non deve far altro che dare disdetta e approvvigionarsi in modo differente con un pozzo e con una fossa imhoff”. La Veolia, secondo Amnesty International, si è anche resa responsabile (quando ancora si “chiamava” Vivendi) di una serie di violazioni dei diritti umani in molti Paesi asiatici e sud americani.
Allo stesso Convegno prenderanno parte, inoltre, esponenti del Ministero degli Esteri Israeliano e dell´Autorità delle acque di Israele, cioè i rappresentanti di uno Stato che pratica l´occupazione militare, la segregazione e il massacro nei confronti del Popolo Palestinese, e che si appropria con la forza delle armi delle risorse idriche degli Stati confinanti, nonché di quelle della popolazione palestinese.
La Regione Puglia non può in alcuna maniera legittimare queste politiche.
Chiediamo, dunque, alla Giunta Regionale di ritirare il Patrocinio concesso a questa iniziativa, e al Presidente della Regione Nichi Vendola e all´Assessore alle Opere Pubbliche Onofrio Introna di non prendere parte all’iniziativa come previsto dal programma ufficiale del convegno (www.federutility.it).
Perché si scrive acqua ma si legge diritto alla vita e alla democrazia.

Primi firmatari:
COMITATO DI BARI CONTRATTO MONDIALE SULL’ACQUA, COMITATO DI SOLIDARIETA’ CON IL POPOLO PALESTINESE IN TERRA DI BARI, Daniela Dovolich, Francesco Altamura (Bari), Silvia Moresi, Alessandra Lorusso, Maria Russo, Silvia Dipinto, Oronzo Mario Schena (delegato RdB ufficio scolastico provinciale di
Brindisi), Paola Rotolo, FORUM ITALIANO DEI MOVIMENTI PER L’ACQUA, Rosario Attanasio, COMITATO SPONTANEO DI LOTTA CONTRO ACQUALATINA (FORMIA), Don Angelo Cassano, MEET UP 100 MASSERIE DI CRISPIANO, Avv. Stefano Palmisano (Presidente di “Salute Pubblica”), COMITATO “L’ACUA DI PREVALLE” DI PREVALLE (BS), ATTAC VERCELLI, Gianni De Giglio (Sinistra Critica Bari),Sergio Moccia e Catia Esposito (Mugnao di Napoli), Claudio Giambelli (Roma), Lidia Passante, Carlo Fino, COMMERCIO EQUO E SOLIDALE COOP. SOC. ONLUS LECCE, COMITATO UMBRO ACQUA PUBBLICA, Giuseppe Brescia (Bari), Matteo Pagliara (Portavoce Spazio Sociale Zei di Lecce), Giorgio Verardi (Lecce), Dr Paolo Ferrari (candidato Sinistra e Liberta´), Domy Sbiroli, Tarcisio Bonotto (Proutist Universal Verona),Prof Giulio Girardi (Roma), Prof Bruno A. Bellerate (Rocca di Papa, Rm), Antonio Pedone (Perugia), SALENTO NO WAR – COORDINAMENTO SALENTINO CONTRO LA GUERRA E CONTRO LE BASI MILITARI, COMITATO PER LA DIFESA DEI DIRITTI DEGLI IMMIGRATI (LECCE), Katia Baglivo, SLAI COBAS PER IL SINDACATO DI CLASSE (Taranto), Antonio Antonelli, SARO-WIWA – ASSOCIAZIONI MULTIETNICA DI INTERCULTURA E SERVIZI, SINISTRA CRITICA – BARI, Francesca Rubino (Fasano – Br), Leonardo Tamberi, METICCIA – ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCIALE,
Valentina Ceppaglia, AMICI DI BEPPE GRILLO -Taranto, COORDINAMENTO PROVINCIALE P.R.C. Bari, Antonella Alicervi (Firenze), Maria Gabriella Lerario, Roberto Budini Gattai (Universita´ di Firenze), Isabella Molina, Beatrice Romano (Firenze), Giacomo Muscatella, Sandra Cangemi, giornalista (Milano), Ing. Giovanni Zaffarana, Marilisa Picca (Mola di Bari), ASSOCIAZIONE A.S.C. EUROPA, Mirko Sgaramella (Bari), MOVIMENTO PER I DIRITTI DI CAPITANATA DI TORREMAGGIORE, OSSERVATORIO SUD – BARI; INGEGNERIA SENZA FRONTIERE – BARI; CIRCOLO DI MOLFETTA DI LEGAMBIENTE; ASSOCIAZIONE CITTADINI E TERRITORIO – BARI; COMITATO CITTADINO ACQUA PUBBLICA APRILIA; Eugenio Scardaccione, dirigente scolastico – Bari;
Giovanni Cataldo, impegnato nel volontariato cattolico, Terlizzi.